L’ARCHETIPO

L’ARCHETIPO
l’immortale e il mortale
Vegliando sulle distese del tempo,
saghe e miti, smarriti dai mortali,
Intelligenze eteree integri
serbano dal vorticoso mutamento,
incredibili cicli annodando
con singolare orditura.
Non apprensione, ma disciplina severa.
Arte sobria. Non mostra, non vanto.
Disserreremo con la chiave d’oro
o con astuto grimaldello
il mirabile poema?
Solenne figurazione
di torri merlate! . . . Ori ed avori
riflessi in possenti colonne
sorreggenti – nella rovina
d’estremi tramonti – gli incunabuli,
e la culla e le fasce,
d’antica rifiorente Stirpe;
virtù riposta in così fitto
tenebrore, e al culmine
l’indice dell’entrante età,
la nuova, da sempre primeva aurora.
Vesperi e Lucifero
per la medesma stella.
L’alte torri munite,
custodite da Geni splendenti,
come già videro gli Avi!
Maestose torri segrete,
inaccessibili agl'indegni.
Decifreremo, salvandolo
dalle vampe occidue,
nell’antica cuna
il prezioso volume?
Ritroveremo il passo,
impareggiabile dalle folle,
il passo della saggezza?
Quali imago evocai
dalle tue azzurre profondità,
sono esse segrete per sempre,
o Psiche? Il candore
di qual piuma di cigno asperse
la dolce rugiada a lenimento?
E con qual certezza d’ala
irruppe la Musa?
Trionfando ricaccerà negli abissi
il tumulto dell’oscuro secolo.
Oh, degli inferni il carco greve!
Nel naufragio della modernità,
persosi l’uom nelle storiche fole,
solitario svincolato impavido,
calmo il passo, nell’alta luce
avanzerà l’Atleta antico.
