UA-183009551-1

CHIMERE

                        

 

C H I M E R E

 

Idra, poi partorí Chimera, che fuoco spirava,

Che immane era, tremenda, veloce nei piedi, gagliarda.

Essa tre teste aveva: la prima di fiero leone,

L’altra di capra, la terza di serpe, d’orribile drago.

Bellerofonte prode con Pègaso morte le diede.

 

Esiodo (trad. E. Romagnoli)

 

 

   (ANSA) - ROMA, 19 FEB 2018 - Per la prima volta è stato creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10.000 è umana. Un anno fa circa era stato realizzato un embrione di uomo e maiale dallo stesso gruppo di ricerca, dove le cellule umane erano una su 100.000. L'annuncio arriva dagli scienziati dell'università della California Davis al meeting della American Association for the Advancement of Science di Austin, in Texas. L'ibrido, spiegano i ricercatori, è un passo verso la possibilità di far crescere organi umani negli animali.

“Per la prima volta sono stati creati in laboratorio embrioni ibridi uomo-pecora, delle cosiddette “chimere interspecie” che potrebbero rivoluzionare il campo del trapianto d'organi. L'obiettivo degli scienziati, infatti, è quello di creare animali nei quali crescano organi compatibili con gli esseri umani, da sacrificare all'occorrenza per abbattere le liste d'attesa dei trapianti. Gli autori della controversa ricerca, un team composto da studiosi dell'Università della California di Davis e dell'Università di Stanford, hanno collaborato con gli scienziati del Salk Institute di Baltimora che nel 2017 crearono i primi ibridi uomo-maiale. In questo caso, tuttavia, è stato fatto un notevole passo avanti, introducendo nelle chimere un numero sensibilmente superiore di cellule staminali umane. Se nei maiali il rapporto era infatti di una cellula ogni 100mila di maiale, con le pecore si è passato a una ogni 10mila.” (Fanpage.it SCIENZE)

 

   Su queste notizie non intendiamo esprimerci, vogliamo lasciare integralmente ai lettori il giudizio. Notizie inquietanti che i nostri lettori di sicuro non prenderanno per semplici stravaganze, ma comunque invitiamo i più sensibili a non lasciarsi opprimer l’animo dall’angoscia. Guardatevi attorno, anche con melanconia, se inclinate: quanti uomini-pecora e quanti uomini-porci belano, frignano e grufolano rovistando in giro nell’immondezzaio della modernità? Quanti umani abbrutiti! Non sarà quindi una novità quella sopra annunciata. Da parte nostra abbiamo solamente voluto premettere al pedestre comunicato l’antichissimo mito di Chimera, lasciando sempre al lettore d’immaginare analogie o corrispondenze tra il mito antico e le moderne chimere, semmai fossero rintracciabili. A tal fine, aggiungiamo al racconto esiodeo riportato, soltanto il particolare dell’uccisione della Chimera. Bellerofonte saltò in groppa a Pegaso, il cavallo alato nato dal terreno bagnato dal sangue versato allorché Perseo tagliò il collo di Medusa e a lui donato da Atena. Salito in alto scagliò nella gola, che fuoco spirava, la sua lancia dalla cuspide di piombo; la cuspide si fuse occludendo la gola del mostro, che ne rimase ucciso.

 

   (ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 19 FEB 2018 - Papa Francesco ha deciso di 'commissariare' la diocesi di Ahiara, in Nigeria, inviando un Amministratore Apostolico. Da anni la diocesi è al centro di una questione forse senza precedenti: la mancata accettazione, da parte delle persone della diocesi, del vescovo nominato nel 2012 da Papa Benedetto XVI, per ragioni etniche. Papa Francesco era già intervenuto sulla questione, a giugno dello scorso anno, richiamando laici e sacerdoti sul loro comportamento e chiedendo "totale obbedienza al Papa". Oggi si scrive un nuovo capitolo: "Il Santo Padre Francesco - riferisce la sala stampa vaticana - ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ahiara, presentata da mons. Peter Ebere Okpaleke, e al al tempo stesso ha nominato Amministratore Apostolico della medesima diocesi mons. Lucius Iwejuru Ugorji". Mons. Okpaleke è il vescovo che non era stato accettato dai suoi fedeli perché appartenente all’ etnia Igbo e non all'etnia Mbaise maggioritaria nella diocesi di Ahiara.

 

   La situazione risale quindi al 2012; allo stato la sede diocesana è vacante ed i preti, nonostante la minaccia papale della sospensione a divinis, continuano ad appoggiare le istanze, gli interessi e i rancori etnici dei “fedeli”. Notate, affabili lettori: l’etnia nigeriana Mbaise in quel di Ahiara è per il 90% cristiano- cattolica ed altresì cristiana è la maggioranza dell’etnia nigeriana Igbo (490.000 battezzati su circa 635.000 abitanti la diocesi). Il fatto riportato dall’ANSA è un significativo esempio di virtuosa pratica religiosa e di fraternità cristiana in terra d’Africa, nonché indicativo dei modelli di occidentalizzazione, nel caso modelli culturali anglicizzanti, inculcati in quelle popolazioni, che hanno il broken english, un inglese molto africanizzato, come lingua ufficiale comune. Non è una trascurabile inezia né manca di lasciar tracce l’imposizione in massa di una lingua straniera su un’intera popolazione, distogliendola dall’uso del linguaggio avito, strappandola dalle proprie ataviche costumanze. Nel corpo umano, tra gli organi destinati a compiere una determinata funzione, c’è l’apparato di fonazione; gli uomini parlano, discutono, battibeccano, cantano, ma ignorano quanto è complesso il processo fisiologico attraverso il quale produciamo i suoni vocalici. Suoni vocalici e linguaggi e canti cui siamo allenati e adusi perfino da millenni e millenni. Vi sono coinvolti, oltre le corde vocali, l’apparato respiratorio, quello fonatorio, e ancora il sistema nervoso che regge e regola l’armonia funzionale degli arti motori e poi l’intero apparato uditivo. Una volta fatta e vagliata questa riflessione, è facilmente intuibile lo scombussolamento che si produce nelle masse e il malessere interiore che coglie gli individui che fan parte di quell’insieme, con la modificazione irreversibile dell’esperienza di sé e del mondo che l’accompagna, una volta allontanate con uno strappo – lacerazione – dalla genuinità delle origini, dalla loro anima autentica. Tutto questo poi va segnatamente preso in seria considerazione per quelle genti d’Africa, nel caso trattato popolazioni stabilite da remota epoca sotto la barriera del deserto sahariano, che ritengono, tra le altre cose, la parola e il linguaggio e i suoni e i canti sostanziati da forze non a base materiale ma magiche, per cui l’uomo e la parola e il canto formano un inscindibile tutto. Un ancestrale, ingenito, connaturato tutto.

Vien poi da riflettere, anche per stare nel tema, sulle implicazioni di carattere psicologico e sociale che han comportato le conversioni in massa alla religione dei colonizzatori europei, il cristianesimo nelle varie storiche lezioni, cattolica, protestante luterana, calvinista, anglicana etc., provenienti da così lontane latitudini ed avulse dal loro contesto cultuale, storico e ambientale. È pur vero che in molti paesi d’Africa circa settecento anni avanti vi avevano portato gli Arabi la loro fede islamica ottenendone in contraccambio masse di schiavi per un fiorente mercato e ricavandone grandi ricchezze in oro, avori e derrate alimentari. Pare che l’islam non intaccasse però le antiche strutture tribali né il posto preminente che vi aveva il culto degli antenati. Posto preminente, infatti trattando della maggioranza delle popolazioni africane, così Mircea Eliade: “Il grande Dio celeste, l’Essere supremo, creatore e onnipotente, rappresenta soltanto una parte insignificante nella vita religiosa della tribù. È troppo lontano o troppo buono per aver bisogno d’un culto vero e proprio, e lo si invoca soltanto in casi estremi. Così, per esempio, i Yoruba della Costa degli Schiavi credono in un dio celeste di nome Olorun (letteralmente «proprietario del cielo») che, dopo aver principiato la creazione del mondo, incaricò un dio inferiore, Obatala, di condurlo a termine e governarlo. Quanto a Olorun, abbandonò definitivamente gli affari terrestri e umani, e questo dio non ha templi né statue né sacerdoti. Non di meno è invocato, come ultimo scampo, nelle calamità”. Più avanti Eliade cita, tra l’altre, alcune “popolazioni della prateria dell’Africa equatoriale, i Fang” che “riassumono la loro filosofia religiosa in questa canzone:

 

«Nzame (Dio) è in alto, l’uomo è in basso.

Dio è Dio, l’uomo è l’uomo.

Ciascuno da sé, ciascuno in casa sua».

 

   Nzame non riceve culto e i Fang si rivolgono a lui soltanto per domandare la pioggia”. Insomma la maggioranza delle popolazioni africane credono in un dio uranico ma “molto lontano è inaccessibile agli uomini; la loro vita religiosa è accaparrata dal timore e dal culto degli spiriti, e perfino per avere la pioggia si rivolgono agli antenati”. E lo studioso pertanto ritiene di poter così esplicitare: “In realtà gli Esseri celesti supremi non rappresentano mai una parte di primo piano nella religiosità primitiva”. In essa predominano forme di totemismo, di polidemonismo, di feticismo, di credenze nel mana e soprattutto di animismo, la forma più elevata e complessa. Trattando delle ierofanie cultuali, Mircea Eliade così conclude: “I primitivi non mancano di concetti su valori religiosi più alti (come esseri superiori-celesti, ecc.) ma storicamente si attengono nel culto (e nell’operatività) a quelli di livello più basso (più alla loro portata). Il che indica uno stato di decadenza”. Per decadenza qui vuole intendersi una involuzione, uno scadimento spirituale che comporta il disconoscimento della trascendenza, degli stati di soprannaturalità, e la totale sottomissione ad una immanenza meramente naturalistica nel cui ambito l’uomo resta limitato, destino condiviso anche dagli stessi antenati. Di certo tal decadenza è un male dell’anima e va curata. Noi non sappiamo se all’interno di quelle Tribù ci fossero persone operanti in tal senso e intese con responsabile coscienza a ritrovare la strada che conduce agli Esseri supremi uranici a cui nessun culto veniva più rivolto, perché residuavano solo come “vago ricordo, più che una forza attiva”, o forse sciamani, sacerdoti e saggi capi operassero nel solo intento di arrestare quella decadenza onde evitare ulteriore declino.

   Declino spirituale da cui si può venir fuori solo con una energica spinta dall’ interno e con la riconquista, indubbiamente faticosa, di una virtù che susciti una nuova realtà chiarificatrice in grado di ricongiungere l’uomo alle potenze uraniche. Sostituire una latria ad un’altra, infatti, non è risultato un rimedio opportuno, così come il passaggio dei sistemi tribali africi, con le loro limitate ma assennate costumanze, a Stati nazionali democratici; processo imposto dall’arroganza della cosiddetta Civiltà occidentale e con l’aggiunta dei sofisticati armamenti, ultramoderni mitra e lanciafiamme, al posto dell’africa barbara zagaglia. L’imposizione di Stati democratici nazionali (qual disegno disonesto, qual soperchieria!) simili a quelli sorti dal decadimento dello spirito europeo per la nefasta spinta ideologica delle rivoluzioni americana e francese. Una tragica storia di rivoluzionarismi che per nulla avrebbe dovuto interessare la fascia tropicale terrestre, i suoi abitanti e le laboriose tribù nere che ignoravano del tutto i tanti signori Guillotin, tutti pietisti e gesuitici nonché venerabili laureati in medicina. Questi accadimenti segnarono la fine delle culture indigene e lo sradicamento completo dalle loro usanze e consuetudini millenarie.

   Quando oggi si parla di tribalismo africano non ci si riferisce più alle vecchie Tribù o ai loro vasti aggregati che potevano addirittura comporsi in monarchie o stati retti da capi valenti con i loro consigli di anziani. Oggi, da quando hanno trafficato in quei luoghi i rappresentanti della modernità e del progresso, nonché essi stessi mercanti d’armi ed esportatori di paciosi sistemi democratici, il tribalismo è tutt’altra cosa.

Il Disgregatore non demorde, posa su tutto il suo occhio malestruo, è dappertutto e fa profitto di tutto e lascia lavorare, lui viaggiatore in incognito, gli altri ai suoi piani predatori; purché tutto progredisca inavvertito, è molto compiaciuto se vede aumentare sempre più il numero di coloro che s’interessano alle sue depredazioni, all’arte sua astuta di fomentare continui contrasti e discordie, e che quotidianamente s’affannano a incrementarle: la moltitudine degli imbelli e dei somari! Il Disgregatore mette tutto il suo impegno ad escogitare raffinate tecniche per animalizzare l’umano, per farne una chimera interspecie ed è davvero contento allorquando la vittima collabora.

   Le potenze colonizzatrici, the colonizers o les colonisateurs, nell’intento di svolgere la loro azione con spirito eminentemente filantropico vollero dare una bella ripulita a quei selvaggi, soprattutto per sottrarli ad un inconcludente tribalismo e farne in processo di tempo dei cristiano-democratici di tempra inossidabile. E infine quel progresso si realizzò e, quando i colonizers dovettero mollare le colonie, le grandi lobby degli affaristi mondiali compiaciute trovarono tante democratic nations con dirigenti in doppiopetto lusingati di viaggiare in business class da navigati businessman…Era passato il tempo del mercatino delle banane e delle patate dolci! Succedeva l’epoca del “tribalismo dei nuovi stati africani”, cosiddetto.

   Quando sei nel business devi badare al suo buon andamento per trarne quanta più utilità e vantaggio, devi tuffarti nel guadagno, devi inseguirlo perché cresca, cresca sempre più… E allora dell’interesse della tua Nazione te ne freghi, del benessere comune ti disinteressi, prevale il tornaconto individuale, badi ai tuoi fatti esclusivi; e, dovunque, sugli interessi generali vorranno sempre affermarsi quelli particolaristici di questo e quell’altro gruppo, e gl’interessi regionalisti pure, nonché quelli d’un’etnia a danno d’un’altra. Questo l’odierno tribalismo! Ma è solo caratteristico e particolare dei nuovi stati africani? Ovvero un agente patogeno infestante, con scaltra perizia mosso dal Disgregatore? L’antica barriera sahariana è venuta meno da tempo; ma qual porta è stata aperta in Africa? Su quale abisso d’oscurità?

Gli Igbo, oggi in gran parte cristianizzati, ai tempi dell’avito tribalismo nella loro mitologia avevano la dea Ahia Njoku; le tribù riunite la festeggiavano nel giorno della luna piena e le offrivano patate dolci per propiziare un buon raccolto. Un culto semplice e naturale di brava gente dedita all’agricoltura.

   In gran maggioranza, gli Igbo con l’aggiunta di altri piccoli gruppi, tutti afflitti da un senso di emarginazione causato dalle forti tensioni etniche, economiche e religiose tra le popolazioni nigeriane, si staccarono dalla Nigeria e proclamarono una Repubblica secessionista a sud, il Biafra, che durò per un breve periodo, dal maggio 1967 al gennaio 1970. Dopo una guerra in cui perirono circa un milione di africani, il Biafra fu sconfitto e cessò di essere. Recentemente nel 2011 e nel 2012, causati dall’odio etnico e dalle rivalità politiche e religiose, ci sono stati attentati e stragi contro queste popolazioni, con centinaia di morti e feriti, da parte dei Jihadisti di Boko Haram. La Repubblica Federale della Nigeria è la più popolosa del continente africano, ha una economia in forte crescita, notevoli risorse minerarie e una prospera produzione agricola. Oltre il 50% praticano l’islamismo, mentre il cristianesimo è praticato da circa il 48%, da distribuire tra le varie osservanze, di esso quasi il 25% sono cattolici. Nella nota dell’ANSA sopra riportata abbiamo visto come è salda la fraternità cattolica e quanto bene si vogliono i correligionari Igbo e Mbaise.

   C’è una piccola minoranza nigeriana, 1,4% della popolazione, che è rimasta legata alle pratiche animiste ed ancora unanime festeggia la feconda e benefica sapienza del plenilunio, la dea Ahia Njoku.

 

   Stavamo per scordare; le cose brutte si tende a rimuoverle dalla mente, ma dall’odierno tribalismo non possiamo escludere la potente classe della Mafia nigeriana; questa ormai moltiplica le sue branche su tutto il territorio italiano promuovendo il suo business nel campo della prostituzione e della droga. Nefandità sotto cui si rintana ancor più abominando scopo. Nel precedente scritto, La zifra d’ombra, abbiamo accennato ai tragici terribili fatti di Macerata. Accadimenti poco e superficialmente esaminati, per i più scomodi da affrontare e pertanto coperti dal frastuono d’una incosciente retorica. Di tanta incoscienza sappiate che c’è chi si giova! E costui ha messo appunto anche quest’arma, una sorta di micidiale shrapnel a pallette non di piombo ma d’odio tribale disumanante. Il gentile lettore, volendo, può tornare a quella lettura e

mentalmente inserirla tra queste righe; capirà perché, muovendo dai comunicati dell’ANSA del 19 febbraio, abbiamo pensato di aggiungere ancora queste note. E il tutto osservando i fatti, alcuni possono sembrare remoti nel tempo e nello spazio, nell’ unico contesto possibile, leggendo appunto in questo tessuto storico confuso e inconcludente, che si sdipana e poi si raggomitola e ancor torna a sdipanarsi in grovigli e intrecciamenti. Una perfidia senza fine.

   In questi giorni, con i fatti di Macerata, abbiamo constatato che il moderno “tribalismo dei nuovi stati africani”, covante odio e ingiustificate avversioni, non travaglia solo l’Africa, ma ha preso a stendere la sua ombra sinistra da un capo all’altro d’Italia e ha trovato i suoi capi subalterni anche qui e nelle stesse istituzioni.

   Fascismo-Antifascismo: un’ossessione lemurica o una chimera interspecie anch’esso? Una protesi tribale per un sistema ormai monco? Una rozza, demenziale diatriba tra aspiranti negromanti? Oddio, quanto blaterano questi sottocapi tribali! E peggio, queste tribadi tribali! Chi ha scatenato questo astio esecrando, questo ripugnante livore? Un primitivo demonismo provocato dagli “innovativi” costumi sub-tribali (il nuovo stile di vita invocato da qualche acidiccia pitonessa) e dalle mode yankee; prevalentemente contagiati gl’italioti, qui, sul nostro suolo, purtroppo! Scongiuriamo questa ottusità che tenta di spegnere il mondo nella decadenza spirituale. Non è tempo di cedimenti, di acquiescenza, di rinunce. Battiamoci! Mettiamo tutto il nostro impegno, affinché questo male non contagi le genti d’Italia. Iuppiter hac stat! Lo spirito divino, l’aquila di Giove è con noi.

 

 

Presso al levare d’un glorioso sole,

L’alto volo dell’aquila romana

La terra chiama alla vision del nume.

Nel vorticar della ridesta mente

Vedo avanzare la tribù dei forti.

 

O Suprema Virtù, riunisci il mondo

Nello spirto guerrier che il dritto impone!

 

 

   Fratelli d’Italia, ci siete? Pochi o molti, riunitevi! Urge! Nessuno può pentirsi della vita che ha già vissuto e ambire a riviverla dall’inizio. L’inizio coincide con la volontà di chi decide di vincolarsi ad una causa giusta. Non c’è al mondo causa più giusta di quella d’affrancarsi dalla menzogna, di lottare per sconfiggere il maligno falsario, colui che corrompe la sostanza delle cose, ne altera la vera natura e con essa deturpa la bellezza del mondo per impedire all’uomo, invischiandolo nei bassifondi del materialismo, la diritta via dell’evoluzione spirituale.

Fratelli d’Italia, fate che la vostra vita non sia una veglia effimera; volgiamoci alla giusta conclusione, sia nostro scopo guidare il mondo alla bellezza, il bello e il buono concordano, per educarlo e sublimarlo alla nobiltà, e quindi alla gloria dello spirito. Nobiltà e verità, una sintesi!

Fratelli d’Italia, riunitevi! Il vostro è un vincolo antico. Riunitevi in concordia! Languiscano nella vergogna i cattivi e i discordi! Una repubblica tribale, divisa, guastata dall’ipocrisia, è destinata a perire.

   Fratelli d’Italia, riunitevi in una salda e sodale Monarchia Universa! La dantesca Monarchia Universa, la Monarchia dove ha il suo regno

 

l’amor che move il sole e l’altre stelle.

 

 

*   *   *

 

VIRTUS EXTOLLIT HOMINEM,

ET SUPERIOREM MORTALIBUS COLLOCAT.

-Seneca-

 

 

   Venite fuori dalla finzione! Troppo a lungo avete vissuto nella finzione. Finzione tutta tinta di fuco, che macchia la vostra storia di falsità, di ipocrisia; una finzione che vi degrada, che umilia i vostri figli e stranieri farà nipoti e pronipoti.

   Venite fuori dal lungo servaggio! Dall’infingardire che vi ha invigliacchiti! Avete un nemico dentro di voi.  Questo nemico vi ha asserviti e, depauperati, di continuo vi logora.  Svegliatevi! Debellate il nemico, venite fuori dal lungo servaggio!

 

 

Alacre e fervida e vigile

La fiamma arde. Tempo è di osare!

Ardore ed ardimento

Vi conducano ai padri,

Alla corale visione dell’ardua

 Intemerata virtù.

Riaffermate le patrie costumanze,

  Celebrate gli Eroi della stirpe,

Ché ferma e forte fu la loro fede,

Tornate al patrio focolare! Osate!

Tornate ai patri Lari,

Oh, mirate la buona, bella fiamma!

 

 Amor di verità, lealtà, coraggio,

Nello spirto degli avi addentrandovi

Reggerete l'empito antico;

Risplenderà tra i bronzei alari

 L’antica fiamma, 

Di virile audacia il segno sarà.

 

Occhi amorosi, orecchie attente  

Già vedono ed ascoltano

 

Salir canti e splendor dal focolare,

 Sacra la fiamma, nobile è il canto;

Pura la mente, da servaggio immune

L’anima, ardita e franca,

  Di cuori fraterni salda adunanza.

 

 O Italici, o cuori sovrani,

Al levare del sole alzatevi a volo!