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NUPTIARUM DEA

                        

 

 

N U P T I A R U M   D E A

  

 

Rite maturos aperire partus

lenis, Ilithyia, tuere matres

sive tu Lucina probas vocari

     seu Genitalis.

 

Diva, producas subolem patrumque

prosperes decreta super iugandis

feminis prolisque novae feraci

     lege marita,

 

certus undenos deciens per annos

orbis ut cantus referatque ludos

ter die claro totiensque grata

    nocte frequentis.

 

 

   È l’invocazione a Giunone nel Carmen Saeculare di Orazio che segue subito dopo quella a Febo e a Diana e l’altra celeberrima ad Alme Sol. Il poeta romano la invoca con gli epiteti di Ilithyia, Lucina e Genitalis, cioè colei che assiste le madri, la prole e presiede ai matrimoni e alla tutela della famiglia. Non è insignificante il fatto che la nomini per prima con il nome di Ilithyia e nel Carmen che celebra i Ludi Saeculares la cui origine è molta antica. Anche il nome Ilithyia è antico e lo si trova in vari adattamenti, Eleuthia a Creta ed altrove, sul suolo greco, nelle forme Eiliythia, Eileithyia ed altre. Molti ritengono che venga dalla stessa radice del vocabolo greco ἔλευσις che significa venuta, avvento, e cioè colei che viene, che si manifesta; del resto la radice indeuropea el, che rende nitidezza, luminosità, è sia nel termine greco che nel nome originario della dea. Sul suolo italico, Ilizia: la e iniziale completamente assorbita nella i.

   Dea del parto in Omero, nell’Iliade, è una dea duplice: le Ilizie armate di frecce, significanti le trafitture del travaglio; la partoriente infatti affronta il dolore, la nascita è davvero un combattimento, per la madre e per colui che viene al mondo. Ilizia, la dea del parto con le sue adette sciamane, presiede e guida questa lotta immane; è colei che incoraggia e nobilita la nascita, la venuta alla luce; è una divinità guerriera.

   Alcuni racconti la dicono più antica di Crono, il figlio di Urano e padre di Zeus; ma Apollodoro nel Libro dei miti scrive che “Zeus sposò Era, e con lei ebbe i figli Ebe, Ilizia, e Ares”. Altri dicono che Ilizia fosse un epiteto di Era, ma sempre Apollodoro, a proposito della nascita di Ercole, ci racconta che “Era, per gelosia, convinse Ilizia a ritardare il parto di Alcmena, e fece in modo che Euristeo, figlio di Stenelo, nascesse subito, per quanto ancora settimino.” Il mito!

   Certo il mito è dissimile dalla comune logica umana, appare incoerente rispetto alla ragione, al pensamento, non vuole provare nulla con l’argomentare; pertanto il mito è insolito, inconsueto perché in esso nulla è abituale, nulla ordinario; è inusitato, singolare. Ma ancor di più, il mito deve essere incredibile, perché deve per l’appunto sfidare la credulità, pur preservando l’ingenuità; deve perciò esser sorprendente, straordinario, con il fine di serbare e celare in sé il portentoso, il prodigioso, il magnifico: l’irripetibile!  

   Si tramanda che Ilizia sia una dea iperborea; soccorse Latona nel parto e fu presente alla prodigiosa nascita di Atena. Una grande divinità, adunque, che attendeva alle nascite divine, ai parti degli eroi? Narra Pausania che il poeta licio Olen, appartenente alla corrente orfica, in un suo inno la dice madre di Eros; nel linguaggio orfico Eros veniva chiamato Fanes, il nato dall’uovo, cioè il nato per primo dal grembo della natura, che suscita, ordina, armonizza, congiunge gli esseri e tutto ciò che è animato. Pausania aggiunge anche che il poeta orfico definisce, in quel suo inno, Ilizia la buona Filatrice, per cui Pindaro l’avvicina alle Parche.

   Questa dea, con il cui nome Orazio invoca Giunone, l’Ilizia iperborea dell’orfico Olen, era anche tra gli Italici. Proveniva direttamente dalle migrazioni iperboree al suolo d’ Italia? Oppur dalle genti migrate dall’Arcadia o dalla Magna Grecia? Qualunque sia stato il percorso, resta che essa è una divinità della luce, dea iperborea, dea madre che rivela le nascite divine, che propizia nascite di eroi.

   Accompagna le madri, così invoca Orazio e attraverso il suo Carme tutta l’Urbe Romana, ti chiamino esse con il nome di Lucina o Genitale. Educa e dà vigore alle stirpi, onde vengano sempre osservati i decreti e le leggi dei Padri e i vincoli matrimoniali, e simultaneamente prosperino in armonia le famiglie, feconde di numerosa prole!

   Così nel Carme di Orazio incontriamo la iperborea Ilizia; Giunone (Genitale) per il soccorso che arreca, Lucina per la luce che da essa sorge e si espande. Regina delle madri, dea guerriera, dea soccorritrice.

   Con il Carmen Saeculare, fuor (o esso mediante?) dall’imperscrutabile mito, ci ritroviamo nella mitica realtà, nella luminosità iperborea di Roma.