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APOCALYPSIS

                         

 

 

A P O C A L Y P S I S

 

 

   Il testo neotestamentario dell’Apocalisse a volerlo rappresentare in cinema, realizzandolo sul grande schermo, potrebbe esser senz’altro raccomandato per l’Oscar e ricevere così il premio per la migliore sceneggiatura originale, ma anche per la migliore scenografia e certamente per i migliori effetti speciali. L’ambiguo feticcio dopo tutto non stonerebbe affatto nelle mani dell’autore o degli autori del testo redatto circa millenovecento anni orsono.

   Quei cinematografisti ante litteram, precursori della coreografica visionarietà che si coglie nel fanta linguaggio letterario e filmico di questi tempi… ultimi! E, poi… il celebrato feticcio, concepito, disegnato, realizzato a mo’ d’un idolo mesopotamico o africo-fenicio, alquanto fatticcio, irrigidito in membra sode e salde, impugnante, all’altezza del plesso solare, una lunga spada la cui punta poggia tra i piedi divaricati uniti i calcagni, su una base, la terra, piatta e circolare. Su tale base è disegnata una rosa a cinque petali tondi, simbolo della natura umana. Gli addetti affermano che quei cerchi rappresentano i cinque settori del cinema; enunciazione arbitraria, espediente o trucco, dura il simbolo sotto il camuffamento. Il cranio dell’aureo manufatto è piatto, decerebrato; il volto d’un androide. La statuetta è tutta indorata, e ha sembianza stregonesca. Il nome del feticcio è misterioso: Oscar, cinque lettere, forse la cifera d’un sortilegio. Rappresenta questo mostruoso androide un guerriero, e di qual dio? Il dio, forse, dei tesori nascosti nella terra?

   Un guerriero? Oscena finzione! Astutamente fabbricata.

 

 

 

 

ἀποϰάλυψις

 e radunarono i re del mondo nel luogo che in ebraico

                                                si chiama Harmagheddon

 

“… e si fece un gran terremoto; il sole diventò nero come un sacco di crine, e la luna diventò tutta come sangue; le stelle del cielo caddero sulla terra come quando un fico scosso da un forte vento lascia cadere i suoi fichi immaturi. Il cielo si ritirò come una pergamena che si arrotola; e ogni montagna e ogni isola furono rimosse dal loro luogo. […] Aprì il pozzo dell’abisso e ne salì un fumo, come quello di una grande fornace; il sole e l’aria furono oscurati dal fumo del pozzo. Dal fumo uscirono sulla terra delle cavallette a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra. […] L’aspetto delle cavallette era simile a cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano come delle corone d’oro e la loro faccia era come viso d’uomo. Avevano dei capelli come capelli di donne, e i loro denti erano come denti di leoni. Il loro torace era simile a una corazza di ferro e il rumore delle loro ali era come quello di carri tirati da molti cavalli che corrono alla battaglia. Avevano code e pungiglioni come quelli degli scorpioni… […] Ed ecco come mi apparvero nella visione i cavalli e quelli che li cavalcavano: avevano delle corazze color di fuoco, di giacinto e di zolfo; i cavalli avevano delle teste simili a quelle dei leoni e dalle loro fauci usciva fuoco, fumo e zolfo. Un terzo degli uomini fu ucciso da questi tre flagelli; dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalle bocche dei cavalli. Il potere dei cavalli era nella loro bocca e nelle loro code; perché le loro code erano simili a serpenti e avevano delle teste, e con esse ferivano. […] Vidi un altro angelo potente che scendeva dal cielo, avvolto in una nube; sopra il suo capo vi era l’arcobaleno, la sua faccia era come il sole e i suoi piedi erano come colonne di fuoco.  Aveva in mano un libretto aperto e posò il suo piede destro sul mare e il sinistro sulla terra; poi gridò a gran voce, come un leone ruggente; e quand’ebbe gridato i sette tuoni fecero udire le loro voci. […]

E vidi uscire dalla bocca del dragone, da quella della bestia e da quella del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. […] E ci furono lampi, voci, tuoni e un terremoto così forte che da quando gli uomini sono sulla terra non se n’è avuto uno altrettanto disastroso.”

   Et cetera…

   I su trascritti brevi escerti, tratti dall’Apocalisse detta di Giovanni, sono stati qui appositamente da noi raggruppati per offrire un immediato quadro d’insieme, una panoramica della spiccata visionarietà impressa al testo dagli autori apocalittici o, anche, dell’accentuata atmosfera onirica e surreale di proposito riversata nello scritto con l’intento di suggestionare, impressionare, provocando sovvertimento, sopraffacendo ogni equilibrio, anche psichico degli individui, con la diffusione massiva di siffatta, abnorme immaginativa inculcata con verbosa intolleranza e fanatica violenza. Coloro che, fuor dal credo religioso e solo per un interesse verso tale letteratura ovvero per mera curiosità, oggi si accingono alla lettura dello scritto profetico, annunciatore della parusia neotestamentaria, un ben congegnato tranello, resteranno colpiti dall’infittirsi delle singolari e innaturali rappresentazioni. Il mito classico, soprattutto quello greco, era una narrazione e perfino una figurazione taciuta alla maggior parte di coloro che lo avvicinavano, restava per essi una favola di proficuo ascolto; mostrava tutta la sua dovizia allegorica, simbolica, anagogica, a chi era in grado di confrontarsi con quella millenaria sapienza e non temeva di affrontare il più remoto passato, indelebile vestigio celato nel nucleo dell’anima umana e custode dell’aureo granello. In breve il mito, nella sua muta arcaicità, nella sua integra naturalezza, agevolava l’inclinazione dell’uomo alla conoscenza di sé. In succinto, vogliamo dire, il mito garantiva la presenza dell’uomo reale sulla scena del mondo. Nella trattazione apocalittica l’uomo non compare se non come condizione creaturale sottomessa a manifestazioni di spropositata potenza e in balia, sia nel bene che nel male, di essa potenza. Si è che l’escatologia ebraica si cala nella storia e riguarda tutta la nazione israelitica, ragione per cui la stessa escatologia neotestamentaria, che dalla precedente direttamente deriva, si cala anch’essa nella storia e instaura il discorso dell’avvento operativo nel decorso storico del dio di Israele attraverso un messia, il Cristo, con la conversione degli infedeli alla dottrina cristiana. Ciò comporterà un continuo conflitto scaturente da una imprescindibile dualità: da una parte gl’ infedeli, il male, la bestia, il diavolo, e dall’altra i convertiti, il gregge seguace del pastore giudaico-cristiano, il bene. Male e bene, in buona sostanza, biblicamente configurati e in quei confini concettuali praticamente contenuti. Da tal momento tutta la storia umana sarà assoggettata di conseguenza ad eventi tragici e catastrofici, a grandi calamità, fino al tempo in cui “Dio verrà come un ladro”, per il giudizio finale “con la coppa del vino della sua ira ardente”, a radunare i re nel “luogo che in ebraico si chiama Harmagheddon”. L’Apocalisse! ... Travisamento del mito; narrazione fantastica dei tempi ultimi del genere umano sul pianeta Terra che nulla della reale natura divina e sul divino ha mai insegnato all’ uomo. Anzi! … L’uomo scisso, dissociato, s’allontana dalla stabilità della mente, dalla saldezza del cuore, precipitando così in un dilacerante conflitto interiore che gl’impedirà di realizzare in sé l’integrità della propria reale consapevolezza, condizione di salute necessaria per avvicinarsi alla cognizione delle cose prossime al divino. E perciò deve di preferenza l’uomo con il suo sapiente operare rintracciare in sé quella salvifica Meditrina, l’alata guaritrice, che la mente fa una con il cuore ed orienta al risveglio il discente pronto e intento libenter all’ ardua salita.

 Amplifica Eraclito: discorde si accorda/stupenda armonia/da contrasti//riposa sullo scambio incessante.

 Uno scritto farraginoso, invece, l’Apocalisse, riunisce in mucchio il messianismo escatologico con tanti altri elementi di culture sincretistiche e relativi sistemi di credenze, numerologie siderali sumero-mesopotamiche oltre a simbolismi artefatti raccattati dai rigurgiti di sfaldate religiosità alla deriva da tempo nel bacino mediorientale e da sempre influenzate dal profetismo biblico; un sermone giudeo-cristiano miscidato di ermeticità varie e filosoferie grecolo-egizie; narrazione d’un delirio onirico… ma anche letterariamente impreziosita: il sole diventa nero “come un sacco di crine”; il cielo si ritira “come una pergamena che si arrotola”; i piedi simili a bronzo incandescente “come arroventati in una fornace”; la sua voce era “come il fragore di grandi acque”; intorno al trono un arcobaleno, “a vederlo, simile allo smeraldo”; davanti al trono c’era come un mare “di vetro, simile al cristallo”; e così via. Come a dire che la penna, acculturata con arguzia dal “veggente”, espertamente gareggia con l’occhio di lui abbacinato da una gran fantasticaggine! Il cerebrale rivelatore della parusia cristica prevale sul visionario profetante. Il prof. S.A. Cook riteneva che il temperamento semitico portasse con sé un tipico pensiero cerebrale e quindi verbale piuttosto che visivo, piuttosto che emozionale nonché sistematico o speculativo. Sosteneva che nei profeti semitici “…troviamo esaltazione, eloquenza e immaginazione piuttosto che esattezza logica, pensiero coerente e comprensione globale… Il pensiero non procede per gradi, né riesce a essere distaccato e oggettivo”.

 

   A p o c a l y p s i s … “e ci furono tuoni, voci, lampi e un terremoto…I sette angeli che avevano le sette trombe si prepararono a suonare…”.

   E al suon di implacabili trombe angeliche cominciano i guai… “grandine e fuoco, mescolati con sangue, furono scagliati sulla terra. Un terzo della terra bruciò, un terzo degli alberi pure e ogni erba verde fu arsa… Poi il secondo angelo sonò la tromba e una massa simile a una grande montagna ardente fu gettata nel mare. Un terzo del mare diventò sangue, un terzo delle creature viventi che erano nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto. Poi il terzo angelo sonò la tromba e dal cielo cadde una grande stella, ardente come una torcia, che piombò su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti delle acque. Il nome della stella è Assenzio; e un terzo delle acque diventò assenzio. Molti uomini morirono a causa di quelle acque… Quando il quarto angelo sonò la tromba, fu colpito un terzo del sole, della luna e delle stelle: un terzo della loro luce si spense… Guardai, e udii un’aquila che volava in mezzo al cielo e diceva a gran voce: – Guai, guai, guai agli abitanti della terra, a causa degli altri suoni di tromba che tre angeli stanno per suonare!”  E non furono guai irrilevanti se “un terzo degli uomini fu ucciso da questi tre flagelli: dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalle bocche dei cavalli.” I detti cavalli “avevano teste simili a quelle dei leoni.”  E una volta preso l’avvio… “In quell’ora ci fu un gran terremoto e la decima parte della città crollò e settemila persone furono uccise nel terremoto; e i superstiti furono spaventati e [spaventati ovviamente] diedero gloria al Dio dei cieli”.  Il Dio di Israele, senza alcun dubbio: “Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che recavano sette flagelli, gli ultimi, perché con essi si compie l’ira di Dio. L’ espressione in neretto è divenuta un modo di dire per indicare accadimenti gravi e irreparabili; così lo stesso termine greco apokalypsis, dal mero originario significato di rivelazione, lo scoprimento, ha acquisito quello funesto di cataclisma, catastrofe, distruzione, fine del mondo. Ira di Dio e fine del mondo, un evento terribile: l’Apocalisse!

   Son trascorsi millenovecento anni circa dall’ inizio della diffusione del testo apocalittico giudeo-cristiano tra le genti del mediterraneo e bisogna ammettere che questo scritto ha fatto strada e il suo contesto allarmistico catastrofale si è sparso per tutti i continenti e ancora ultimamente, parliamo di questi nostri giorni, le trombe e i tromboni apocalittici hanno ripreso con sconcio sconcerto a risonare nelle orecchie degli avvezzi alla predica roboante del messiato che la fa  da padrone del mondo, quello che in ogni momento compie la sua ira. In vero riesce, questo allevatore di virus rabbici, nei suoi subdoli intenti, sol perché le masse bipedi egli è giunto con i suoi agenti infettivi a istupidirle in tutto e per tutto e a ridurle a gregge. E questo suo messianesimo (alias affarismo mondialista) sarebbe l’azione di Dio nella storia umana!

   Un mondo fantasmico, irreale, quello degli scrittori apocalittici; vi si descrivono eventi catastrofici e sconvolgenti l’ordine causale delle leggi fisiche; il futuro della natura e del genere umano è puerilmente, ma non ingenuamente, consegnato ad una temibile incertezza sempre nella previsione di eventi catastrofici. Catastrofismo megagalattico che allaccia quel tempo dell’avvento agli avventisti e avveniristi d’oggi tesi ansiosamente a collocarsi su scene catastrofiche.

  C’è forse differenza tra la surricordata visionarietà degli apocalittici di ieri e i manuali, i saggi, i romanzi dei visionari di oggi? Fantahorror, fantapolitica, fantascienza, fantasticaggini pseudostoriche veterotestamentarie, fantasy hollywoodiana; sperperio cerebrale, verbose allucinazioni, atmosfere oniriche! Trascendentali scenari interplanetari, carrellate di esseri extraterrestri, moderne figurazioni angeliche per superare l’immanenza terrena e impegnare la  mente sfatta dell’uomo domesticato nel culto feticistico dell’immaginario letterario, cinematografico o televisivo; una trasmissione ininterrotta di scenari e immagini aliene si è in questi ultimi settanta anni (dopo Hiroshima e Nagasaki) notevolmente amplificata, ma il soggiogamento apocalittico dura ormai da lunghi secoli e il plagiario non demorde e se la ride. Sfacciatamente se la ride di dozzinali scenografie avveniristiche o colossali spettacoli apocalittici.

   Non è per caso che Hollywood viene, alla stregua di città santa, ritenuta la Mecca del cinema. Precisamente come a Gerusalemme, a Medina, alla Mecca, città di raduni religiosi e nel contempo di scambi commerciali, in questa località della California, Hollywood, si radunano i V.I.P., le persone famose, le Icone dello spettacolo, della politica, della economia, della TV, gli uomini d’affare insomma e vi converge l’attenzione delle masse da tutto il mondo, perché il cinema e la TV sono dappertutto nel mondo e le icone dei divi e delle dive viaggiano per il mondo. E nella società dello spettacolo, dedita al culto del divismo, e nel tempo delle infatuazioni di massa, da altari inaccessibili quelle Icone, ben protette da loro guardie del corpo, attraverso i mass media distribuiscono dosaggi di Apocalisse. O di Apocalissi? Dipende dal fantasticare dei singoli e dei diversi gruppi umani; con una sterminata letteratura e altrettanta filmografia le Icone han provveduto proprio a questo, a non lasciar niuno insoddisfatto e a contentare tutti i gusti.

   Dunque, gentili lettori, il problema apocalisse=catastrofe attiene  all’ andazzo dei tempi ma appartiene soprattutto alla disposizione dell’animo umano; quanto più l’animo umano si nobilita, tanto più la visione del mondo si illimpidisce e le catastrofi si presenteranno come un rivolgimento migliorativo e mai in peggio; la stessa natura, che mai trasgredisce le sue leggi, di buon grado favorirà i cangiamenti ordinati e necessari al cammino dell’uomo verso quell’eletta consapevolezza che lo unifica al divino.

 

Quel che l’uomo ha coltivato dentro di sé

Il grano d’oro o l’erba infestante

Questo è il vero scoprimento, questa la rivelazione

 

   Gli individui, come le nazioni, sono responsabili dei loro insuccessi così come hanno il merito delle loro fortune; sceglier compete tra distruzione o costruzione, tra sconfitte o vittorie.

   Per quanto riguarda i riferimenti nell’escatologia neotestamentaria ai destini ultimi del genere umano e del mondo, cioè l’apocalittica fine del mondo, ci teniamo a rassicurare gli abitanti della terra: trattasi di un infondato timore che occupa l’animo dei pavidi indottrinato da un secolare profetismo mass mediale, la cui forza persuasiva ormai va scemando e una volta o l’altra palesemente manifesterà tutta la sua raccapricciante insipienza.

   La visionarietà profetante se davvero fa proseliti è solo nei tempi ultimi, quando le società umane sono confuse e sconvolte e le civiltà e le culture anche quelle religiose da esse espresse sono consunte. Ma i tramonti annunciano le aurore, ed è questo il momento in cui le menti aperte e le orecchie attente odono risalire dalla profondità dei secoli la parola arguta del sapiente. La parola ancora della rivelazione. Ascoltatela!

 

Πῦϱ  ἀείζωον

 

   Questo cosmo non lo fece nessuno degli dei né degli uomini, ma sempre era, ed è, e sarà, Fuoco sempre vivente, che con misura divampa e con misura si spegne. (Eraclito)