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GAIA E L’HOMO TORPIDUS

                        

 

GAIA e l'HOMO TORPIDUS

 

 

E dunque per primo Càos; e dopo di lui Gaia

Dall’ampio seno, sede perenne, sicura di tutti

Gl’immortali che hanno in possesso le nevose cime d’Olimpo,

E, della terra d’ampie contrade nei baratri, il buio

Tartaro; ed Eros, ch’è fra gl’immortali il più bello

E degli uomini e dei Numi dissolve le cure,

Domando le volontà e l’accorto consiglio.

… … …

La Terra generò primamente a sé simile Urano

Disseminato di stelle, che potesse tutta coprirla…

Esiodo, Teogonia

 

   Secondo l’antichissimo mito Gaia, l’Essenza Terra, viene subito dopo Caos; fan parte d’essa l'alte cime nevose dell’Olimpo (generatrici della severa folgore che avvampa) e i baratri tenebrosi, il Tartaro, la cui radice indoeuropea Tár si ritrova in parole come tenebraetremor (terrae motus, tremare,scuotere), terror, etc.  Dopo Gaia, è Eros, il più venusto degli immortali. Dall’essenza Terra sorse lucente Urano, il Cielo, disseminato d’astri tra cui il sole, che la coprì interamente e divenne la sede sicura degl’immortali. Così disposti, da Terra e Cielo la Natura tutta, con le acque, i fiumi ed i mari, e il suolo terrestre divenne la matrice del mondo vegetale e del mondo animale. Quivi si insediò anche l’uomo e ne fece la sua necessaria sede.

   Quando ci si riferisce propriamente alla Natura, bisogna intendere quella fascia limitata che comprende la superficie terrestre, e non molto al di sotto; in altezza fino all’atmosfera respirabile. Per Natura, appunto, intendiamo la vita così come partecipata e condivisa dagli esseri vegetali e animali compreso l’uomo. Intendiamo la vita come respiro e battito cardiaco; e non bisogna dimenticare che anche le piante, cioè il mondo vegetale tutto, respirano. La Terra ha ceduto alla Natura la sua “epidermide” e pertanto è in simbiosi con essa. La Natura non poteva tener luogo diverso dal pianeta Terra; il pianeta non poteva rifiutare la sua ospitalità. C’è di mezzo l’Uomo. L’Uomo il cui officio è far da ponte tra la Terra e il Cielo.

   La Terra comprende l’Olimpo, la cima avvolta fra le nubi dove si forgia la folgore, il mondo uranico; comprende altresì il suolo matrice della Natura vivente e infine il Tartaro, luogo tenebroso, cielo sotterraneo, ribollente, in continuo sommovimento, anche luogo di eccitazione emotiva, impenetrabile. La Terra è una essenza conglomerata, intelligente, vivente d’una vita propria, distinta dalla Natura e quindi dalla vita degli esseri mortali che respirano sul suo suolo. Essa con il Cielo, come abbiamo letto in Varrone, son “Principes dei”.

   Sulla Terra, con il capo alla folgore uranica, sta l'uomo sedente sulla realtà emotiva, impenetrabile della tartarea tenebra. Tocca a lui nel rispetto della Natura non inimicarsi il Cielo e la Terra, essere il legittimo ponte, iustus pontifex, regolatore della folgore; dominatore della propria fatale iattanza e quindi anche dei terrae motus, cioè dell'imponderabile emotività del pianeta, mai da ritenersi, stando all'erroneo umano giudizio, ingiustificata o inconsulta.   

   Sì! occorre qui chiamare in causa l’uomo. E in particolare l’homo torpidus che non tende alla vita autentica e non persegue il vero, impigrito, raggirato e stordito dai mass-media, allevato nel consumismo, rammollito dagli agi della modernità; e impedito nel sentimento, nella sensibilità si lascia quindi facilmente accalappiare, privandosi del pregio della libertà vera, quella di farsi integralmente Uomo, progredendo nelle virtù patrie (rifiuto del vano, sterile egoismo) e nella conoscenza di sé, onde poter operare con preveggenza e accortamente scansare i pericoli, evitando di incorrere nella malasorte.

   Tutto è in movimento continuo, anche la Terra con i suoi cieli, quello lucente e l’altro, laggiù, tenebroso. Tocca all’uomo saper far fronte anche ai più vasti, ingenti sommovimenti, essere previdente e in grado di governarli. La Natura ha le sue leggi inflessibili e la Terra le sue irrinunciabili. L’uomo può trovare i rimedi giusti, ma dannatamente oggi egli non è più buon legislatore. E vicenda più grave, egli ha dimenticato di essere in armonia; in armonia con sé stesso soprattutto e insieme e doverosamente con la Natura, con il pianeta che lo ospita e di cui egli non è per niente, come presuntuosamente ritiene, il padrone. Frattanto, continuando sulla storta via, continuerà a veder crollare intorno a sè “le cose” che non stanno più in piedi. Le scosse dovrebbero esser di sprone a vita nuova e l’uomo dovrebbe coscientemente e con urgenza avviarsi sulla strada della concordia e dell’armonia; qui occorre dunque mettersi all'opera, sbrattando la lercia arroganza del potere dissoluto e disgregante, superate viltà e storditaggine, vinto il torpore dei senza vita, ricondursi alla virtù dei Padri con il recupero dell'avita fides. Questo occorre per salvare la nostra luminosa millenaria Civiltà e perchè l'Uomo torni vivo, integro e sano. Questo occorre perchè torni l'Augure, il Legislatore ed il vero Pontefice.

   Crollano “le cose” che non stanno più in piedi, che per pigrizia non si vogliono abbattere e riedificare dalle fondamenta; crollano i simboli privi di autenticità, le insegne di ciò che doveva inevitabilmente fallire e si dovrebbe senza rimpianto lasciare alle proprie spalle per ritornare con la romana Fides all’originaria fonte. Manca il coraggio? Il Cielo, la Terra, la Natura sono entità divine alla cui presenza è ignominioso presentarsi in stato di scoramento; ad esse occorre religiosamente inneggiare tripudiando come facevano i Romani durante le celebrazioni dei Ludi Magni. Il nefasto sincretismo costantiniano ormai logoro non regge più, già crollano i suoi vecchi templi.