SULLA DIABOLICITA' FEMMINILE

SULLA DIABOLICITÀ AL FEMMINILE
L’invidia, che il mondo no abbandona
E fura la virtù dell’intelletto
Ed arde ciecamente la persona,
Manduca l’alma distruggendo il core.
Cecco d’Ascoli
Anche questa notazione ci vien sollecitata dal lettore amico che ci indusse in tentazione e così con troppa arditanza scrivemmo alcunché di provocatorio, se non addirittura offensivo, sul maligno, il famigerato Belzebù. Osammo un accostamento totalmente diabolico: diavolo = uomo; ecce diabolus = ecce homo, ecce homo = ecce diabolus, ovvero l’homo diabolicus! In vero abbiam commesso un’impertinenza, siamo stati dei veri impronti e chiediamo venia al genio custode del mito e della leggenda; infatti, una volta riconosciuta al diavolo una consistenza soltanto immaginaria, trattandosi d’una celebrità leggendaria, qual danno avrà mai arrecato la sua figura fantastica, e concedendo pure all’isteria e ai mitomani qualche sua spettrale apparizione, qual torto all’umana genia? Ci vien da rispondere, Signori egregi, non avete nulla da lamentare! Il “leggendario” non nuoce, tranne se non lo si immette di (malo o buon) proposito nella realtà, attuandolo così nelle vicende umane o dandogli addirittura il possesso del mondo. Per quanto riguarda, invece, il secondo termine della comparazione, le cose non stanno proprio in tal modo; a iniziare dalla chericheria inventrice della leggenda, l’homo diabolicus ha causato guai e commesso misfatti in tutti gli angoli del pianeta e continua imperterrito; in modo appropriato possiamo dire che, diabolicamente operando, ha fatto della terra un inferno! Guerre che han causato decine e decine di milioni di vittime, genocidi, sopraffazioni inaudite, misfatti atroci, gli spietati crimini atomici, le interminabili guerre d’espansionismo economico contrabbandate per esportazione delle libertà e di benessere; l’arrovesciarsi, il crollo dell’umane costumanze, delle tradizioni, delle leggi, dell’ordine civile. Il deturpamento, la spoliazione della natura!
E allora? C’è gente ancor desta, cosciente, responsabile? Si faccia avanti, pronunci parole inequivocabili, sorga in piedi, combatta! Macché! lasciamo andare! altrimenti rischiamo di metter su un poemetto burlesco e per giunta in parlata macaronica scritta e sgraffiata dall’ugna del diavolo. Eh, sì! ci troveremmo di fronte a un turbinio di scusanti, giustificazioni, ragioni, motivi e spiegazioni d’ogni genere! Una vera e propria messinscena diabolica con devianti manfrine e marchiane spudoratezze. Una fintaggine! Il diavolo, infatti, è finto e anche bugiardo, mai schietto e sincero; in questo è davvero katholikòs, “universale”, nel senso che lo ritrovi dappertutto. Il diavolo è spesso un perbenista benestante, un alto borghese, un accademico, un intellettuale à la page, un giornalista, un burocrate, un affarista e tante altre cose, anche un parvenu o un pavido arrampicatore sociale, un parlamentare, un ministro e, ancora, una sfilza tale che l’enumerazione non avrebbe fine; un amico mai comunque, sempre però un conformista, un parruccone, un gesuita in tutta l’estensione vocabolariesca del termine. Ma de hoc satis, fermiamoci qui!
A questo punto, però, non possiamo trascurare l’argomento cui s’accenna nel titolo e di rispondere alla domanda del nostro lettore: se in atto, ossia nella realtà, sussista una diabolicità al femminile. Eccome, diavolo! La famiglia umana ormai ne è circondata! Tale diabolicità ha da tempo stretto d’assedio la maschiezza, e di questa s’apparenta particolarmente al carattere oggidì preminente, cioè alla languida ambiguità propria dei confessionalismi; profittando, poi, della progressiva consunzione maschista, tenta di pareggiarne definitivamente l’antica naturale consistenza, la eletta dotazione di virili virtù, trascinandosela dalla vischiosità delle santocchierie alle mollizie dell’effeminatezza. Questo femmineo arido, riarso, commisto, e a un tempo la eccessiva umidificazione, l’abbietto infrollimento del mascolino – un tanto mascolinizzarsi e un tanto effeminarsi – causano il continuo propagarsi d’una femminilità impura! Tal è l’aspetto inquietante della diabolicità al femminile e il suo sconvolgente condursi. D’onde ha origine?
Nella lingua ebraica il nemico di dio (in un tempo trascorso ne era stato il consigliere!) viene indicato con una parola, ‘satàn’, che in italiano suona satana e non ha un equivalente femminile; d’altronde nemmeno il dio ebraico ha una paredra, è dio unico. Così è anche per il dio catto-giudaico e il suo avversario, satana, chiamato dai cristiani alla greca il diavolo; né la teologia cristiana ha mai previsto una diavola; il diavolo, infatti, si presume scapolo, è esclusivamente seduttore di anime umane e gli è indifferente se son anime di maschi o anime di femmine; il diavolo teologico è asessuato. Ma il linguaggio popolare, cristiano e non, ha dato esistenza anche alla ‘diavola’, che nella comune credulità, umile ma moralista più del teologo, sarebbe appunto la fedele moglie del diavolo. Nella lingua italiana il sostantivo femminile, diavola, viene generalmente usato in senso figurato per indicare una femmina sgradevole, maligna o peggio; e, con uso antifrastico, per indicare una donna semplice, infelice, sfortunata o anche, prevalendo il senso ammirativo, una donna energica, dinamica, vivace. Esiste poi una forma di femminile molto rara di diavolo che indica, anche se genericamente, un essere diabolico femminile; infatti, a volte si è udito vociferare di congreghe di diavoli e ‘diavolesse’ con riferimento a presunte sette spiritiche o sataniche, e ciò sempre al di fuori della teologia di tradizione religiosa cristiana. Il sostantivo, di raro uso, è diavolessa, ma è sul plurale, ‘diavolesse’, che deve convergere la nostra attenzione. Si vuole, infatti, indicare con il nome ‘diavolesse’ una indistinta pluralità, luogo privo d’identità, rientrante nella categoria dell’animico collettivo, che, agglomerandosi, a stretto contatto con vaste fasce indifferenziate di ‘umani insiemi’, va ‘automaticamente’ ad accrescersi e potenziarsi in una influenza, determinante un accozzo informe di suggestioni primitive, che producono stati d’invasamento mentale tra più gruppi o intere comunità. Suggestionarsi è subire in modo inconsiderato o inconsapevole ogni sorta di suggerimenti malefici. Le odierne società, o pseudo-tali, in cui il campo della coscienza, sia degli individui sia della comunità, è ristretto nel monoideismo dell’ideologia democratica, cioè di un’idea che si impone sulle altre con l’ugualitarismo del pensiero unico, e volendo pur trascurare l’assillo atomico rafforzato con le diffusioni ‘epidemiche’, sono esposte alla depressione che le prostra e le avvilisce. Prede inermi dell’instabilità e dell’isteria, si spenge in esse il ricordo – traditio – e con esso la dote patria, le qualità, le virtù avite; in uno e d’un colpo vien meno il patrio sostegno, tutto ciò che regge e trattiene (lat. sustinēre, reggere, trattenere), e quindi fa fronte ad ogni evenienza e avversità; allora le società, in tal stato di crepuscolare coscienza, invece di respingerle, accolgono come realtà le più barbare mitomanie propalate da quella nefasta patologia che è il pensiero progressista esaltato dalla attuale biotecnologia. Si propagano così abnormi suggestioni e persuasioni ossessive che, fondendosi in un perverso animismo, danno potere ai pensieri più corrosivi e avvilenti l’umana natura, sempre più sviata dalla virtù e dalla conoscenza vera. Questi invasamenti, turbando e devastando le menti e gli animi, causano e sempre più causeranno un abbrutimento collettivo e dei singoli, impedendo il risorgere (re-surgere) di autentiche società umane e la rinascita delle loro civiltà e culture, che non potranno più levarsi nel dominio di sé, nell’imperio della ingenita coscienza, e realizzare il proprio risorgimento.
Opportuno è ribadire che il termine diavolo da noi viene usato nella sua significazione originaria greca del ‘trasportare’ e soprattutto metaforica di ‘mettersi di traverso’ – διαβάλλω – quindi ‘mettere inimicizia, disunire, ingannare’ e cose del genere, senza alcuna implicazione sovrannaturale o rimando teologico. Tutto si svolge in scenari prettamente mondani, secolari, terreni, con esclusivo protagonista l’uomo e la sua condotta nella vita e nell’operare storico; gli accadimenti diabolici, quindi, come conseguenza, finale risultato della scelleraggine, del male operare dell’uomo, del suo disumanare, del suo diventar bruto. La diabolicità non è altro che il carattere maligno, bestiale, brutale, incivile, barbaro, perfido, cioè disleale, infido e perciò irragionevole del malfare umano. In tal senso occorre intendere quanto su esposto e la fenomenologia che abbiamo definita ‘invasamenti’; tal fenomeno si mostra come un accadimento automatico privo, o di scarsa, volontà e coscienza, al pari d’una infatuazione macchinale, istintiva. L’osservazione attenta ci porta a considerare con quanta ostinazione spesso si insiste, e fuor d’ogni ragionevolezza, ad abolire istituzioni millenarie e connaturate alla più intima natura sociale e religiosa dell’uomo; un esempio fra tanti l’abolizione della patria potestà, con la conseguente disgregazione della famiglia; si osa criminosamente alterare sistemi educativi verificati negli anni, poi snaturare, traviare, corrompere, legittimare e istituzionalizzare i comportamenti contro natura. Si appalesano gruppi sempre più numerosi che formano entità caricate di fanatici convincimenti e credi che finiscono con il rapprendersi appunto nel potere di un animismo infero provocante l’invasamento di tante menti, che una volta possedute, vengono indirizzate da chi vuole e controlla le fenomenologie sovvertitrici dell’ordine cosmico; ordine nel quale trova il suo posto ogni società umana rispettosa della natura e riguardosa della verecondia e dell’umana giustizia coadiutrice delle leggi divine. Le leggi reggitrici delle società umane e quindi regolatrici, unitamente alle leggi di natura, dell’ordine vitale sul pianeta Terra debbono, e non potrebbe essere altrimenti, infallantemente ridire, nell’umana lingua, le leggi divine che reggono l’ordine cosmico. Alterare tale norma, Universi regula, significa procedere fuor dalle norme della ragione e a dir di Cicerone omnem humanitatem exuere, perdere del tutto l’umano stato, per aver colpevolmente rifiutato di seguir virtute e canoscenza. Ma l’invito di Dante era a tenere in considerazione e rispettare la propria origine, a pregiare la propria semenza, l’indole latente, che non è natura di bruti; visione, quindi, che non nasceva nell’ambito evoluzionista della moderna genetica neodarwinista, basata sulla convinzione del ‘primate scimmiesco’, ormai invalsa nella nostra cultura e diffusa nelle scuole.
In tanta sconvolgente temperie si riversa l’asfissiante, fastidiosa diabolicità femminesca: interpretano il loro ‘demoniaco’ ruolo le diavolesse! Cosmopolite, erratiche, immigrazioniste fanatiche! A parte il movimento femminista sorto nell’Ottocento per la conquista dell’emancipazione della donna, d’ispirazione massonica e gesuitica, che andava a contrastare il decadente machismo ostentante una pretensiosa fallocrazia, anche questa peraltro un residuato del costume clerico-massonico, è negli anni seguenti la fine del primo dopoguerra che compare un tipo ribelle, indipendente e spregiudicato di ragazze, le maschiette, che assumono atteggiamenti e abbigliamento maschile e ostentano un taglio di capelli corti, à la garçonne. Già nel primo decennio s’era insediato nel secolo il futurismo e iniziava l’epoca del volo, dell’aeroplano, e anche della velocità, con l’incremento delle reti ferroviarie a trazione elettrica e poi con l’automobile a benzina; sopraggiungevano anche nuovi esempi di vita, suggestioni d’oltreatlantico, nordamericane, derivate da uno stile di vita e da un pensiero rigorista quacchero-puritano caratterizzato da una elementarità conformista, carente d’ogni idealità innovatrice, anzi d’una ovvietà aggressiva, ipocrita e triviale; tra tanta inconsistenza spiccava un modello di donna, trasposizione del femminismo delle suffragette yankee, che giunse ad influenzare le ragazze europee: la donna prepotente, capace di crearsi da sola e dal nulla una posizione economica e sociale, una donna che si assimila al mascolino, e dalla grinta del self-made man. La figlia che s’uguaglia al padre, tentando di rendersi a lui pariforme, mentre ripudia la madre, intendendo distinguersene.
Poi sopraggiunse il Sessantotto, invero non tanto inaspettato, infatti provenendo dagli USA invase tutta l’Europa occidentale che circa un quarto di secolo prima aveva visto l’invasione degli yankee in armi, armi che avrebbero modificato le abitudini, il modo di pensare e i vincoli culturali delle giovani generazioni europee. A quella che fu una virulenta contaminazione il ’68 giunse di rincalzo per spezzare alle radici quei vincoli e doveri aviti e di quelle generazioni modificare totalmente la mentalità; il movimento investì tutta la gioventù, borghese e proletaria, studentesca e operaia. Tutto questo moto ribelle, trasmodante ogni civile costumanza, stile ed etica consolidata era attraversato da una convulsa esaltazione cerebrale di libertinaggi immani traboccanti dal vaso casto della perfect Democracy Puritan made in the USA, dal qual vaso emergeva pure il volto del modello di donna nordamericana sterile, asettico, rigidamente, intransigentemente puritan. Ed il rigore puritano, si sa, finisce con il lascivire in una sessualità sforzata, affettata, anomala, ibrida, ossia in una sessualità, artificiata, innaturale, anormale; in sintesi, una sessualità vagabonda, trasferitasi nelle latebre del cervello. Propagazione quindi del pansessualismo e avviamento al transessualismo condivisibile come libera scelta di vita, ossia il sesso costruito ad libitum in sala operatoria. A piacimento, l’acme della demo-libertà! Che goduria! E poi, la tecno-chirurgia sessuologica ne esce pienamente vincente; vien superata la superstizione dell’afflato unificante le anime nell’amoroso amplesso procreatore; una volta per tutte, superata l’odiosa e irriducibile dicotomia maschio femmina. Il mercantile successo, in sostanza, del puritan nordamericano, asettico, tecnologico, e anche della sua isterica demonomania femminesca, che puntualmente si è riversata sull’Europa deprivata di virile virtù. Un machismo sfatto ha ceduto all’aggressività femminista avvantaggiata dal nullismo democratico ed è dilagata la fazione delle invasate tribadi. Da fazione a moltitudine, le tribadi oggi le ritrovi dappertutto in quest’Europa americaneggiante. Nei parlamenti, nei ministeri, a capo dei governi, come mogli dei capi di stato, compagne dei capiparte, spesso attente promotrici dell’omosessualità, delle famiglie omosex, e per tal scopo non indugiano a porre il loro utero in affitto; quando son disposte a figliare, lo fanno oltre i quarant’anni con i propri compagni defilati nella loro ombra omo, l’ombra incalzante del tribadismo sopraffattorio.
Dal verbo greco τρίβω, in italiano = sfregare, stropicciare, viene il sostantivo femminile tribade, indicante la femmina omofila, che manifesta attrazione passionale verso altre donne. La equivoca pratica omosex si risolve, e lo indica lo stesso vocabolo, in soffregamenti, strofinii, ma non può trovare sfogo carnale, pur se contro natura, come nell’omosessualità maschile. E qui, alla frustrazione, tenta di supplire la mente sviata; sono ora le facoltà mentali a rincorrere pravamente quella passionalità insoddisfatta, il cervello si satura di malsano erotismo, se ne impregna l’intero sistema nervoso, si enuclea un quid di automatico, di meccanico – la diabolicità – che prende padronanza dell’individuo, ormai posseduto da una forza cieca, ostinata, incontrollabile dalla ragione: l’INVASATO. Tale la tribade, e tale il tribadismo, inclinazione che s’è radicata e diffusa e vuol prevalere con la téknē (sterilità, non fecondo amore); persino, quindi, con il radicale scombussolio dei caratteri anatomici, fisiologici e morfologici, che distinguono il maschio dalla femmina, avendo con sfrontatezza programmato che una società paritaria può realizzarsi solo con la ugualità sessuale, cioè con la svirilizzazione totale della società umana. Annichilimento, follia! Trattasi d’una via errata, oscura, perversa; non certo la via per ricercare e ricreare l’originaria unità perduta.
Vorrà il nostro lettore spiegare il tutto con la teoria freudiana del ‘penisneid’ ? Ah! “L’invidia, che il mondo no abbandona”. Se no, potrà seriamente riflettere su questo nostro scritto che tratta della ‘diabolicità al femminile’, oppure riunire le due cose.
Ah ah! Le diavolesse! Le diavolesse! Sono in troppe, di troppo e dappertutto! E hanno raggiunto a quanto pare, castrato il buon diavolaccio, il potere della s...fregatura!
Mah! . . .
Le Amazzoni furono sconfitte da Ercole, che ne uccise la regina Ippolita e le strappò la cintura, dono di Ares. L’eroe greco Bellerofonte, figlio di Glauco, le distrusse in un sol combattimento.
Le Tribadi saranno abbattute dalla loro fosca e losca disperazione.
Immortale è Eros, il daímōn che giunge l’umano al divino; tornerà con ali virginali ad annunciare l’Eroe.
* * *
Nelle nostre CRONACHE DAL VILLAGGIO GLOBALE rivolgemmo, sul SITO or son sei anni, il seguente monito:
Donne, vi stanno fregando in pieno!
Il giorno in cui sarete prive della femminilità, in cui saranno scomparsi maschi e uomini, diverrete lo spasso degli arrovesciati, che si preparano a dominare il mondo.
Il sesso non esiste senza amore.
E l’amore non esiste senza guerra.
E per fare l’amore e la guerra bisogna essere in due.
Se gli arrovesciati riescono a vincere faranno i figli in provetta; e Eva, il serpente e la mela dovranno iscriversi alle liste di disoccupazione.
venerdì, XIII di novembre dell'anno duro
