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A U T U N N O

il colchico autunnale fiorito nel nostro campicello
il colchico autunnale fiorito nel nostro campicello

                                                

 

 

A U T U N N O

 

 

Avean piegato un dì li aspri sermenti

a la copia de’ grappoli rubenti

che il padre Autunno infranse ne ’l bicchiere.

                                              D’Annunzio

 

  

   Il primo pomeriggio dell’ultimo giovedì di settembre. Autunno ormai, ma il dì ancor prossimo all’estate ancor godeva d’un caliente sole. In un cantuccio del campo già rifioriva il colchico autunnale, orma della trascorsa primavera, e la valle, ancor lussureggiante, stormiva di fronde, bruiva di ronzii.

 

    E . . . il tuono?  Quella romba proveniva dal nord-ovest; laggiù, sporgendo dai monti, una fitta e scura nuvolaglia di continuo lampava; ma da nord a nord-est e a sud e ad ovest un’unica azzurra purità splendeva in un con il sole sulla intera valle, mentre all’estremo nord- est spiccava il candor lieve d’una vasta nube. Nello squarcio azzurro, tra quella densa scurità lampante e quel leggero candore, altissima una poiana se ne stava immobile e silente, lungamente librata nell’aria; d’un tratto le sue ali presero a vibrare, pur restando là, fissa in quel punto del cielo. In quegli attimi s’udì un grido; ratta, provenendo dalle scure nubi, un’altra poiana si produsse in un ruotante, perfetto volo torno torno alla prima, che librata sulle ali aveva ripreso la dinnanzi immobilità, mentre quella rapidamente si dileguava. Passarono manciate di secondi, di nuovo il grido, e la visitatrice, riemergendo dal buio nell’azzurro, si diresse verso quel celicola, l’augello lassù sostante; dipoi, ancora una ruota e, in rapido volo, unite le poiane s’involarono verso nord, s’udì un ultimo grido, e disparvero nella purità del cielo.

 

   A ovest, quiete; il tuono taceva. Guardammo verso il sole, per un istante i suoi raggi ci parvero simiglianti ad ala di falco.

 

 

*

 

   Se consultate un vocabolario italiano troverete che l’autunno è la “stagione dell’anno tra l’estate e l’inverno e, in senso figurato, nella vita umana, il periodo della maturità che precede la vecchiaia. Sempre in senso figurato, quel periodo crepuscolare d’un’età storica che ne accompagna il declino e precede la fine”. Insomma, il troppo abusato vialone del tramonto! Ma noi non ci contentiamo, e troviamo che il sostantivo lat. m. auctus,us  corrisponde all’italiano accrescimento, sviluppo, e l’agg. auctus,a,um  all’it. accresciuto, grande ed ha anche il comp. auctior; apprendiamo, quindi, che tali voci sono il p.p. del verbo latino augēre, i cui corrispondenti italiani valgono: aumentare, ingrandire, arricchire, e la cui radice AU contiene il senso del saziare, soddisfare, nutrireAutumnus, da auctumnus, il nostro autunno è dunque ia stagione che accresce le nostre sostanze, il tempo in cui si raccolgono le messi ed i frutti. Il tempo delle dovizie che di nulla manca. La stagione che abbonda di tutto ciò che la grande matrice inesausta produce in concorso con l’opera e la fatica dell’uomo. L’uomo, il seminatore antico, che fu anche raccoglitore e cacciatore nei tempi in cui la terra fu costretta al riposo nei lunghissimi geli.

 

   L’autunno è anche una stagione enigmatica, nel senso che riesce arcana, ermetica, è una stagione critica, difficile. La primavera foglia e fiora, l’autunno sfiora e sfoglia i rami; la primavera si riempie di nidi e di tane feconde, l’autunno con i suoi venti distrugge sugli alberi i nidi, con le sue piogge rovina i covi, le tane. Ma nessuno può negare che sia la stagione dell’abbondanza, è scritto nel suo nome. La vendemmia, Liber pater; le bacchiature degli olivi, Minerva, e dei noci, la noce in latino iuglans, la Iovis glans, la ghianda di Giove. L’autunno è la stagione in cui gli dei dispiegano il loro potere. In buona sostanza, l’autunno è una stagione del cambiamento; i colori e i profumi della primavera, le forti tinte dell’estate si cangiano negli smalti, nelle brillantezze autunnali. Effimeri, transitori sfolgorii? E nel cambiamento – trasmutazioni? metamorfosi? –  si celano tanti misteri, tante cose restano segrete o inspiegabili. Inspiegabili? Davvero inspiegabili?

 

  E l’ottobre di questo anno, che inizia, un giovedì, e termina, un sabato, con il plenilunio, ed il novilunio che capita, regolarmente il giorno 16, di venerdì?  Quale consequenzialità, giovedì – venerdì – sabato . . . Stupiscono forse tutti questi giorni piovosi? Oh, la piova d’ottobre! Stabiliremo dunque che ottobre è un mese pluviale? Gli affibbieremo questo carattere?  E le famose, belle ottobrate, con le scampagnate festose? Verranno pure i bei giorni d’ottobre! Qui è meravigliosamente fiorito il colchico, nell’orto la zucca con i suoi bei fiori gialli, l’edule fiore della zucca.

 

   Piuttosto, quel che ci turba è la sensazione d’un freddo marcato, tipico dei frigidaire che s’accentua al tramonto e nei giorni molto nuvolosi e piovosi, in assenza del sole. Siamo in Bilancia, segno zodiacale ancor prossimo all’estate e il sole è ancor caldo, per cui alieno al pianeta è questo sospetto, improvviso freddarsi dell’atmosfera, che provoca un anomalo infrigidire. Vorremmo proprio sapere che combinano lassù! Troppo spesso abbiamo osservato nel cielo, contemporaneamente al volo di molti aerei, quelle lunghissime e dense scie di vapori gassosi che, residuando a lungo nell’aria, formano quei grossi reticoli, che imbrattano l’azzurro del cielo nelle belle giornate; le abbiam scorte dilatarsi, poi frammentarsi, ma non dissolversi; anzi quei brandelli congiungersi e formar più vaste, larghe scie, addirittura tappeti, a tratti anche scure nebulosità. Tutto ciò è sospettabile; vorremmo proprio sapere che combinano lassù! Ma questo riguarda il malfare degli uomini, il loro perverso scientismo e il loro indebito ingerirsi nel complesso dei fenomeni naturali. Niente a che vedere con l’autunno, con l’inizio del freddo e le piogge e il sole di questa stagione.

 

   L’autunno stagione delle trasmutazioni, stagione del cambiamento, stagione delle piogge? Stagione della bella e attesa giornata di sole? E sì, le piogge! Le benefiche piogge, l’autunno, l’abbondanza, più ricchezza! Le piogge, un tempo, venivano prima della sconosciuta finanza. Solo Saturno, il vecchio dio, doveva interessarsi e custodire l’erario; ed era giusto così, che fosse un vecchio a prendersi cura di quella roba, la saggezza è freno alla cupidigia. Raccontavano i contadini d’allora, che la luna regola le piogge, e che c’è uno stretto rapporto tra essa pluvia e i ritmi selenici; perciò i vecchi contadini prendevano confidenza, molta confidenza con essa, la luna.  Erano quelli anche i tempi della Patria potestas e tale istituto concedeva somma considerazione, massima premura verso la donna, essendo in essa la grande virtù della fertilità ed era una deità femminile Lucina a presiedere le nascite.

 

   Ottobre il mese che porta l’abbondanza. Ma certuni tentano malinconiche riflessioni . . . ‘Quei vialoni urbani, quei sentieri campestri, sui quali il vento sparpaglia le caduche foglie, secche accartocciate ingiallite! Tristezza delle siepi spoglie, dei giardini vuoti, da cui si leva lo spittinìo dolce e mesto del pettirosso!’ Ehi, mettete via queste consunte romanticherie! Ottobre è il mese della vendemmia, il mese del vino nuovo e tal medicamentoso licore non solo reca fisico sollievo, ma fortifica anche lo spirito, se degustato con moderanza; fate dunque un brindisi con il vino nuovo mesciuto al vecchio e libate al padre Libero che è il sole, l’astro che maturò l’uva succosa, suculenta vindemia, nel latino dire. Se così è, pure october suculentus est, vale a dire è pien di buono umore, e vigoroso mese.

 

    Voialtri democrash, indivisi nel vil machismo ormai allo stremo, accasciato dai colpi dell’aggressivo femminismo con interconnesso tribadismo paritario, vi siete scordati della Grande Dea. Considerata un tempo la leggendaria madre del tutto, provvedeva alle nascite e allo sviluppo di ogni organismo naturale, e tal cosa raggiungeva compimento e perfezione allor che reggeva il mondo la patria potestas. Il Cielo, Iupiter, era il padre degli uomini e degli dei, sottintendendosi anche donne e dee e quindi la stessa Grande Dea. Voi, creduloni spauriti, perseguitati dai morbi pandemici, oggi più d’ieri, con la compiacenza dei vostri covidioleschi governanti, vi rifuggiate nella cosiddetta “immunità di gregge”, che significa all’incirca sicurtà democratica e privilegi e impunità democratiche. Meglio la Grand-maman, dite voi, che una imprevista visita di Madame la faucheuse, la tremenda falciatrice! E sia, ma non dovete ignorare che tutte queste grands-merès e mamies e dames terribles, non sono altro che lei, la Grande Dea, solo che la mostrano appunto nell’aspetto terrifico, di sommovitrice e distruttrice, addirittura in disarmonia con il cielo. E questo riguarda il mondo qual viene rappresentato e appare alla vostra invilita immaginazione di uomini infiacchiti. Il desolato immaginario degli evirati. Un mondo appestato dalle ostinate ideologie dell’arrendevolezza, ammorbato da una precipitosa decadenza. L’uomo in declino non ha la mente capace di prevedere e quindi di provvedere. Ma chi è preparato e pronto al combattimento, da tanto rovinio non si lascia turbare e neanche infastidire, perché sa che innanzi tutto occorre disarmare il nemico, l’illusore, il menzognero; occorre, quindi, rimuovere in sé stessi ogni capriccio, contraddizione, ostinazione e incertezza; allora, con precisione si giungerà a conoscere la causa della conflittualità e si sarà in grado di eliminare il puntiglio che muove la contesa; venendo meno, con i dettami delle vane speranze, ogni falsa presa di posizione, si è fondatamente raggiunta la certezza, vale a dire realizzata la scelta giusta;  il nemico,  viceversa, essendo incappato nell’ostinato furore del voler vincere per forza, si dibatterà nel rabbioso disordine da lui provocato; è il momento decisivo per conseguire la vittoria. Rimosso ogni capriccio, farnetico o furore, nulla potrà più la bruta incoscienza. Nell’umano equilibrio, nella pace vittoriosa, tutto ritrova il suo assetto, si placa la natura sommovitrice, il sovvertitore si palesa in tutto il suo tetro, abietto squallore. Ritorna l’armonia con il cielo e si riacquista anche la provvida energia, equilibrio e benessere, apporto necessario in un accordo amicale uomo-natura; rinasce l’ordine e il mondo recupera il respiro solare. La magnificente Natura è nell’immutabilità delle sue leggi scritte nella materia, ma, altresì, la sua magnificenza si dispiega nella inesausta possibilità del continuo rinnovamento in un equilibrio che non può mutare. Il vecchissimo mondo deve pur rimanere perennemente giovane. I cosiddetti disastri naturali spesso sono dovuti alla insipienza e alla presunzione dell’uomo, spesso alla sua incapacità di prevedere, cioè alla sua imprudente ignoranza. Le vere grandi distruzioni, quelle che poi richiedono sovrumana fatica per esser rimediabili, sono cagionate a l’uomo dalla trascuranza di sé stesso e di tal tradimento il preponderante inimico, se pur barbaro, legittimamente profitta.

 

   Tali le riflessioni che ci ha suggerito quest’ottobre dell’anno duro, Aequato tum Libra die cum tempore noctis (Manilio), quando la Bilancia pareggia la luce del giorno al tempo della notte.

 

martedì, XX di ottobre dell'anno duro