UA-183009551-1

LA TERRA DEL SOLE

                        

 

 

LUME NON È, SE NON VIEN DAL SERENO

CHE NON SI TURBA MAI…

Dante, Commedia III, c. XIX

 

 

 Furono i Greci e gli Etruschi a dare alla nostra penisola un nome vespertino, il nome di Hesperia; ma da tempi remoti questa nostra terra è la terra del sole, del Sol Indiges. Per chi sa intendere, l’Invitto Sole, quello che luminoso risplende sul patrio suolo, la Sede dove ha salda dimora la dignità degli Avi.

 

 

 

LA   TERRA   DEL   S O L E

 

 

 

   Ausonia, infatti, fu il suo nome già dall’inizio del Bronzo medio; gli Ausoni popolo di origine indoeuropea abitavano la nostra penisola, dalla Marche in giù e dal Lazio sino al paese che sarà poi dei Bruzi, dall’anno 1600 avanti questa era. Parlavano una lingua non diversa, anche se più arcaica, da quella dei Latini al cui gruppo italico appartenevano. Questo in epoca protostorica. In epoca storica nel VII sec. circa a.e.v. gran parte di quelle terre erano abitate dagli Osci e gli Ausoni, chiamati a quei tempi anche Aurunci, abitavano i versanti meridionali dei monti Ausoni e dei monti Aurunci che avevan preso da quel popolo il nome. In epoca più recente, IV sec. a.e.v., li ritroviamo su un territorio ancora più ristretto, dagli Aurunci e oltre Minturno, una delle città della pentapoli aurunca, fin giù alla Campania settentrionale, dediti pacificamente all’agricoltura. Fatalmente si allearono con i Sanniti e fu la loro fine; città come Ausona, Vescia non hanno lasciato tracce.

   Gli Ausoni, gli Italici più antichi di cui è rimasto ricordo, dovettero avere un passato luminoso, ancora in epoca storica c’era il ricordo degli Aurunci Patres. La loro storia si perdeva nel mito del loro re Ausone, creduto figlio di Ulisse e della figlia del sole, la maga Circe, e di suo fratello Liparo che affrontò il mare e si insediò con la sua gente nelle isole che presero da lui il nome di Lipari. Il nome Ausonia poi risuonerà nei versi dei poeti latini, resterà anche nel nome della gens Aurelia. In La religione romana arcaica il Dumezil annota: “La gens Aurelia, gli ‘Auselii’, di origine sabina, portava il sole nel proprio nome e gli offriva sacrifici per i quali il popolo romano le aveva ufficialmente concesso un luogo.” Gli Auselii, che in epoca storica vivevano nella Sabina, era indubbiamente una gens discendente dagli antichi Ausoni (ausel, il sole). Ausel fu anche il nome dell’ arcaica divinità solare italica e deriva dalla radice indoeuropea ‘aus’ (splendente) che per rotacismo diventerà anche ‘aur’ e darà il latino aurum, da cui anche il nome dell’Aurora.

 

 

 

*            *            *

 

 

   Guardo in alto, il sole sta per raggiungere lo zenit; guardo intorno il profilo dei monti, ascolto lo stormire delle foglie, il canto degli esseri che anima la valle. Denudo la mente della chiassosa infermità di questo mondo e del suo meschino umanitarismo, all’istante un grido misterioso attraversa l’improvviso silenzio. Rivolgo di nuovo lo sguardo in alto, al sole, e subito avverto una distante e intima firmitas manifestarsi in me e all’intorno, nel paesaggio stesso. Un’arcana calma e una gioiosa allietante diuturnitas. Il grido si ripete, in alto un’ala vasta e falcata, ferma, fissa in faccia al sole. Nell’occhio spazioso della mente, ormai non più dubbiosa, si raccoglie una gente felice, festosamente decorosa e serena, dagli sguardi verecondi, i cauti sorrisi e le fronti severe. Gli Ausoni dell’epoca protostorica? Di certo un popolo solare, prima che in ondate successive le sue generazioni s’inabissassero nell’oscura vicenda della storia, disperdendosi e frammentandosi in varie genti e nazioni, Aurunci, Volsci, Latini, Osci, Umbri, Sabini, Sabelli, Marsi, Sanniti, Bruzi, Opici; e con quest’ultimo nome, nell’epoca italica che s’avvia ad esser felicemente romana, li troviamo nel nord della Campania relegati nella condizione particolaristica di lavoratori dei campi.

   Dopo la gloriosa vicenda della Roma romulea e augustea, che riportò armonia e concordia civile in un cosmo che andava disgregandosi, per la nostra penisola prevalse il nome Italia, ma mai fu dimenticato il nome di Ausonia ed ancora oggi la nostra terra è celebrata come la Terra del Sole.  Essa non è né ad oriente né ad occidente, è nel meriggio, allo zenit. L’oriente è sotto l’alito dell’Asia; l’occidente è il luogo del crepuscolo, il regno delle acque che disperse Atlantide, gli avanzi della cui hybris s’insinuano tra le torve munite sponde americane. Coronata dai ghiacciai alpini, forte della dorsale appenninica, stende le sue membra nel mare, circondata dall’antichissime muraglie delle sue isole mirabili.  Umbilicus Europes.

 

 

 

*            *            *

 

 

S O L     I N D I G E S

 

 

   “Sol e luna sono astri di cui la religione romana apprezza essenzialmente la funzione di regolatori delle stagioni e dei mesi.” Così il Dumezil nella suddetta opera e al capitolo V in una noticina scrive: “Abbiamo scarse indicazioni sui culti romani della luna e del sole in epoca antica. Sol Indiges resta oscuro.”  Noi, sopra, abbiamo riportato dall’opera del Dumezil la seguente notizia:“La gens Aurelia, gli ‘Auselii’, di origine sabina, portava il sole nel proprio nome…" La gens degli Auselii, nell’epoca storica stabilizzata in Sabina col nome di Aurelia, era indubbiamente un frammento delle gentes ausonie che portavano il sole nel proprio nome. Con questa semplice premessa (lasciamo piena libertà a chiunque voglia di considerarla semplicistica) Sol Indiges par non voglia restare tanto oscuro.

   Il verbo latino ingredior, ingredi (in e gradior)entrare in, incominciare, ha un’anteriore forma arcaica indugredior, eris; il verbo impedio (in e pespedis), avviluppare, involgere, avvolgere, ha forma arcaica indupedio, is; il verbo imperoas (in e parare) fu preceduto dall’arcaico induperoas; la parola industria viene dalla particella arcaica indu e struereIndu è forma arcaica della particella ‘in’ (indentro, su, et cetera), genois (part.genitum), generare è forma arcaica di gigno, gignis, genui, genitum, gignere, generare; indigenaae, indigeno, del luogo; indigesetis, indigete (riporta il vocabolario: eroe locale divinizzato dopo la morte e venerato come nume tutelare del paese, divinità arcaica).

   Nel De lingua Latina Varrone così scrive: “Sol, vel quod ita Sabini, vel quod solus ita lucet ut ex eo dies sit.” Sole, o perché così i Sabini, o perché da sé splende e così da solo basta a far giorno. Sol, contrazione di ausel aveva il suo culto nella Sabina da cui proveniva la gente Aurelia, che discendeva dagli Auselii, gli Ausoni, il popolo del sole. Il culto del Sol Indiges aveva quindi origini remote, proveniva da progenitori che avevano coltivato Sol, quel unico che siffatto splende e pertanto da solo basta a far giorno. Magia della lingua latina che in breve tratto di frase ci illumina su un remoto culto ancestrale. Indu genitum, indiges poi, è quel Sole che nel Cielo interiore da sé stesso  genera e rigenera il suo splendore e sorge al giorno della sua stessa luce : il Vir, l’Uomo Sole.  Avo primordiale, colui che nello splendore del suo Cielo interiore concepì tutta una stirpe solare; Capostipite, il Padre di una gens nobile ed eroica. Nell’immensa consapevolezza del Cielo che avvolge la Terra, l’astro fulgente, il Sole, nel giorno che da sé solo genera e rigenera, ne è, nella natura visibile, il possente folgorante simbolo.

   Ma questo è un mistero avvolto nella luce abbagliante della protostoria, negato all’uomo che subisce la storia. I Romani lo immortalarono nel mito di Enea, Indiges Aeneas chiamato anche Iovem Indigetem; mito che essi realizzarono con Romolo, il divino Quirino, fondatore dell’urbe Roma, espressione terrena della Aeternitas.

 

 

Alme Sol, curru nitido diem qui

Promis et celas aliusque et idem

Nasceris, possis nihil urbe Roma

Visere maius.

Orazio