VERBI PARCIMUS
V E R B I P A R C I M U S
Vogliamo rassicurare i nostri amici e i nostri visitatori conosciuti e sconosciuti che non siamo implicati né partecipiamo in alcun modo a movimentismi o ad “azionismi” in qualsiasi temperie politico-culturale si manifestino. Con ciò non critichiamo nulla e nessuno. Ci troviamo in un periodo di cambiamento e nel fermento che lo caratterizza si può presentire di tutto; in tanta agitazione e subbuglio può riscontrarsi mistificazione, deformazione, menzogna; infine disorientamento, ma anche buoni propositi e rette intenzioni. C’è anche il lavoro di ottimi intellettuali dalla mente libera, che conduce oggi all’acquisizione di conoscenze rimaste celate per secoli; il lavoro rigoroso di benemeriti filologi, archeologi, etnologi. D’altro canto, alligna un fantasticare febbricitante suscitato dal desiderio di uscire dal pantano del democratismo e della religiosità devozionale, luoghi in cui ormai l’animo umano soffre di una permanente prigionia. Mentre le masse sempre più intristiscono per l’ottundimento determinato dai micidiali mass-media, gruppi numerosi di insoddisfatti tentano la sortita. Questi tentativi di evasione sono pur legittimi, a volte anche apprezzabili, ma trappole innumerevoli sono disseminate lungo i percorsi (ricordatevi del Disgregatore) e gli sprovveduti e i precipitosi vi cascano. Il Disgregatore fa credere loro che “stanno realizzando” liberamente il loro sogno, in effetti è solo l’agitarsi insensato del loro “io” allo sbando. Si scatena così un demonismo-demoniaco, e il tutto è falsato ed avvolto in fatui bagliori psichedelici. Novelli bacchettoni, zelatori di virulenti “neopaganesimi”, imperversano. Per fortuna si fan conoscere, qua e là, anche persone dal tratto severo, dalla parola accorta e dalla penna attenta. È tempo di cambiamento, il tempo labile della gente che ha fretta, che vuole fare in fretta, dell’andare precipitosamente.
Verbi parcimus, animos componimus; tacitam etiam mentem nostram custodimus. Riportatevi, amici, alla saggia massima del nobile Quintiliano, che a sua volta si riconduceva con la mente al costume dei suoi, vostri antenati. Diffidate di coloro che vendono i discorsi sugli dei (detto in senso lato), sulle perle e sui fiori…come gli erbivendoli al mercato le ortaglie. Ma ciò riserviamo ad altra occasione.
Siamo convinti di avervi rassicurati a sufficienza, e noi pure ci riteniamo al sicuro. Quando abbiamo discorso di azione, dell’agire, dell’operare, non abbiamo mai inteso parlare dell’azione fine a sé stessa, che è mero fatto cerebrale, né del bel gesto, che è mero fatto estetico; ma di quel principio virile, Virtus, che reca in sé innata la capacità di fare e operare secondo giustizia, validi quindi gli atti, provenienti da un agire con potenza originaria (potis esse). Azione che è altresi ratio, cioè coscienza e scienza, consiglio divino, che proviene dalla interiorità (cielo ritrovato); azione che è arte, maestria dell’adetto, che la unisce, la lega alla giusta maniera di procedere, vincolandola alla volontà divina. Perché essa si esplichi, occorre il concepire senza macchia, l’irruzione del trascendente la storicità fisica, la provvida Minerva che opera con preveggenza e saggezza, la potenza di Neria. E qui ci parli il Padre Marte, il buon Agricoltore, e ci narri della potenza del seme che si risveglia dal sonno, spacca il duro tegumento in cui era ravvolto, spacca il suolo indurito dal gelo dell’inverno e sporge il tenero germoglio al raggio del sole; e ci narri ancora della possanza dell’albero, che prima fu tenero germoglio e di come esso, per virtù di profonde, robuste radici, oggi si distende in tutta la sua magnificenza nella luce solare. Nel qui ed ora! Ci narri infine, il Padre buono e vigoroso, come attraverso millenni e millenni, da germoglio a germoglio, quell’albero oggi ancora respira e raccoglie sulle sue fronde le piogge, le nevi e la luce solare. Nel qui ed ora!
La vita dell’uomo sulla Terra è lotta, combattimento. Lotta e combattimento perché dall’infero bimbo, il germoglio, si forgi il giovine e poi l’adulto e il padre valente, che possa essere e dimostrarsi, nel rispetto della condizione terrestre, accetto agli Dei Patri, perché sui compos, padrone sovrano di sé stesso (potis sum) e come tale artefice del suo destino; quindi non sottomesso agli eventi, ma in grado di provvedervi, di dirigerli. A questo tendeva il Romano, quello che custodiva in sé la Virtù prisca, l’adetto di tale Virtù. L’improvvido è un inetto, incapace di azione valida. La sconsideratezza, l’avventatezza è propria degli sprovveduti, posseduti da agitazione cieca, senza direzione e norma; agitazione vuota di coscienza e non retta da volontà intelligente, scatenata malauguratamente da un automatismo demonico-materialista, privo di luce spirituale. A tanto non si sottraggono i falsi bagliori di certo crepuscolarismo evocante storie, mondi e tempi tramontati. Tutto fluisce, tutto viene e va. Tutto sottostà alla legge inesorabile del mutamento.
Domani, 14 marzo, nell’antica Roma si ripetevano, in prossimità dell’equinozio, le Equirrie, le corse dei cavalli in onore del Padre Marte.
Ancora più alto, nel sommo cielo, il Carro del Sole!…Nel solare tripudio l’Uomo si predispone all’Azione, al cimento…
E noi, alla buona, cari amici, abbiamo conversato con voi della
Azione del Sole
