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L'ALBERO BIANCO

                         

 

 

 

L’ALBERO BIANCO

 

 

Qui ho colto il fascino

delle selve ove l’alba

gemma dalle rame della betulla.

O bianchezza della betulla,

o meravigliosa bianchezza,

quale incanto ti eterna?

Luminoso un ricordo

nella candida selva  aleggia

tra le bianche betulle!

 

Qui le favolose immagini

 tralucon di mitiche ninfe

tra i drappeggi dell’albereta

mossi da un vento lieve.

La betulla, la bianca

fata delle inviolate nevi,

è la loro regina.

Svagati sostano gli gnomi

sul ciglione del lago,

sulla berretta in mostra

i lepidi fregetti.

Nitidi cristalli,

sottili ghiaccioli

sfavillan tremuli.

                                     E le rive, emergendo                                      

da nevicate immense,

ancora ricordano

 le primeve stagioni…

Giorni remoti, lunghe notti

a confligger col duro gelo!

 

Sotto il velo nevoso

e sull’ acque incantate

le betulle sollevano alti

quegl’ albeggianti  rami.

Con lo slancio dei nivei tronchi

tendono al ciel  terso le foglie,

intrecciano sognanti dita.

Pur bianchissime intanto

nubi migrano, nel vento

vaporanti tuniche!

Nel silenzio profuso

le vergini sollecitano

la bianca errante dea

ed essa, nella tenue luce,

alto sull’orizzonte sfoggia

il novello falcato emblema.

Stupore!... Non d’ ombra l’insospettir,

già che le betulle pudiche

versan nei crepuscoli

un conturbante albore.

Valicano così quell’ incerto limite.

Dispaiono! Oh! dove?...

Quale incanto attrae nell’alba

lunare le bianche betulle?

 

Quando graffiante il vento 

lacera le argentee vesti,

dall’eburnea ferita

limpida linfa sgorga.

La sua virtù lustrale

esalta la terra… Ecco 

fiori d’insolita specie,

nascosta agli occhi degli uomini,

germogliare ai piedi delle betulle!

Le ninfe adunano quei fiori,

splende d’incanto la visione 

che risveglia il carme veridico. 

 

  *        *        *

 

Chi ha mai visto lungo

le sponde del placido lago

abbeverarsi la greggia?

Capita, pur se di rado, quando

il pastore di folta barba e canuto

stacca con gesto solenne

l’eburnea verga. Già

ne ha formato un fascio,

lo poggia sull’omero nudo.

Chi è quel silenzioso?

Nel volto rude balena

assorto il pensiero, severo!

S’allontana così,

nell’ora antelucana, reggendo

con passo sicuro

il prezioso fastello.

 

Dicono che lucente,

lucente come la bianca betulla

e diritta, senza nodi, con figura

slanciata di vergine, chiara,

virtuosa come la limpida sua linfa,

impassibile, austera, intoccabile

come la signora delle nevi,

accorta e severa, di barba canuta,

sia la Giustizia, arcana dea,

l’antico tra i numi!