UNA GITA DEL DOTTOR FREUD
Insistete per il nonsense, per un bonario, affabile nonsense? Per accontentarvi invocheremo il soccorso del grosso, veramente nutrito stuolo di cornacchie che da qualche giorno s’aggira nella valle. Sono fortemente beccute e ciarliere, fors’anche chiaroveggenti e prevedono eventi futuri. Sembrano agitate, però possiamo assicurarvi che il loro abito è serio, anzi severo e il loro ragionare, là in alto, oppur dal ciliegio che prediligono, i rami si piegano sotto il loro peso, ci suggerisce che è tempo di liberarci da tanta gravezza e impurità, dalle scorie putrescenti. È tempo di grandi purificazioni. È anche tempo di coraggio. Avviamo quindi oggi una danza, una danza vibrante e tutt’intorno desti l’allarme lo sfarfallio dei nostri e dei vostri nonsense.

UNA GITA DEL DOTTOR FREUD
(ma chi è il Dottor Freud?)
Le visage zingué, blanc et bleuatre,
un cranio finemente monetiero,
(testapensantedenaro, oh valanga!),
il nero abbigliamento plutoniano,
la chioma sparta al vento des quibus
(tantideeunsolcruccio: l’ argent!),
abbiadato l’asino e abbeverato,
dal ciuchesco pelame, bruno e caldo,
spostò lo sguardo
sul nudo arcaico paesaggio:
l’abbevilliano?
Dei preistorici reperti
al richiamo, si sentì un inetto
replicante, dimorfo automa
in un mondo d’alterchi e replicamenti.
Ahi, vivere il replicabile! E, routinariamente!
Il rutto rumoroso dell’asino
lo richiamò al suo incombente.
Doveva ricondurre l’equide al maneggio
e poi raggiunger la roulottopoli
dove attendeva la coniuge asincrona…
Un uccelletto conirostro
si posò su un pruno fiorito,
ma subito spuleggiò via.
Lui, il sublacustre, l’eterno
subinquilino non poteva
competere col vispo conirostro
né con il vivace candore
di quella fioritura.
“Spina di rovo,
che m’impedisci
il passo nel prunaio,
ti vestirò del saio…”
S’udì la fresca voce
d’una pastorella, e lui arrossì.
Già, lui! non sapeva
come nascondere l’impaccio.
Non capiva! Come mai gli era
spuntato nella mente il tanga?
Libido? La musa sua nativa?
Qual insanabile piaga!
In quel mentre una gran tanfata
d’inconscio collettivo l’assalì…
Forse, anzi senza forse, dal somaro!
Risalì in sella e ciondoloni
si lasciò portar via dal ciuco,
e sull’equide caracollando:
“Caramba! Caramba!”, esclamava
stupito, scrutando le orecchie
vanagloriose dell’animale,
le lunghe orecchie tanto famose.
L’âne! L’âne!... L’âne,
Cet infatigable savant!
L’âne, ce magnétiser des étudiats,
ce fabuleux narrateur! L’âne,
ce fantastique acrobate de l’ ignorance!
Orbene, ma chi è il dottor Freud? O meglio, chi sono, quanti sono i suoi alter ego? Sono singoli, gruppi, folle, popoli interi? O son classi, categorie particolari? Catechisti, per esempio, o politici di professione? Ben alfabetizzati, eruditi, oppure analfabeti o, peggio, entrambe le cose? Son quelli che a colazione preferiscono mangiar crostini o quelli che degustano il cappuccino con una fetta di crostata? Frequentano i cineclub, o i festival rock all’aperto? Sono gli appassionati di robotica, ultra modernisti, o sono i passatisti che amano il teatro dei pupi? Sono frignoni o ridanciani bricconi? Son questi o son quelli? Cioè sfrenati conferenzieri o immusoniti redattori di periodici? Cronisti pettegoli o seriosi cronologisti?
Non vi crucciate, distraetevi con l’imperversante costume claunesco che ci circonda, anzi ci assedia; divertitevi, ammirate i sindaci con la coccarda che marciano alla testa dei tuttavia va bene delle turpitudini nazionali. Strabiliate? Ma c’è l’alta approvazione curiale e l’assenso dei K2 dell’intransigenza legiferante ad oltranza, sino all’estremo limite della naturale intolleranza. Libertinamente partecipate a queste orgogliose kermesse trasmodanti i lacci e le catene della dispotica dittatoria natura. Sadicamente, masochisticamente partecipate a tanto boato, alla stonata grancassa di tanto grumoso grugnire.
L’inconscio collettivo è in fermentazione nelle vie, nelle piazze, dappertutto ormai è uno sterquilinio. Una mixtio, una mescolata di sucerdae e di muscerda, un intruglio altamente stercorale. Abbiamo capito, voi non volete invacchire, non volete partecipare a questo dissennato intrallazzare. Noi abbiamo semplicemente accennato alle fecce che mandano fuori dai loro visceri i due animali icasticamente allegorici, allusivi alla escrementizia materia che compone la sostanza colloidale del sopraccennato inconscio collettivo.
Voi giustamente disapprovate, tanta stortezza; ma dovete evitare di dar di stomaco, anzi dovete farvi uno stomaco di ferro e senza demordere deprecate la forsennatezza e la depravazione. Alla fine, se non vi lascerete suggestionare, vi accorgerete che molti altri seguiranno il vostro esempio, parenti, amici, conoscenti e l’indecenza sarà vista per quel che è, l’ingannevole rappresentazione s’ indebolirà e i baracconisti dell'indecorosa fiera tenteranno di nascondersi. Il letamaio ritornerà ad essere un giardino colto e fiorito.
E con buona pace dei ratti e dei porci, il raglio stridulo dell’asino in amore allerterà le vostre mattiniere orecchie. E buona estate nonsense!