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SATURNIA ARVA SATURNIA REGNA

                              

 

SATURNIA ARVA

 

 SATURNIA REGNA

  

 

   Ho tra le dita il chicco del grano, lo tasto, lo palpo con i polpastrelli, è vivo. E volendo, lo si può qui descrivere con la terminologia della scienza agraria. All’esterno la crusca, cioè la buccia, che contiene le fibre vegetali, le proteine, sali minerali, vitamine; e c’è il germe, l’embrione, anch’esso contiene le stesse sostanze e in aggiunta i lipidi; nella parte interna, l’endosperma, soprattutto amido. Se ci attenessimo alla sola descrizione scientifica, però, ci rappresenteremmo solo un che di inerte, ma non la sua realtà. Torno a palparlo, è vivo. Celata dentro quel frutto, secco e indeiscente, energia, attività che attende il momento opportuno per passare dallo stato di quiete al movimento, per manifestare la sua nascosta esistenza. C’è dentro di esso un quid che vuole manifestarsi, anela al cambiamento, ad un suo ambito divenire, ad una vita nuova.

   Osserviamo insieme la forma di questa piccola cariosside, è ripiegata su sé stessa; si separa davanti in due pieghettine, che insieme restano serrate come i battenti di un usciolo che costudisce un intimo segreto. Un solo seme. Mirando questo seme, alla nostra mente potrebbe risovvenire in astratto la spiga, ma non l’immagine reale della spiga, di quella spiga che germinerà appunto da questo seme. E questo avviene per tutti gli esseri viventi; dal seme alla spiga, il grano, e così naturae sequitur semina quisque suae, come scrisse Properzio.

   Muto è il seme, ma la sua occulta volontà attende il momento opportuno, la stagione propizia per avviare la sua crescita, per sviluppare sé stesso e, una volta germogliato, dovrà pur misurarsi con il mondo in cui è venuto a manifestarsi, dovrà in quello affermare sé stesso, misurando la sua energia con le difficoltà e le avversità che incontrerà lungo il cammino. Ciò vale anche e soprattutto per l’uomo, anche se, per esso a differenza di tutti gli altri esseri viventi, è sempre in agguato la hybris.      

   Il grano, superato il rischio della ruggine, malefico fungo, impiegherà la sua energia per divenire aurea spiga; l’uomo dovrà affrontare la funesta hybris e superarla per ritrovare in sé, nell’intimo originario sé, il grano d’oro.

  Tentiamo di capire. Tutti gli esseri che vengono alla vita, ancor prima di manifestarsi, ancor prima d’aver piena coscienza di sé, tendono a mantenersi nell’essere loro. Il Sole suprema manifestazione di energia e di vita ne è il modello luminoso. Il Sole è la suprema manifestazione perché non si nasconde mai; è continua, perenne manifestazione. Anche quando tenta di nascondersi ai viventi nei solstizi invernali, negli occasi, è sempre manifesto a sé stesso e alla Terra. Folgorare è la sua natura. Ciò che si nasconde, non è diverso da ciò che appare manifesto, ma deve compiere uno sforzo per inventare (invenio, ire) sé stesso, per costruire la sua manifestazione, crearsi l’organismo adatto a raggiungere quella perfezione che conduce alla virtù e alla conoscenza. Il folgorare diuturno del Sole, il suo esser continuo manifesto fulgore, non richiede sforzo. Tutto ciò che nasce da seme e germoglia da terrestre ventre o zolla con sforzo, invece, lacerato il velo, si manifesta.

   Quando il Sole entra nella costellazione del Leone inizia la grande calura che oggi noi definiamo solleone, mentre gli antichi Romani chiamavano tal periodo i giorni del Cane, perché la stella più luminosa nella costellazione del Cane Maggiore, Sirio, chiamata anche Canicola, prende a sorgere e a tramontare, nel detto periodo, con il Sole (24 luglio - 26 agosto). Sirio è infatti la stella più brillante del cielo notturno ed è una delle stelle più vicine alla terra e quindi al Sole. Sirio è nome greco e significa appunto la splendente, l’ardente. Il Sole è in questo periodo al culmine della sua manifestazione e Sirio, nella sua levata eliaca, lo accompagna con il suo bruciante splendore.

   Si svolgevano a Roma il 21 agosto i Consualia (festa che si ripeteva il 15 dicembre) in onore del dio Conso. Consus, voce arcaica, dio protettore dell’immagazzinamento del grano, cioè del raccolto immagazzinato, come sostiene il Dumézil che ne fa derivare il nome dal verbo latino condere, mettere insieme, nascondere, fondare; altri da conserere, seminare; altri da consulere, consigliare; altri ancora da consilere, fare silenzio insieme. Servio Onorato, in una nota all’Eneide: Consus autem deus est consiliorum. Riteniamo, noi, che nessuno di questi verbi sia estraneo alla cerimonia dei Consualia, la quale si svolgeva ai piedi del Palatino nella valle del Circo Massimo, la cui forma eclittica richiama il percorso solare…

   Il dio “era circondato dalle immagini di molte entità che esprimevano vari momenti dell’attività agricola, SeiaSegetia (o Segesta, o Messia), e soprattutto Tutilina, che esercitava una funzione più generale, prossima a quella del dio: Tutilina, dice Agostino (Ciu.D.4,8) veglia frumentis collectis atque reconditis, ut tute servarentur; il suo nome, dice Plinio che non vuole neppure trascriverlo, non doveva essere pronunciato.” (Dumézil) In quel giorno era anche collocato l’episodio leggendario del ratto delle sabine da mettere in relazione con i miti della fecondità…

   Già i lavori campestri erano terminati, il raccolto preparato onde essere stipato nei granai, gli attrezzi lustrati, ingrassati e riposti; erano giorni di riposo per gli uomini e pure i quadrupedi che avevano partecipato al lavoro dei campi dovevano riposare, venivano all’uopo anche adornati con corone di fiori… Si avvicinava il giorno degli Opeconsivia, di Ops Consiva, la dea garante dell’abbondanza, anche la sua festa si ripeteva il 19 dicembre.

  Nei Consualia del 21 agosto l’altare di Conso “solitamente invisibile, veniva scoperto… come si addice al dio protettore di riserve, che, una volta riposte, non possono essere aperte senza rischio di deterioramento. Inoltre il culto del 21 agosto era officiato dal flamine di Quirino e dalle Vestali…” (Dumézil)

   Tutti i Quiriti partecipavano di quell’armonia che investiva la flora, la fauna, cioè la natura tutta e l’Urbe pacificata; i tre regni godevano dell’abbondanza, della salute e della pace divina… Così era fuori, nella luce ardente della Natura, così era nella virtuosa interiorità degli Uomini…

   E s’udivano i carmi sacri, scanditi in versi saturni, celebranti i Saturnia Regna!