CONCORDIA

C O N C O R D I A
Ogni uomo ha e manifesta una propria attitudine, una propria innata inclinazione, una vocazione: l’uomo prammatico, il teorico, il religioso, il mistico, colui che propende alla disciplina, alla milizia. Possono esserci uomini nella cui personalità tutte queste attitudini si fondono in una; in tal caso è il talento nella sua manifestazione più alta, il genio.
Quando gli uomini coltivano ed esercitano bene le proprie inclinazioni, assecondano le proficue attività rispettando le idee altrui, c’è armonia e tutto in una società retta procede nel verso giusto. Allorquando il prammatico spregiudicatamente supera i limiti e si dà egoisticamente senza scrupoli all’ affarismo, il teorico fa della speculazione intellettuale una palestra di vanità, il religioso si ostina ad imporre i suoi dogmi di fede, il militare eccede in prepotenza, si provoca disarmonia e la società degenera nella discordia. Più o meno l’apologo famoso di Menenio Agrippa; ve ne ricordate? La società umana, eretta in res pubblica non può che essere un organismo, un armonico corpo vivente. Così è della lingua di un popolo; il linguaggio deve essere coltivato, custodito sano e gentile. Tanto genera leale comunanza di vita e duratura concordia. Ed è anche buona cosa esprimersi e scrivere con semplicità. Occorre calarsi nella semplicità; usare il linguaggio dei mistici, che è anche il linguaggio arcano di chi sa tacere. Gli antichi scrivevano e comunicavano sempre con semplicità.
Oggidì il linguaggio è divenuto o estremamente volgare, imbarbarito fino al balbettio, oppure talmente contorto ed artefatto e innaturale da rasentare l’incomunicabilità, quella che disvia dall’umano consorzio.
Un linguaggio sano fa bene alla mente e all’animo; un linguaggio astruso frastorna l’udito e rende sterili mente e cuore; produce contrasto d’opinioni e di sentire, discordanza, manca d’armonia. Per essere in comunicazione, per averci trasmissione, occorre corrispondere, capirsi; così ci si avvicina alla verità. Il linguaggio quando è genuino, nasce dal cuore, è verità. Spontaneità e veridicità danno un valore magico alla parola; la parola, che deve rispecchiare il mondo nella sua realtà. Pertanto, noi aborriamo la menzogna e con la menzogna l’idolatria, il mondo falsificato, alieno, illusorio prodotto di una fantasia alterata e di mentale perversione. Perciò detestiamo tra l’altro la fantapolitica (oggi è così, vacanza) ed ogni genere di enfasi, di esagerazioni.
Fate attenzione, fantasticoni! Se ingombrate il cervello con accumuli di vuota erudizione e procedete, poi, con artifizio e con astruserie, vi troverete sbandati, perché il mondo non soggiacerà mai alle vostre percezioni astratte o alle vostre malsane nostalgie; se, altresì, congestionate la vostra fantasia con stravaganti immaginazioni e figurazioni distorte, parimenti il mondo non vi soddisferà, per difetto di affinità e mancanza di corrispondenza e proporzione; il mondo, infatti, non sarà mai una fantasticaggine, una magagna, come delirando immaginate; sempre il mondo sarà una schietta dura r e a l t à con la quale l’uomo dovrà continuamente fare i conti.
Non vogliamo che ci fraintendiate. Non stiamo eccedendo, non disprezziamo il fantasy e l’heroic fantasy; leggiamo Carroll, Barrie, Collodi, Dunsany, Howard, Tolkien; ci piace molto Conan il Cimmero (non ci esaltiamo però, né gonfiamo i muscoli) e ammiriamo l’immaginare vivo e animato e le metafore che trasferiscono direttamente alla mente immagini, noi diciamo εἲδωλον, visioni veicolate da allegorie e simboli da riscoprire, archetipi, modelli dimenticati e che vogliono emergere e sovente trovano sane menti (non allucinate) di predisposti cantori.
Tutto questo però è letteratura, può esser giovevole a fini pedagogici, a stimolare le doti intuitive e ad alimentare nobili sentimenti e, pure, a raffinare la fantasia poetica, a condizione che non intervenga il cerebralismo con il fanatismo e l’esaltazione. Altra cosa è la figura analogica, qui non in senso linguistico, ma nella direzione di un rapporto, simpatia, che s’instaura tra il nostro interiore (intelletto) e l’immagine reale del mondo, la relazione veridica ed integra (assimilazione) del dentro con il fuori; la corrispondenza del nostro εἲδωλον, immagine interiormente vivente, con la immagine, εἲδωλον, che appare all’esterno e, ancora, la corrispondenza piena di queste immagini affini, unificate, a un archetipo a un modello a un simbolo, materiale e immateriale. Solo così operando ci troviamo a vivere una r e a l t à che è nel contempo materiale (badate bene non materialismo) e spirituale. Un diapason ha due bracci, diversamente non è tale. Se le immagini non sono speculari (interno ed esterno), esse sono rovesciate, cioè false e bugiarde. Si cade nell’adorazione fanatica. Mancando la propiziatoria visione, non realizzata nell’interiore come atto di potenza, la immagine esterna è solo buccia, tutt’al più fissata nel mentale come su di una pellicola; è immagine disanimata, spettro, vuoto idolo. Lo stesso linguaggio, il più forbito, anche se richiama nomi, gesta, eventi, luoghi, geni, divinità si ferma sul limen, è linguaggio dissimmetrico quindi dissimulatore, falso in se stesso, sviante. Ed è questo il motivo, per cui deprechiamo ciò che viene scritto senza il retto vissuto; il motivo per cui aborriamo l’idolatria.
Invochiamo saggezza. Chi capisce fin dove possono giungere le proprie forze reali sa mantenersi nei giusti limiti. È la regola migliore per por fine alla dissociazione e all’anarchia, per riportare in se stessi e tra le genti
C O N C O R D I A

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Noterella inopportuna (qui addirittura fuori luogo) ma inevitabile.
Inopportuna, perché ci costringe a ribadire che non intendiamo polemizzare con chicchessia; inevitabile, perché doveroso è esser cortesi! Ci vien chiesto come mai non abbiamo pensato a creare una nostra pagina Facebook; temiamo le critiche? i non mi piace? Niente affatto! Anzi le critiche che riceviamo aiutano a fortificarci e bastano i rari elogi a contrastarle. I non mi piace ci aggradirebbero più dei leziosi e femminei, a volte ipocritini, mi piace che spesso si trovano in coda alla più sconcertante novellistica; uno specifico facebookiano? Detto questo, vogliamo subito aggiungere che non abbiamo nulla da dire o da opporre a coloro che fanno il mestiere degli sconcertatori, utilissimo anche questo, a dire dei filosofi cinici d’un tempo. Per intenderci meglio, ed evitare d’inciampare in polemiche, invitiamo gli anonimi amici che ci han posto la domanda a consultare, su questo sito, Cronache dal Villaggio globale, Vol. I - Uno strappo nella rete?, vi troveranno una spiegazione, o meglio il nostro punto di vista.
Facebook? troppo affollamento… ostentazione… democratismo…
IL GESTO DEL SUFFRAGIO
