QUIA FRUGES, FLORES ANIMALIAQUE AC MARIA ET TERRAE APERIUNTUR

QUIA FRUGES, FLORES ANIMALIAQUE AC MARIA
ET TERRAE APERIUNTUR
Rustica corda: cuori semplici, animi prudenti, la condizione primordiale dei prischi patrizi latini e italici. Il padre, il pastore (uguale l'etimo: PA), colui che nutre e protegge; colui che provvede al pabulum, cioè al cibo, al nutrimento, al foraggio, non solo nel senso materiale. L'Augure prisco che creava un templum nel cielo, marcando uno spazio con il lituo, onde il passaggio degli uccelli in quel tratto, gl'indicasse se l'azione da intraprendere fosse assennata e quindi gradita agli dei. Doveroso auspicio affinché l'operare dell'uomo non risultasse arbitrario e quindi dannoso. Il lituo, un bastone senza nodi, antichissimo strumento del PAdre PAstore (vi evidenziamo il plagio clericale perpetrato con la complicità di Costantino imperatore!), dall'estremità arcuata con cui afferrare per il collo l'animale senza fargli del male, ed anche necessario strumento mensorio, un'arcaico misuratore. Quello strumento, mosso dal semplice e preciso gesto dell'uomo, realizzava ritmi di vita, il succedersi di misure nello spazio e nel tempo: il qui e ora; rapportava la facoltà di discernimento e il retto agire dell'uomo all'avviso divino. Lo impugnava in età remota Pales Deus (non siamo d'accordo con il Dumézil che vi ravvisa solo un demone etrusco), che incarnando la forza virile del Nume sovraintendeva mirum in modum alla natura tutta, ancor prima che questa divina meravigliosa operosità si trasfondesse equamente nei Padri Patrizi tutti e agisse benefica tra gli uomini. Allora, Palibus Duobus, "sive mas sive femina", sarà il Nume tutelare del bestiame. Qui vogliamo far calare sul Nume antichissimo il profondo mistero del quale deve rimaner circondato. E Pale, la dea, s'affaccia sull'età storica (in questa, sarà il solo collegio degli Auguri, gruppo sacerdotale, ad esser dotato del lituo), Pale la "montana", la "pastoria", che aiutata da Giunone a proteggere il bestiame, stornava pure l'assalto delle fiere ricevendo culto da parte degli allevatori (quelli dediti al solo allevamento del bestiame):
Tu, dea, pro nobis fontes fontanaque placa
numina, tu sparsos per nemus omne deos.
(...)
Pelle procul morbos; valeant hominesque gregesque,
et valeant vigiles, provida turba, canes.
Neve minus multos redigam, quam mane fuerunt,
neve gemam referens vellera rapta lupo.
absit iniqua fames: herbae frondesque supersint,
quaeque lavent artus quaeque bibantur aquae.
Ubera plena premam, referat mihi caseus aera,
dentque viam liquido vimina rara sero.
sitque salax aries, conceptaque semina coniunx
reddat, et in stabulo multa sit agna meo.
Lanaque proveniat nullas laesura puellas,
mollis et ad teneras quamlibet apta manus.
Quae precor eveniant, et nos faciemus ad annum
pastorum dominae grandia liba Pali.
Ovidio, I Fasti, IV
Nell'anno 267 di Roma, il console Marco Attilio Regolo consacra a Pale un tempio per assicurarsi la Vittoria nella battaglia contro i Salentini: In hoc certamine victoriae pretium templum sibi pastoria Pales ultro poposcit (Pale, la dea dei pastori, richiese un tempio in suo onore quale prezzo della Vittoria). Ebbene, siamo lontanissimi dal tempo di Pales Deus, siamo nei tempi cittadini, in uno spazio limitato da mura. Pale, dea del Limes, indicava ora tutto ciò che fosse delimitato da confini e quindi le era consacrato il paletto che s'infiggeva sul confine. A questo punto dobbiamo osservare che il confine riguardava prevalentemente i campi. Qui ci si configura una società agricola, anch'essa formata da rustica corda -richiamiamo l'ottimo e parco Catone autore del De Agricoltura-, che però non appartiene a quella condizione che abbiamo chiamato primordiale e raffigurata in Pales Deus e nel Pater Patricius. Ci compare davanti l'ager cultor, colui che deve compiere uno sforzo, una fatica, il colere, il coltivare, il curare la terra osservando culti e prescrizioni; religiosa colere, colere deos, proprio della terza funzione, per adempiere l'honos e partecipare quindi all'ordine cosmico. Nel periodo storico dell'urbanizzazione le attività poi si confondono e si crea una società mista agro-pastorale. Pale ne sarà la deità di riferimento, la custode, la protettrice. Ancora le Parilia, da parere-partorire, serbano tratti d'antica festività, ma ormai alludono a tutto un complesso di manifestazioni produttrici della natura con l'intervento sofferto dell'opera dell'uomo.
I Patrizi hanno fondato l'Urbe e nell'Urbe si è riversato l'allevatore, l'ager cultor, l'artigiano e con essi le connesse attività mercantili; si forma e si aduna la plebe. Il tipo dell'allevatore-mercante e l'ager cultor sdradicato dall'ambiente rurale daranno vita alla plebe cittadina, al tipo plebeo che tende ad aggregarsi; plebs/grex. Con uno sforzo sovrumano il patriziato tenta di assicurare Pale al Palatium e di serbarla al culto patrizio, celebrando pur nel tempio di Vesta nozze sacre tra la dea del focolare e il dio Pales, mas non più femina, onde garantire il pabulum, il nutrimento celeste e quello terrestre. Ma la plebe, che aveva i suoi luoghi di culto sull'Aventino, cominciò sempre più a considerare e a colere Pales quale dea lunare dei campi e dei pastori allevatori e produttori; nell'aspetto maschile, poi, assimilandola a Priapo. Inurbamento! Sincretismi... referat mihi caseus aera... sitque salax aries...
E se c'è Concordia ancora tutto va bene, purché il Patrizio travolto dalla cupidigia non abusi del potere, e il Plebeo per prevalere ingiustamente scateni la rivolta. Oggidì, età di trionfante plebeismo, assenti gli antichi patrizi, tocca a noi squarciare il cielo con il fatidico lituo per attirare sulla terra l'antichissimo, sempre circunfuso di mistero, Pales Deus, il Primo Pater Patricius, onde faccia tornare frugum pabulique laetus ager.
Dall'anno 121 di Roma nella data delle Parilie, 21 aprile, si iniziò a festeggiare anche il giorno fatale della fondazione dell'Urbe.
(cfr la nostra pagina: 21 Aprile - Quanto il romano valore valga più della morte!).