

LA LEGGENDA DI ITALO
A Cadibona un fato
l’Appennino congiunge e l’Alpe,
tutta l’alpestre cinta
è sede di Giove Pennino;
dedicata dai padri
parimenti al dio delle vette
la propaggin selvaggia
dall’epico mare contesa.
È quest’unico altare
dell’aquila somma dimora
e da quest’ara il nume
in un tratto sfolgora e tuona.
Racconta una leggenda
ripetuta da vetta a vetta
che, esul dal Palatino
e sceso, Italo, in Aspromonte,
scorge l’ausonie cime
di rupestri geli turrite:
- Dirupano rapidi fiumi
giù dall'arduo niveo rigore.
Ai fiumi e alle sorgive
il solco e la gleba disseti,
o pia Terra, i campi ravvivi
e nutri prolifici armenti.
Colta d’erba e d’arbusti,
tu virente, transita l'anno.
Il tralcio e l’aurea messe
leghi ai culti delle tue genti,
ché solare alma le fonda
e siedan concordi alle mense
liete nel Sol che infiamma
l’antico pallor delle nevi.-
Scorre i tempi il veggente,
in auge il cuor compie l’impresa,
ed or gli cinge il crine
regale la ferrea corona;
dall’Alpe ad Aspromonte
d’oro giunge un nodo le cime:
- Intatto quest’altare
custodisci, o divo Appennino,
atterra tu con la folgore
chi d’infranger osi quest’ara! -
Pubblicata sul bollettino L'ariete, nel Dicembre 1996
*
S T A G I O N I
Cessate le piogge,
da un’estrema schiarita
ci risorride aprile
nella fuggente sera!
Bianchissime, frettolose,
ma rade le nubi
nel libero cielo.
E voi, lassù, occhieggianti
ai bordi di quelle sparse vele,
le stelle voi siete
dell’ultima sera d’aprile,
le stelle or sarete di maggio.
Ti rallegri pensando:
eccolo, giunge a coprir di smeraldo
i sentieri della nuova stagione,
a spargere il brio tra i fiori…
O belle giornate di maggio!
Ma, come senti sulla pelle
il sole che scotta, è piena estate,
già il frutto matura!
Ed ora vai per i sentieri
sbarrati dalla nebbia
in cerca di legna per il focolare
inciampando nei sassi
rugiadosi dell’autunno,
mentre sopraggiunge il verno
e con il freddo la neve.
E poi, dal crudo verno al verno sole!

BUON DUEMILAVENTICINQUE
K · IAN · MMXXV
a R.AET.CAES.AUG.
AI GENTILI AMICI CHE CI SEGUONO
Un augurio asciutto, ma che non vogliamo sbrigativo. Sostiamo dunque per alcuni attimi sotto l’arco di Giano o, se volete, sotto l’arco del cielo, per buona sorte in queste notti stellato. Volti alla stella polare, agitiamo un campanellino d’argento, facciamo tinnire quel suono delicato e arioso. Sia d’augurio questa gradevole vibrazione al nostro buon talento per incamminarci lieti e decisi sulla diritta via.
E… IN BOCCA ALL’ATAVICA MADRE LUPA !

IL PORTINAIO
Tersa la notte,
vi brillò la luna!
Crudo è il giorno
e pur già scalda il sole!
La tramontana soffia
tra rami senza foglie,
scende algente la sera!
Il vecchio lentamente
schiude il portone antico,
scompare oltre la soglia.
Di neve, ancipit'erma,
si delinea l’impronta
canuta del portiere
nella strada che abbuia.
Ancora un po’ di giorni
e Gennaio se ne andrà;
ma nel giro dell’anno
col bianco bianco crine
dai monti giù alle valli
Gennaio ritornerà.
*
Uomo e donna, famiglia, tribù, stato.
Al di sopra la benedizione del cielo, intorno l'armonia della natura.
Questo è l'ordine.

F E B B R A I O
Nulla mai ho raccontato di febbraio
e delle sue giornate febbrili
scorse invano tra le gelide dita.
Ma sta mane, ché l’impostore
ha iniziato il suo corso
in una chiara mattina,
nel più sereno albore,
e poi che nel meriggio il sole
rallegra i tetti e le finestre,
vedendolo uscir dal suo speco,
avvolto in pelli caprine,
mi son dovuto ricredere
di tanta disaffezione
e mi sono chiesto: E’ venuto
a liberare l’inverno
dallo sterile rigore del gelo?
Presto le mandrie e le greggi
gioiranno dell’erba novella
sotto l’occhio attento e severo
di Februa la casta.
E a noi, arriderà la buona fortuna?
Perciò mi son oggi riconciliato
con il benevolo briccone.
*
Chi è quell’essere che porta la luce perenne nel cuore, il fuoco creatore nelle viscere e quale Re del suo mondo tutti gli esseri a lui guardano per riceverne calore, calma e sicurezza?
È l’ U o m o.

HAC STAT

PRIME MATTINATE DI MARZO
Il vento arringa dai tetti,
sforza usci e finestre,
spadroneggia ne le strade…
E tuttavia, sfolgora
in pieno sole marzo!
Transito di bigie nuvole…
A tratti un’algida luce,
e si sfogliano le tinte
al soffio dei Balcani!
Chiaroscuri, brividi d’inverno…
Poi vibra ancora un raggio,
in tenue luce declina
e lo squarcio di blu
ne l’azzurro sfuma.
La mia canuta convalescenza
si ritrae da questo
fascinoso contrasto;
o dolente conflitto?
Oh sempre inquiete
queste prime mattinate di marzo,
ricordano le adolescenze!
Nel calendario,
antropomorfa singolare
figurazione! Unico mese
comparabile a l’uomo.
*
Mobile e vivace, dolce e capricciosa, creatrice e distruttrice; Regina dell’universo e signora delle creature, quando pura e trasparente, come acqua sorgiva, sparge i suoi doni, ovunque risuona una melodia felice!
Q u e s t a è l a D o n n a.

A P R I L E
Non c'è traccia d'Aprile
nei miei calendari.
Non già sui lunari
sospesi alla parete,
ma nell'almanacco,
dico, della memoria.
Ha le sue premure Aprile,
si sbriga in fretta e scorre...
Così, alla lesta, se ne va!
Un uscio che si schiude leggero
al soffio del ponentino
e sull'istante si richiude;
un riverbero che sfiora
appena appena la soglia!
Ma, appresso, ritroverai
il suo singolare suggello
sui broccati dell'estate,
sui poggi ancor fioriti in autunno;
sui pennoni dell'inverno
quando li colora la nostalgia
dei germogli novelli.
Aprile è in questi retaggi fioriti,
nell'estro che viene dal cuore!
Aprile! Tu lo cerchi invano
su i tappeti di muschio
nei meandri della memoria.
*
Uomo e Donna, le membra congiunte, il ricordo del nulla, poi un bimbo . . .
E con loro i vecchi, i figli che verranno, i morti che vivono nel ricordo,
gli avi remoti.
Q u e s t a è l a f a m i g l i a.

RESPIRO DI MAGGIO
Ben sai che saggio è il mese della rosa,
il maggio dell’alma dea spaziosa.
Deò! Deò! Con sì radioso suono
L’acclamaron gli araldi Elleni.
Tutta di gemme ornata
Portando i suoi smeraldi,
solca l’etere, rotea
in una con il Ciel, se n’innamora,
gli ampli seni cingendosi d’azzurro.
Son belle le giornate
promesse alla gioia degli uomini
dai casti amor divini.
Ben sai che saggio è il mese della rosa,
senti nei suoi profumi,
nel respiro di maggio,
l’atteso nuncio
dei doni di Tellure.
*
Due, cinque, dieci famiglie, legami di sangue, affinità, stesso dialetto, simiglianza nei volti, identità negli scopi, a capo il migliore fra tutti.
Ecco il clan, la tribù, la gente, il campo.
Un campo umano: niente mura o pareti di pietra, solo tende, frasche, tufo e, intorno, la natura.

GIUGNO
Di Giugno ascolto il palpito
del generoso seno,
tra le ospitali fronde
il tenero tripudio
dei suoi piumati nidi,
l’esultante stridio
della rondine in volo.
Sull’albero ricolmo
la ciriegia è rossigna,
nel verde il papavero rigurgita
sotto l’ardor del sole.
È il luogo sacro alla Dea dei cardini,
allor che la porta si schiude
sul lungo giorno
e si richiude sulla notte breve.
*
Villaggi in riva ai fiumi, tende sulle colline, cavalieri e mandrie di buoi; risuona il corno nella foresta, risa argentine di fanciulle che si bagnano nei laghetti; l'uomo è presente ovunque e i raggi del sole trionfante gli abbronzano le membra sane.
L'insieme di tutto questo si chiama stato.
L'unico reale stato dell'uomo felice.


SOLSTIZIO D’ESTATE
SULLE RIVE DEL SANGRO
Il tuono scuote le cime dei monti,
le alte fronde dei frassini e dei pioppi
tinniscono mosse dal vento;
poi, il superno tamburo
echeggia su tutta la valle!
Rallegra il desco un bicchiere
spumeggiante di ellenico,
vi si riflette il folgorante
dardo del sole
che d'improvviso fende le nuvole;
in boccio ci sorridono le rose!
Riecheggia gioviale il tamburo,
se ne rallegra la corrente del Sangro
e la vena dell’uomo.
Plaudono i pioppi lungo le rive,
arpeggiando nel vento le fronde.

NEI CAMPI DELL’ESTATE
luglio felix
Ancora ciondolano
i fiori del citiso,
eppure trascorsa è la sua stagione!
Da quei rami il fanello
ha smesso ad un tratto
di cantare a distesa.
La bianca ala d’ una farfalla
sorvola la cima del ciliegio
che ha già esaurito i suoi frutti,
si tuffa nell’azzurro intenso
che ne assorbe il volo.
Il frinire delle cicale
si propaga nel verde: nel fogliame
dei salici, dei faggi, dei ligustri,
dei frassini, dell’alberella; insiste
lungo i filari dei cipressi,
dei pini ed il suono stridulo
brucia, brucia nel sole!
Sotto una frascata, al riparo
dalla calura, ci raggiunge
l’odore forte del fieno mietuto;
nei pressi, il brillio dei racemi
già maturi dell’uva luglióla.

*
Il Dio, Religio, Rito: luce, luogo, radura.
La luce trafora gli alberi e illumina la terra: così, semplicemente,comunicavano con la divinità i nostri avi.
Ognuno di essi era ponte tra cielo e terra. Tornerà ogni cosa ad essere semplice e pura?

AUGE! AUGE, SALUS!
Dappertutto si espande
la gloria del Sole;
nell'ignipotente fucina
Vulcano il rutilante forgia
aureo cimiero ad Igea, già cinta
dell'ignifera fronda.
Nell'aurea pace, nel silenzio,
la Natura sta immota.
Dell'ascosa origine, emersa
satura d'ogni dovizia,
primeggia e tripudia.
Auge! Auge! Auge!
Annuisce il Dio dell'aurea sementa
d'Opi costellandone il grembo.
La spigosa Dea, la battitrice
da biade, Ceres Aloa
che arricchisce i granai, raccoglie e stipa.
Auge! Auge! Auge!
È il tempo del raccolto.
Mieti adesso, agricola, la spiga,
l'igneo seme raccogli!
È il tempo dell'ignispicio,
auge, auge, Virtus!
Dappertutto s' espande
la gloria del Sole,
auge, auge, Salus!
Il tempo è dell'Eroe vittorioso.
Augeto!
*
Quercie secolari segate, dighe che sbarrano le acque, ferite di cave nei monti, una corsa affannosa a distruggere; ma quando l'uomo porta la distruzione è segno che nel suo cuore c'è la morte, non la vita. Torniamo ad amare e la natura sarà ricca di doni.

I P A S T O R I
Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria,
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
Gabriele D'Annunzio
*
E solamente uno Stato tranquillo e pacifico e un popolo allegro e sereno avranno il re buono e giusto, proprio quel tipo di re di cui si parla nelle favole dei bambini.

AUTUNNO
Sentieri... stupendi sentieri
che corrono tra i campi mietuti!
Dura nell’aria l’odore
del fieno misto al profumo
di pioggia dell’autunno.
Vetusti sentieri
che scoprono prati ingialliti,
ove se scorgi i radi
e pur magici fiori,
volentieri lanci l’anima
nei limpidi azzurri
a celebrare la muta sfinge
trasmessa alle nuvole
dei miti cieli d’autunno.
Le piogge hanno tolto
il verde alle foglie,
una sinfonia d’oro
e di teneri cinabri
investe i campi e la selva.
E’ allegro il sole dell’autunno,
amabile il suo raggio.
Nella città, intristiscono i viali!
Fiacca i volti malinconia,
ne estenua il sorriso.
Ruzzolano sui grigi selciati
in preda ai venti
le foglie caduche…
Animo, via! Cogliete dall’albero,
che ancora è verde, la melagrana;
porgetemi il frutto dell’autunno!

O T T O B R E
SUI PRATI AUTUNNALI
Nuvolaglia, ma l’azzurro
si modella in larghe schiarite
per i sorrisi del cielo…
Mi chino sul sentiero;
diserto è l’andito del formicaio,
fermo l’andirivieni
del ceto operaio;
è il primo sciopero d’autunno?
Ma, laggiù in fondo, nel nido,
se ci si sofferma appena,
si può immaginare
o addirittura scorgere
l’instancabile
fermento delle mirmidoni.
Sui prati dell’autunno
il fiore della malva ci sorride;
qui, sin della cicoria selvatica
ottobre non disdegna la lievezza
d’una azzurrina fioritura!
*
Ragazzi che schiamazzano per strada, giovani che scappano ridendo a fare all'amore nei boschi, uomini che tornano dalla caccia, vecchi che borbottano sulle soglie di casa: è da questa semplicità che sono nate le più grandi creazioni dell'uomo. Perchè volere di più?

NOVEMBRE
Sorvolata la pianura,
frettolose puntano alle cime
dell’Appennino le nuvole.
Ancora sparse
nivee falde indugiano
in multiformi abbozzi
e in giochi d’equilibrio,
che diradando
svaniscono nell’azzurro.
Sui sentieri bruni,
tra campi spogli,
alberi radi
tendono il biondo fogliame.
Da cerule lontananze
c’invoglia l’autunno;
ma, con volo esitante,
la ghiandaia traversa
il torvo sentiero, poi
cogitabonda, come disillusa,
l’ala ripiega.
Quali sorprese ha in serbo novembre?
*
La morte segue la vita, è legge di natura, eppure gli alberi sono gli alberi di sempre e così l'uomo. La morte come gelo o come un trapasso verso mondi immaginari non ha senso, perchè non esiste la morte, ma solo la vita che si trasforma incessantemente.

PER IL MESE DECIMO
DEL LUNARIO ROMULEO
Strofa, ti chiamo a me!
Ardi, sterpo maligno,
muta in face, chiaror!
Lucina annunci il parto
ed Angerona imponga
nel solenne Silenzio
il suggello dei cieli!
Il tramonto fu brace
di porpora e cinabri,
di zaffiri e corallo
l’aurorale cintura!
Sulla possente quercia
e sul misero rovo
risplende nuovo il sole.
Se, robusta radice,
in te dura il ricordo,
nel nuovo Sol vedrai
risplendere il tuo sole.
Sempre, nel cuor non domo,
il patto si rinnova
col Reggitor Sovrano.
*
L'anno finisce, il giorno si fa breve, il mondo sembra oscuro.
C a p o v o l g i a m o i l t u t t o.
Un anno sta per cominciare, il giorno si allunga, torna la luce.
Il sole non muta mai, ritroviamolo nei nostri cuori.

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XXI ̴ XII ̴ MMDCCLXXVII - a. U. c -
SUB BRUMA

SOL REDIT NOVUS
LAETA AUGURAMUS
*
SOLSTIZIO D'INVERNO 21 ̴ 12 ̴ 2024
25 ̴ 12 ̴ 2024 NATALE DEL SOLE
