
Associazione di Cultura ed Ecologia HAC STAT
"Lealtà Dorica" - La voce amica
INDICE
L’ASTA ED IL CLIPEO – LEALTÀ DORICA – LA FIAMMA – SOPRAVVENTO DEL PROFITTO – AD APOLLO LICEO – EPIFANIA DI FEBO – OTTIMA È LA MISURA – IL VIBRANTE CONSIGLIO – UMANA VELLEITÀ E REALTÀ DIVINA – LA ROSA DELLE ALPI – LA VOCE AMICA – LA SCELTA DELL’AMICO – FORTEZZA DORICA

L’ASTA ED IL CLIPEO
Sui prati divinamente fioriti
dei colori e dei profumi dell’Elisio,
Laran addestrava il suo braccio
nell’arte austera della guerra.
Il rosso del sangue si mischiava
alle tinte violente dei fiori
e i fuggenti spiri rapiva il vento…
Sempre cruenta è la mischia
quando Laran, il dio dei valorosi
e dei forti, si lancia nel grembo
materno della Morte e scagliando
l’inesorabile lancia, pervaso
di pallore, toglie ai corpi l’oscura
e ignobile vita. Si allietano
i prati, splendono di accese tinte,
il vento torce e dispiega i vessilli,
rifulgono i brandi nel sole.
Non un lamento sul campo si leva,
gli uomini, i vivi e i caduti, integri
ritornano a più eccelsa vita.
Laran solo serba nel volto
della Morte il duro pallore;
impassibile lo sguardo, severo,
impenetrabile, arcano il sorriso,
la luce della sua pupilla si fonde
con le ardenti pupille del prato,
con l’occhio incruento del cielo.
Tali quei tempi lontani,
quando Laran condivideva
la guerra degli uomini.
Con l’asta possente annientava
l’oscure potenze, nemiche
dei mortali e degli immortali,
proteggeva con il fulgente clipeo
le Genti, le loro gregge e i frumenti.

LEALTÀ DORICA
Se mente hai leale, e altresì l’intento,
a te che val rivolgermi parole
premurose, e ad ogni istante?
La mente pura e schietti pensieri,
siamo amici! Adunque rallegriamocene,
se no, muovi pur guerra.
Di fastidiosa compagnia
è chi finge lingua sincera
per coprire volgare doppiezza.
Chi ti sussurra parole suadenti
mentre cova il livore,
meglio, o Cirno, averlo per nemico.
Conta sempre la prova dei fatti;
senza il rischio, non s’accerta il valore.
E alla prova dei fatti s’afferma
l’amicizia, non a parole.
Sappi, in chi generoso si prodiga,
anche con i suoi beni
soccorrendo all’occorrenza
entro i limiti delle sue risorse,
riconosci l’amico vero
e non in chi venera il denaro
e con dire insinuante,
accanto allo spumeggiante cratere,
bugiardamente lusinga il tuo cuore.
D’amicizia il vincolo si rinsalda
sovente negli avversi eventi;
ma ancor nei banchetti palpita,
quando accordiamo al cuore
la gioia d’onesti piaceri,
e com’ali di pensiero un incanto
corale trascende lo stesso
splendor di giovinezza;
né l’uguaglia l’impeto
di veloci corsieri
che, ebbri di biade e di fragranza,
d’un balzo irrompono sui vasti campi!
Dalla dorica Megara l’esaltazione della pístis - lealtà - nell’elegia di Teognide. Il poeta tratteggia gli elementi che confermano il retto e sincero incontro tra uomini onesti e fidi e il giovamento che ne viene all’animo loro, sia nei giorni di sventura, che nelle ore gioiose. Quindi il poeta aristocratico celebra la vera amicizia quando è sostenuta e ricambiata con piena, incondizionata lealtà. Questa lealtà, pari alla romana fides, fu nelle città doriche generatrice di concordia. Con l’avvento delle democrazie e d’una società mercantile, tale virtù fu trascurata e si propagò la discordia e, inarrestabile, la corruzione. Questo avvenne anche a Megara, la patria di Teognide.
Auspichiamo per questo libero adattamento dei versi del megarese una benaccetta lettura.

LA FIAMMA
Cristalli di rocca in frantumi
le gioie godute,
disperse negli anni!
Allegrie!... Ohi, quanti banchetti,
quanta uva pigiata,
quanto vino versato!
E i canti dei vendemmiatori
chi li ricorda?
Fiori nei prati
voi, amori, svaniste;
così l'azzurro del giaggiolo!
Seminata farragine
e su cieca ardesia vergata
l'enfatica prosa,
spenta dalla furia
dei venti la face,
dove migrarono
pene ed affanni?
In una notte sola
delle cose dileguò la trama.
Ordito di sogni
affidati all'imperscrutabile,
il futuro!
A chi toccherà
riaccendere la face,
intrecciare
la scontata trama?
Mi accoglie il bagliore del lampo...
Qui ora il sole risplende!
Qui ora ardono le stelle!
Fiamma che urge,
inesausta sull'altare dei giorni,
il presente !

SOPRAVVENTO DEL PROFITTO
AGGRESSIONE E RAPINA
È cambiata questa città!
Ancor vi son cittadini avveduti,
arbitrio e violenza trovi nei capi.
I patrizi mai arrecaron danno,
scudo essi alla Città,
custodi delle buone leggi.
Questi che oggi spadroneggiano,
per avidità di potere
la ricchezza acquistano
corrompendo il popolo.
Ovunque abusi e costrizioni,
e l’insidia dei piani del crimine!
Il torto consegue giustizia
e l’onestà soccombe.
Apparente quiete… Mah!
Pace alla lunga non conoscerà
la città, or nelle mani dei vili
intenti a illeciti profitti.
E quel ch'è peggio, vedo uomini
già costumati e a dovere mischiarsi
per tornaconto a tal genia.
Perciò non ti stupire, o Cirno,
se s’accresce la confusione!
Saran discordie sanguinose
che sol la tirannide ammansirà,
prepotente e celata.
Chi tollera pavido ogni bassezza
s’avvia all’asservimento,
fabbrica le proprie catene.
IL CONSIGLIO E LA SFIDA
O figlio di Polipao,
non avvicinarti a costoro!
Se vuoi intraprendere grandi imprese
scegli quei pochi di cui puoi fidarti.
Nelle avversità pochi i compagni,
cuori arditi solidali tenaci.
Pur se faticoso, percorri
la lunga, non sicura strada,
ché davvero vale formare
una fida e nobile compagnia,
alla Città principio di salvezza.
da Teognide di Megara
Ancor Teognide ci soccorre. La sua Megara come la nostra Italia, come l'Europa d'oggi. Un amico della cui dura esperienza e del saggio consiglio ci avvaliamo.

*

(AD APOLLO LICEO)
A te di Latona, o corrusco,
e del possente Zeus figlio
mai sarò disattento;
al principio e alla fine
a te inneggerò,
per primo a te e per ultimo.
Or qui nel mezzo, al colmo,
nel cuore stesso del convito
io canto le tue lodi.
O Apollo sovrano, ascoltami,
il tuo favore concedici!
da Teognide di Megara

(EPIFANIA DI FEBO)
O sommo Febo, quando Leto
prediletta, le agili braccia
avvinte alla palma, generò te
suprema Armonia, la Dea,
sulle chiare rotonde rive
del lago, un’essenza divina
Delo tutta pervase,
immensa nel largo respiro,
e, prodigio, la terra sorrise!
Ancor dai tristi abissi
affiorò un fremer vivido
di salmastre spume,
un ondeggiar gioioso.
da Teognide di Megara


(OTTIMA E’ LA MISURA)
O cuore, chiedi troppo,
non è in nostro potere
ottenere ogni cosa.
Rinuncia, o cuore, alle dovizie, al fasto,
discreto e temperante,
accetta anche le privazioni.
Infin, le cose belle!
Non solo tu vi aneli.
da Teognide di Megara
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(IL VIBRANTE CONSIGLIO)

Cedendo all’imprudenza
probi uomini rovinarono;
per l’insana avarizia
un mondo andò in malora.
Sazietà impigrisce
e la molle opulenza
offusca la naturalezza.
Nella prosperità
difficile attenersi
alla giusta misura.
Medita tali cose,
fanne tesoro, amico!
Questo devi apprenderlo bene:
provvediti di ciò ch’è necessario
e a buon diritto spetta,
serba la rettitudine ch’aborre
il delitto! E i miei versi non scordare;
in essi, ne son certo, apprezzerai
il vibrante consiglio.
da Teognide di Megara

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(UMANA VELLEITA’ E REALTA’ DIVINA)
Gli uomini anelano a cose
che o non si compiono affatto
o restano incompiute.
Così l’uomo inganna il suo cuore,
e quindi resta confinato
nel tumulto del mondo.
Ma gl’immortali
nella sovrana olimpicità
sono oltre ogni umana stima potenti.
da Teognide di Megara

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LA ROSA DELLE ALPI
Un simbolo che unisce
Chi vuol raggiungere la conoscenza, non pago del mero apprendimento, oltre a conseguire dati, che vanno necessariamente rielaborati, deve nel suo slancio riaccostare una visione che per gradi, ma inesorabilmente lo avvii oltre le corte vedute moderne. Occorre che lavori di lena per riuscire a vincere la propria inerzia. Infatti l’organizzazione sociale contemporanea soffoca la mente dell’uomo con un martellamento che tende omologare tutti, quand’anche in suddivisioni ideologiche artatamente predisposte.
La eliminazione delle soprastrutture mentali, senza considerare altro, favorisce la realizzazione: maggiore lucidità psichica, padronanza di sé, un sentire libero, autentico, da nulla e da nessuno condizionato.
Il ripetitivo richiamo di suggestioni indotte al di sotto della soglia di coscienza, plasma i comportamenti delle masse, a vantaggio di “padroni” che consumano ricchezza a danno di tutti gli altri.
Questa ripulita ci riconcilia con le leggi di natura e ci riconduce a noi stessi: alla riscoperta della vera interiorità. La pianificazione degli stimoli non ci riguarda; essa è per una società di schiavi!
Così correggendoci, migliorando, scopriremo deformazioni di cui prima eravamo inconsapevoli; smettiamo di essere spettatori complici di farse grottesche quanto tragiche: fuori dalla massa allucinata! Tentiamo, oggi, di mettere in evidenza, per esempio, il travisamento operato sulla scelta di un simbolo:l’antico simbolo del Sole delle Alpi o Rosa delle Alpi. Tale fascinoso simbolo è utilizzato attualmente da un movimento scissionistico.
Contro cosa protestano? Contro lo strapotere dei parassiti? Siamo d’accordo!
Inizialmente il loro movimento, tramite esponenti poi allontanati, appariva collegato a filo doppio agli interessi della Curia. Ebbene, le suggestioni indotte costringono in orizzonti angusti: ecco la contrapposizione nord-sud vissuta come chiave di volta, quando la differenza invece è tra anima italica e non.
Il meridione d’Italia è stato politicamente condannato all’abbandono per colpire le popolazioni della penisola in cui forti ancora pulsavano le vibrazioni italiche, grazie all’antica civiltà pastorale e contadina, annientata in nome del totalitarismo industriale.
Infatti, il contatto con la terra e i suoi ritmi pone un limite alla massificazione della gente. Perciò la cosiddetta Comunità Economica paga per l’abbattimento del bestiame; chi non coltiva la terra è premiato e penalizza chi non lo fa. Ed ecco, da prima l’unità d’Italia vista in funzione di un potere estraneo ai suoi interessi (il futuro potere mondialista) e, poi, recentemente, come ostacolo a questo stesso potere. Niente per caso! L’Italia tutta è da tanto tempo vittima dei parassiti, poco conta che il veicolo ne siano stati i “patrioti” i patriottardi, gli spagnoli o gli angioini.
Volendo opporsi a tale stato di cose, che si fa? Qual politica si indica a coloro che sono stufi? Qual simbolo? Gli inizi del movimento scissionistico ci sono noti, né abbiamo dimenticato un progetto di “megaregioni”, una delle quali ricalcava precisamente i confini dell’ex Stato Pontificio. Vecchi appetiti … ma, da allora, acqua è passata, gente è stata defenestrata, le circostanze, i simboli sono cambiati … E ci si ritrova la Rosa (o Sole) delle Alpi.
Simbolo bellissimo e, fin dall’età antica, italico.
Lo troviamo dovunque nella Penisola, sulle vestigia protovillanoviane (meglio, dei Rasenna), villanoviane, etrusche, sannite, daune ed italiche in genere; quindi, non “padano”soltanto, ed assolutamente non italiota. Simbolo inaugurante il logos boreale, che si manifesta nell’ambito di una totale armonia (il cerchio); a significare il riordinamento solare dell’Italia Ausonica, che preparò la strada alla grande epopea di Roma.
Or dunque, per meglio identificare il movimento scissionistico i suoi esponenti hanno ritirato fuori il simbolo che unisce: infatti, sono i petali tutti che fanno la rosa; la rosa è i suoi petali, quando la rosa muore i suoi petali cadono. Un antico Sapiente dice: - Se comprenderai perché la rosa dispone in tal modo i suoi petali, avrai scoperto il mistero dell’universo -. Hanno ritirato fuori il simbolo di coloro che l’Italia la concepirono unita per la Gente Italica. E poiché i simboli non si portano impunemente, vedremo cosa accadrà …
Sapranno essi agganciarsi al sorriso del Genio Italico?
In tal caso vedremo sventolare il vessillo ausonico, fregiato di quella rosa, anche nei luoghi delle dittature ecclesiali, spagnolesche e angioine, oppure … comunque, vedremo se il fermento (non casuale) sarà supportato da cuori all’altezza.
Per quel che ci concerne, ben venga il movimento di liberazione italica!
Bollettino l’Ariete, maggio 1997

Si riproduce qui lo scritto comparso sul bollettino l’Ariete nella primavera di diciotto anni fa, notata l’auspicata resipiscenza recentemente manifestatasi nel movimento, già scissionistico, Lega Nord. Per adesso i suoi rappresentanti mostrano di aver preso un indirizzo “unitario” e par vogliano anche prendere a cuore tutta la penisola dalle Alpi al mar di Sicilia. Ben venga questa concordia. Scomparirebbe, finalmente, l’innaturale dissidio tra il Nord e il Sud.
E allora? Il simbolo che unisce, la Rosa delle Alpi, ha svolto il suo compito augurale? Fatto sta che tutto, poi, dipende dall’uomo e dal suo agire. Ed è accaduto che sabato 28 febbraio, a Roma, in Piazza del Popolo il leader del Movimento suddetto, durante il suo comizio, ha pronunciato la decisiva parola: Italia. Immediatamente, però, ha voluto puntualizzare: "anzi le Italie" ! Perché questo irriguardoso plurale?
Desta, in noi tutti, i sospetti a cui si accenna nelle su trascritte osservazioni. E denota inoltre un’ambiguità, che non promette bene. E’ legittimo considerare le locali particolarità: dialetti, costumi, usanze e culture regionali, che anzi vanno rivalutate e anche incoraggiate; ed, in tal caso, si dovrà correttamente parlare di provincie: provincie del Nord, del Sud d’Italia. Si, Italia! E’ così semplice! E trasfonde anche un franco, naturale patriottismo.

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LA VOCE AMICA
Χαíρων, εὖ τελέσειαϛ ὁδὸν μεγάλου διὰ πόντου,
καί σε Ποσειδάων χάρμα ϕίλοις ἀγάγοι.
Teognide

O prezioso cantore,
nei giorni di burrasca
più che fraterno amico!
Anch’io, Teognide,
ho avuto la mia Megara
ed è durata a lungo,
anzi, ancora perdura.
Sebbene mai le riterremo ingrate,
nell’intimo ne serbo le ferite,
fido custode delle mie sciagure,
precettrici severe.
Però, allor, tu tra gli amici
le gioie del simposio ti godevi
ed ancor ti confortavano i riti
d’una salda amistà;
l’auleta allietava il convito,
trasmutando le lacrime in sorrisi.
Oggi, soltanto un volgar folleggiare
pari al fragor d’un cupo baccanale
occupa il mondo;
assente l’amicizia,
cresce ambiguo il sospetto
con la bieca discordia.
Seppur lontana, ascolto
la voce amica:
Addio! - mi dici -
Per il vasto mare tu possa
condurre ed a buon fine il viaggio
e il dio dell’acque alla tua nave
tracci ponte sicuro.
E ciò gran gioia
nel cuore dei tuoi amati infonda.

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LA SCELTA DELL’ AMICO
e
CONDANNA DELLA CONTESA
Come un porto malsicuro
fuggi la gente infida
e non accompagnarti, o Cirno,
a uomo ignobile, mai!
È facile trovare
compagni per i bagordi,
ma non per onorata impresa.
Ben si camuffa il falso amico
per figurare affidabile.
Occhio! Sii sempre cauto,
difficile è smascherare
l’animo fraudolento
di chi cova l’inganno.
Perciò non fidarti delle apparenze,
occorre sempre, anche se penoso,
mettere il malfido alla prova.
L’amicizia dei vili a nulla giova;
nella sventura t’abbandonano,
la fortuna propizia
non vorranno spartire con te.
Generosità non sprecare
a vantaggio dei vili.
Getteresti nella schiumante
salsedine semi preziosi?
Non mieterai messe alcuna
seminando nel mare.
I vili non riconoscono
il cuore magnanimo,
essi hanno desideri insaziabili.
Al presentarsi della malasorte,
rompono all’istante i vincoli
amicali o d’affetto.
Solo il cuore nobile
s’appaga del bene che riceve
e ne serba memoria;
nessuno potrà mai fare
d’un vile un valente.
Inguaribile è la bassezza
del cuore umano se non riceve
dalle alture luce e intelligenza.
La menzogna può dar vantaggi,
ma il suo frutto alla fine
è un inconfessabile ricavo.
Sconosciuta la parsimonia,
smodate passioni! Oggi il sole
non contempla uomini giusti.
Solo chi è nobile ha misura,
perché onora gl’ immortali.
Sai bene, o Cirno,
che non bramo l’amara contesa
e desidero per la città
concordia e floridezza,
onde anch’io in garbata compagnia
possa gioir dei leali simposi.
Non mancando al mio fianco
un auleta di talento,
accanto a lui canterò.
Assiso alla sua destra
invocherò per noi gli dei.
da Teognide di Megara

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FORTEZZA DORICA
Bevi sobrio quando gli altri cioncano,
con l’allegria accresci l’allegria!
Vivifica il contesto la misura,
è ciò alta virtù, supremo dono.
Ma se sommerso dalla tristezza è il cuore,
fa che niuno scorga tale stato infelice
e il peggio cela allo sguardo indiscreto.
Esser fermi urge nell’avversa sorte,
o Cirno! Il destino ore t’offrì
felici e godimento.
Prima i beni, poi il male:
di sventura reggi al momento il peso,
non dartene pena! Trionfa,
avrai al fianco un dio!
Non offrirti allo scuriosir del volgo,
è un gran fallo mettersi in vista.
Dei nostri mali chi vuoi che si curi?
Sorvegliati per contro,
padroneggia il parlare!
Meglio il miele aver sulla lingua
che nel cuore l’ira.
da Teognide di Megara
