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L’ERA PAISÀ

                         

 

L’ E R A  P A I S À

 

 

non so cosa dire;

avvilisce molto però constatare

com'è degenerata da noi la politica in questi tempi. 

(Eupoli di Atene, 446- 411 a.e.v.)       

                                               

   Quelli che furono maggioranza oggi sono minoranza, il popolo ha tolto loro la fiducia e la minoranza di ieri ha ottenuto oggi l’investitura popolare ed è la nuova maggioranza. Codesta è l’epica democratica! Ieri eran trecento, erano alteri e forti e sedevano su trecento scranni; oggi sono solo in trenta e seggono in solitudine su trenta, esigui scranni. . . gli scranni degli sconfitti! Sono essi infatti la dannata minoranza.  L’epopea democratica pretende vincitori e vinti, vittorie e sconfitte; perduranze e alternanze, ma non nel senso d’una armonica rotazione, di completamento di cicli, ma di una banale seppur logorante instabilità. Incertezza, precarietà, investono le democrazie in tutti i campi, esse vennero fatte apposta per un mondo provvisorio, per accompagnare le folle nel loro dimesso quotidiano, per accontentarle al bisogno e per contenerle, inoffensive e incuranti, nella   loro chiusa domesticità. Vennero deliberatamente strutturate perché gli uomini ristagnassero nella   più infeconda pigrizia spirituale.

   Rispetto ai vasti orizzonti ch’erano stati propri delle aristocrazie sapienziali, esse nacquero limitate, cioè mercantili; spiritualmente neghittose, per supplire a latenti, potenziali spinte verso quell’ignoto intimo e riposto, andarono sviluppando senza sosta come sostitutivo l’attivismo dei faccendieri. I mercanti divennero i signori delle terre e dei mari. Tra i popoli assursero facoltose oligarchie, ormai esercitavano esse il potere effettivo; oggi han dato loro il nome improprio di “caste”.  Or dunque tutte le democrazie, ovvero i governi detti democratici, hanno al di sopra, a condizionarle, un superpotere palese o occulto che sia; questo vincolante strapotere ha assunto dimensioni mondialiste. È uno strapotere che tiene in piedi e manda avanti le democrazie, le foraggia come il pollicultore il suo pollaio. . . poi sul fornellone c’è pronta la pentola, lo spiedo e la padella.

   La supervalutata volontà popolare è quasi sempre un infingimento, una messinscena costruita per mezzo dell’uso scaltro e sottile di assillanti ma efficaci e persuasivi messaggi mass mediali e in più della suggestione subliminale; è l’uso appunto spregiudicato dei mass media da parte di abili manipolatori e persuasori occulti che artatamente seleziona e fa venire a galla, paese per paese, mini-oligarchie demagogiche, parlamentari e governative, in posizione obiettivamente subalterna perché in obbligo di gratitudine verso i loro selezionatori, i grandi Magnati della Finanza, il Superpotere nucleare e il suo modello ideocratico. Abbiam detto, usando l’eufemismo, “obbligo di gratitudine”, ma trattasi in realtà di perentoria e dogmatica sottomissione, senza escludere la cedevolezza e l’arrendevolezza distintive degli animi servili.

   Questo è il motivo per cui han cancellato dalla narrazione, anche e soprattutto popolare, la parola patria; da essi ritenuto vocabolo antiquato e liquidato come neofobico, amano riempirsi la bocca del progressista “paese”, verbo che può, a lor dire, pacificamente risuonare sotto tutte le latitudini. Compaesani, or superbite, e via col viso altero, siamo nell’era della globalizzazione! In Italia, sul nostro suolo, l’era Paisà ebbe inizio con l’infausto otto settembre millenovecento-quarantatré.

   Già, proprio così, dal tempo dei sciuscià! E davvero amara e misera è l’ERA PAISA’! Coloro che vi si trovano completamente a loro agio e vi fanno i loro loschi affaracci sono come le malmignatte che abbozzano occulte ragne e mordono a tradimento. I probi e leali devono fare attenzione a dove poggiare il piede.

   Ohi, terre ubertose un dì! Ohi, suolo d’una patria prolifica e generosa infestato dalla malerba e da veleniferi aracnidi, tu attendi il dissodamento, tu attendi il buon seminatore, tu attendi il vigoroso aratore!

  Quest’altra cosa, poi, diciamocela tra noi sottovoce, tra noi sette in tono sommesso, s’avvicina il tempo in cui diserbare il nostro bel giardino e diragnarne il fertile terreno; segata la malerba, le odiose malmignatte schiumanti rabbia e veleno andranno a nascondersi in antri umidi e bui; in quegl’inferi interrati soffocherà il loro odio disumano. E ciò detto a voce bassa, solo tra noi sette; indi, alto e sonante

 

Nostra fé è certa speme;

Sette spade e sette lance,

 Un sol cuor, sette bilance.

 

            *   *   *                

 

   Pare che il vento della storia, e di qual misera storia, non soffi più gagliardamente nelle vele dell’unipolarismo atlantista che all’insegna della sua arrogante ideocrazia mercantesca e con lo strapotere nucleare impone la globalizzazione alle genti dell’intero pianeta. Pare che questo torrido vento non voglia più soffiare sulle rotte oceaniche, ma voglia spaziare nelle vaste immensità continentali dell’Eurasia temperando qua e là il suo soffio o addirittura raggelando, nelle più estreme regioni; è il vento del cosiddetto “campo multipolare”, dei popoli d’Eurasia. Potrebbe questo vento spazzar via, lacerandolo come un mappamondo di cartapesta, il progetto del globalizzatore? Lasciamo questa domanda per ora in sospeso, poiché da sempre in bilico son le umane sorti; ed è inevitabile inoltre che popolazioni incerte ed ondivaghe, mal guidate da gruppi dirigenti inetti e insicuri nonché asserviti, si fermino inerti sulla sponda dell’irriducibile dubbio, cui tra l’altro s’apprende diffidenza e timore; mai certe e compiute son le sorti dei vili e delle pavide genti. E cosa ancora provocherà l’ondata di populismo in movimento nei paesi dell’Occidente? Favorirà un cambiamento in meglio per l’intera Europa? Anche questa domanda lasciamola per ora in sospeso; certo il movimento è meglio della stagnazione, e chi non auspica un felice cambiamento? E anche la fine del politicamente corretto, della opprimente “opinione corrente” e del conformismo linguistico, dell’ipocrisia e delle menzogne spacciate per storie autentiche o addirittura per verità religiose? Chi non brama una rifioritura culturale e il ritorno alla misura e alla bellezza classica, alla schiettezza e alla veridicità?

  Invero cotesto populismo e i demagoghi che ne sono l’espressione non pare si discostino dalla dominante ideologia, appartengono anch’essi a questo logoro mondo e ad esso son sottomessi,  arrendevoli a ogni piè sospinto, e finanche troppo, al dominio altrui; d’altronde lo stesso “campo multipolare”, verso il quale inclinano i populisti, anch’esso persevera nella stessa degradata,  marcida e cupa visione dell’uomo e del mondo che s’affermò al suono della sanguinaria fanfara. . . Aux armes, citoyens!/ Formez vos bataillons!/ Marchons! Marchons! . . .

  Marciamo! Sì, marciamo, o razzisti del sangue impuro, marchon!/ Qu’un sang impur/ Abreuve nos sillons! Il sangue dei fratelli d’Europa! . . . Austro-germanici, Boemi, Moravi, Galiziani, Ungari, Sloveni, Croati, Italici di Carnia, d’Istria, di Dalmazia. . .  E certo, anche il sangue impuro (o mano risanatrice di Charles-Henri!) dei Franchi, dei Vandeani e gli altri. . .  E scorrerà il sangue dei Russi, il sangue impuro dei Russi Bianchi, dei Cosacchi. . . Marciamo! Marciamo alla volta delle Grandi Guerre Mondiali, delle spaventose carneficine. . . Ih, il sangue impuro dei fratelli d’Europa! Ih, che schifo! E la sanguinaria fanfara accompagna la marcia funesta. . . Lugubre risuona l’eco sulle città distrutte, sulle macerie d’ Europa. . . Paisà, paisà. . .! Disperata invocazione “fraternizzante” tra le stragi e le macerie d’Europa. . . Nel lontano estremo levante, nel Giappone in lutto, piegato e piagato dalle atomiche, i Paisà marciano giubilosi ed ebbri reclamando come bottino le gentili geisha. . . In tal guisa i cosmopoliti della tinaia inaugurarono l’era Paisà, l’era delle invasioni!

   Il vento della storia aveva travolto l’eroismo dei giovani difensori dell’Europa e il Vento divino aveva soffiato invano nei cieli del Giappone!

   Il vento della storia! . . . Vento torrido, vento gelido? . . .  il vento  del Disgregatore!

    

*   *   *

 

   Tom diffida dei venti della storia, anzi diffida di tutti i venti; un dannato giorno una forte ventata gli portò via dalla finestra un francobollo tanto raro che non è riuscito a trovarne altro d’uguale stampo. Da quel giorno la perniciosa, maledettissima finestra è per sempre sbarrata anche ai venti più miti. Nondimeno un soffio del venterello populista è riuscito a infiltrarsi nello studiolo del nostro indefesso collettore. Un venterello che frizza carico di malizia. . .

  Stamane Tom ci è venuto incontro sfregandosi le mani; il sussulto popolare che ha mandato a casa quei DEM pallosi e stucchevoli, rigonfi d’ipocrita e immotivato antifascismo, tutto culo e camicia coi strozza-popoli, ha galvanizzato il nostro amico. “Via! Via quella cagnara idrofoba!”, urla da matto Tom. Gli consigliamo: “Non lasciarti sedurre da larghe aspettative; va bene questo sussulto popolare, è di buon auspicio; ma, e con piena considerazione per le loro pratiche devozionali più o meno abitudinarie, questi novelli legisti e ministri clericaleggiano troppo e persino nella gestualità, e tal cosa non ci torna di buon auspicio. . .”

   Tom concorda con noi e non dubita che cotestoro son sottomessi a quell’ambiguo tortuoso potere che da secoli ormai esercita tra le genti l’astuzia del divide et impera, un potere disgregante, il potere di coloro che Nietzsche addita come “cattivi nemici: la cui umiltà è fatta di rancura e odio. E facilmente s’insudicia chi li avvicina".

   Quando un buon auspicio, conveniamo insieme, si combina con altro fragile o addirittura vacillante non c’è da star sicuri e ogni giudizio è opportuno che resti in sospeso; per giunta anche il sospetto va comprensibilmente messo da parte. La diffidenza, però, è bene saperla misurare, e quindi non rimuoverla del tutto. Quest’ultima espressione caratterizza il pensare cauto, peculiare di Tom, d’un uomo dall’indole riservata e dal pacato contegno. D’altra parte, e a ragione, egli sostiene altresì: non appena si presenta un proposito di rinnovamento, è bene non trascurare l’occasione, anzi è giocoforza dare una spinta, ove possibile decisiva, per propiziare e incoraggiare lo sviluppo d’una cultura volta al potenziamento dell’auspicato spirito di rinascenza latino-italica occorrente per superare l’enorme confusione e il disorientamento che affanna e opprime l’intera Europa. Una sfida a cotanto penosa e afflittiva decadenza esige retto e disinteressato operare e un senso supremo di amor patrio. Nei fatti del presente politico, or dunque qual è il suo disappunto? Tom diffida soprattutto del semplicismo dei novelli comprimari e del disavveduto ambire, come pure paventa un improvviso inginocchiamento. . . Son quasi duemila anni di strapotere confessionale, in questo paese! . . . E, poi! . . . ancora l’era Paisà continua. . . Eh via, stai sereno, Tom! Continua? . . . ancora per poco, è l’augurio!

   Tom di colpo ci pianta in asso, s’è andato a rinchiudere nel suo studiolo per dedicarsi alla sua pregevole collezione; è un’estate fresca e molto ventilata e il nostro amico teme i raffreddori estivi; e per di più, in questa insolita estate, si è pure intrufolato il vento della storia! . . .

   Il vento della storia! Qui occorre prontamente intuire. Chi scatena questo vento? Se è il vento che suscita il Disgregatore, lo sciagurato, sappiate, scioglie l’otre per dar libero sfogo a istinti, appetiti e soprattutto accendere illusioni. Chi si lascia assalire e travolgere è perduto, perché non ha in sé coltivato la virtù ch’è propria dell’abile guerriero, il sapere, come avverte Sun Tzu, che occorre tenersi sempre attestati su posizioni di imbattibilità; cioè possedere la conoscenza di sé stessi e una conoscenza altrettanto indubbia del nemico, perché la vittoria deve essere assicurata prima di ogni combattimento sul campo. Occorre il senso concreto della realtà, occorre non illudersi. L’avversario va necessariamente debellato e perciò non va persa nessuna occasione, altrimenti si è fatalmente sottomessi e condannati alla servitù. In conclusione, c’è da far sul serio.  Sul serio di sicuro, non per finta!

   Andando via, Tom ci ha lasciato un foglio sul quale era stampato il sonetto che qui riportiamo; è del Giusti e satireggia un fatto frequente e proprio delle democrazie nel momento in cui la temerarietà di pochi sfrontati riesce a buttar giù una maggioranza illusa o sprovveduta che pure ha ottenuto il sostegno del popolo plaudente. Ricatti, intimidazioni? Giochetti democratici, giocherelli tra indiavolati e citrulli? Ci sarà ancor tanto da vedere; e a voi, appassionati del teleschermo, tanta buona visione!

   Agli amici e ai nostri leggitori piacevole estate e buona lettura!

   

 

      I PIÙ TIRANO I MENO! 

                                 Proverbio

                                                        

    Che i più tirano i meno è verità,

 Posto che sia nei più senno e virtù;

Ma i meno, caro mio, tirano i più,

Se i più trattiene inerzia o asinità.

Quando un intero popolo ti dà
Sostegno di parole e nulla più,
Non impedisce che ti butti giù
Di pochi impronti la temerità.

Fingi che quattro mi bastonin qui,
E lì ci sien dugento a dire: ohibò!
Senza scrollarsi o muoversi di lì;

E poi sappimi dir come starò
Con quattro indiavolati a far di sì,
Con dugento citrulli a dir di no.

 

 

   Occorre qui dire in aggiunta che il Giusti scriveva questi versi negli anni quaranta dell’ottocento, e che in questo scorcio del ventunesimo secolo i quattro indiavolati già pronti e addestrati “a far di sì” non sono soltanto quattro poveri diavoli con la bocca impastata di menzogna, ma sono i rappresentanti a pieno servizio delle grosse oligarchie mondialiste che posseggono le grandi leve della finanza e quelle massmediatiche, tutte ai loro comandi e di strettissima, puntuale osservanza.

   Sun Tzu avverte: “Se non si è accorti e riflessivi e si prende l’avversatore alla leggera, si finisce in sua balia.” E se disgraziatamente si è già in sua soggezione e non si riesce a sottrarsi a tanta fascinazione clericaleggiante, se ne rimarrà preda. Come si fa a riconoscere l’avversatore e a sconfiggerlo se tantissimo gli si assomiglia?

   Per tanto, reputiamo che per condurre e dar vigore alla rivoluzione della Gentilità Italica occorre lo spirito, la tempra e l’acume del RIBELLE, come colui che è sempre pronto a renovare la guerra (a rinnovarsi, verificarsi, conoscersi attraverso la guerra) e a insorgere (levarsi su, innalzarsi) contro l’avversatore, fino al suo annientamento, exstinctio.

IL SOLE TRAMONTA, SUL MONDO LIVIDO E RISECCHITO.
IL SOLE TRAMONTA, SUL MONDO LIVIDO E RISECCHITO.

 

 

 

 

 

LA SAGGEZZA
LA SAGGEZZA

 

 

 

 

 Questo folgorante tramonto estivo spazza via le fumose nuvole

nel preannuncio d’Italiche, ovver divine, Aurore.

 

Διώνυσος
Διώνυσος

                           

 

 

E stamane, all’alba, raccolti questi primi grappoli, dono del Sole d’agosto,

li abbiamo offerti alla nostra primigenia Aurora.