A R C H I V I O

 

 

 

INDICE

 

RITORNO – AUTUNNO – NOVEMBRE – OSCILLA – L’IMMAGINE – PRESAGI – LA SELCE ARCANA – IPERICON – SOLE D’AUTUNNO – FIORITA DI MAGGIO – MISTICA FLOREALE – IL TRICOLORE D’OTTOBRE – SOLSTIZIO D’INVERNO – NOVO VERE – NEL SOLSTIZIO D’ESTATE–  AUTUNNO–  INVERNO–  

 

 

 

 

 

  R I T O R N O

 

   Il flemmatico passo

d’un gabbiano solivago

visita la città; l’ala, che rade

i soleggiati tetti

delle case rideste!

Ala che vien da laggiù, oltre i campi,

dalle vicine apriche

spiagge del ventoso Tirreno.

Uno stormo di rondini

in voli spensierati

garrisce sonoro e trascina

nel solco cilestro della primavera

le fronde restie dell’alloro,

i gerani ancor graffiati d’inverno

ed il trifoglio prataiolo

nei vasi di rosso fioriti...

 

  Vi s’accosta il profumo

del fior d’arancio...

 

  

AUTUNNO

 

Ottobre, e l’ultime cicale!

Sulle rame

d’un faggio al sole

scaldano il canto,

che il soffio ombroso

degli autunni accheta. 

 

 

NOVEMBRE

  

La pioggia di novembre

attrista l’uccelletto

che ancora ardisce il canto

dalle fronde del platano

asperse d’oro caduco.

Marciscono nell’atrio d’ombra

i petali delle rose.

Novembre smorza i colori,

disperde i gorgheggi,

aduna le nubi.

 

Sgambetta garrulo

quel drappello di bimbi

che avventuroso porge

i visi accesi alla pioggia,

poi scalpiccia chiassoso le pozze.

 

 

O S C I L L A

 

   Mascherine nel vento,

mascherine oscillanti,

giuochi di fronde mosse?...

Siete grugni di fiere,

o profili grifagni

di falchi, di sparvieri?

Profili minacciosi

d’antichi condottieri?

Siete maschere tragiche,

oppur sagome buffe?

 

   Orridi mostri finge

oscillando quel ramo;

siete voi ceffi od ombre?

 

   Ed ora scudi ed elmi

e volti di malnati

e ironici sorrisi…

Bautte sono, emblemi

o ninnoli pendenti?

Il vento! E ancora il vento...

 

   Voci oggi di sibille

nel bosco errando vanno?

Sono pallide voci,

voci solo di foglie!

 

   Venga, a noi si presenti,

evocato dall’Orco,

il buon divinatore!

Su, dall’età più antica

rendetecelo voi,

o maschere del vento!

Riconducete a noi

il sagace indovino,

cui l’accecante sfarzo

del mondo più non cale.

Venga e ci legga i fati

sulle foglie virenti,

sui magici ninnoli

oscillanti nell’aria!

 

   Ed or son questi or quelli

Il vento aduna, e scioglie.

 

 

 l' Immagine che torna...

 

 

  Sbocciò il narcisso

tra le ghiove erbose

al soffio grato

della primavera!

 

   Come il narcisso

anche l’uscio s’è schiuso;

cupido il vano accoglie,

via via che l’ombra arretra,

i raggi del sole!

 

   E tu, china

sulla rorida zolla,

per qual ansia improvvisa

poni domande al fiore?

 

* 

   Eluso di limoso fondale,

gora d’acque incantate,

il lusinghiero addescamento

pei viscosi risucchi,

da gorghi squillanti di verde,

che di nodi cangianti

incingono le sorgive Naiadi,

l’Immagine riaffiora,

rinvenendo dall’oblioso

stupore onde sfiorì.

Trasognata, ondivaga,

l'albeggiante corolla or si ridesta,

 Immagin Druda

sulle ripe della primavera.

 

* 

Il ronzo d’oro

d’un danzante sciame

interroga a sua volta

il niveo fiore.

 

 

S'infiora l'ape e inventa il miele;

non struggerti tu in acerbo stupore,

rapitrici sono di Ade le dita!

 

 

PRESAGI

 

Su erto, aperto colle,

presso poderosa quercia,

le fronde esposte ai venti

ed essa non in tal balìa,

novissima attendono aurora.

 

Breve la notte;

la fiamma dura!

 

Si schiude la porta su la lunga alba,

è giorno di trionfante luce!

Radioso sorge di gloria il Sole,

trainano gli iperborei cigni

l’altisonante carro,

quale videro i Padri antichi

ad ardue vette imperiture ascesi.

 

Dal fiore viene il frutto.

S’invochi il Dio degli inizi,

porgete il canestro al Tempio!

Colui che sa non mente,

avanzino i coraggiosi!

Pronte son verghe di betulla.

 

 

LA SELCE ARCANA

 

Nudi, muti dossi di poggi,

praterie nebulose...

Terrena caligine,

sarcofago, forziere!

 

Come in una trincera fangosa,

dopo il lavacro

ci cogli il fiore lotolente

assieme  al seme

d’ogni germinazione.

 

Al suolo, sul terriccio,

durissima la selce!

Rapidi strali

danzan, vive faville!

Fiamma che scalda;

nel petto il raggio

del nuovo sole.

Schiara l’arca del cielo,

scintillante d’astri. 

 

 

 IPERICON

 

Palpiti di farfalle,

aroma d’incensi

d’intorno a geometriche

ramificazioni, fogliate

nelle sete pregiate delle Cine;

abil pilastro d’aurea fioritura,

silente pittografia

sui radi declivi,

nelle oasi delle radure!

Luce e sole…

 

Sorgono potenze di vita nuova!

Oh! Quali lastre di smeraldo

or suggellano negli Inferi

il freddo buio?

Che?...è questo fiore

dalle punte d’oro,

dai suoi cinque petali schiusi

sui caldi pendii;

balsamo di solari quinari

che di colpo appassiscono

e rifioriscon per incanto.

 

O fiore, tu

che fermi in vetta il sole,

o Iperico, fiorente

sui fuochi dell’estate!

 

 

 

SOLE D’AUTUNNO

 

Ove le nebbie d’autunno coperto

avevano i poggi selvosi,

è tornato a splendere il sole.

Anche il colchico fiorito nei prati,

fior di questa stagione

che la pioggia non sciupa,

pur egli si rallegra

ed anch’io con il fiore.

Lo splendore del giorno ci allieta,

chi non ama l’amabile luce?

 

Arioso il mattino ci invita,

incamminiamoci nel sole!

 

 

 

FIORITA DI MAGGIO

 

Espone il viale le bianche

robinee, di grappoli

fiorenti pendono i rami,

maggio produce i suoi fiori.

Vermiglio è il campo laggiù,

il fior di lupinella

matura il foraggio;

ma i poggi son d’oro nel sole,

spande profumo la ginestra.

Solitario il sambuco mostra

il cereo suo muto

fiore inodoro.

Oggi, pur la rosa di siepe

si sporge dal rovo;

han le giornate di maggio

il colore gaio dei fiori,

sia che splenda il sole

sia che rugiadosa sorrida

dopo la lunga piova

sull’arboscello la rosa,

fra gl’irti aculei lieve.

 

MISTICA FLOREALE 

 

 

Che ci fa solitario

il papavero, d’un bel rosso

sgargiante, in mezzo al verde fluente?

Che vagheggia, quell’uno,

 nel campo messo a grano?

– Chissà! Chissà! ­– Tu dici.

Eppure, è indubbio, ei sa.

– Quel rosso fiammante? – Altroché,

Ei sa! Davvero sa

e attende; attende che indori la spiga.

 

Accade – dici – ed è per puro caso,

che a quel rubro fiore

s’affianchi la lucente spiga…

 

*    *    *

 

Colse Cerere papaveri

nel campo d’oro,

tra il grano maturo,

e del fiore oblioso

s’ inghirlandò la fronte

 

 

IL TRICOLORE D'OTTOBRE

 

 

Qui, in pieno ottobre, la verde fronda

Del corbezzolo ha già dischiuso

I bianchi fiori e ha maturato

Le bacche; il rosso, rosso frutto…

Oh, rimiriamo il nostro

D’arborea vita tricolor vivente!

 

Sull’adusto muro di cinta

La vite vergine distende

Magici tralci d'amaranto!

D’amaranto la tinta sericea

Dei tramonti ottobrini

Nei profondi, tersi cieli serali;

Nel volto della figura cilestre

– una vigile presenza d’augure? –

Gote pur d’amaranto…

 

Nei limpidi mattini, nel dì,

Dell'api il diuturno ronzio

Sull’aprica distesa dei campi

Sugge l’amena fiorita d’oro.

 

 

SOLSTIZIO D’INVERNO 

 

Fiaccola, splendi!

 

Qual bianca freschezza

Scese nel buio

Sul dosso del monte!

Staman brillano i vetri

Nei preziosi raggi

Che tangono le nevi.

 

Fulgido alla finestra,

Ch’arde qual degna face,

D’un cielo puro il velo;

Sorse il mattino altero

Dal duro sen del gelo.

Nunziò il divino intento

La stella del mattino:

Dai gelidi rigori

La viva fiamma erompa!

 

Sfatta l’ombra nembosa,

Riede vincente il sole.

 

Nei penetral del tempio,

Negl’intimi sacrari,

Nell’antica fortezza,

Riecco la luce! Or splende!

 

Postilla : finestra dal gr. φανή, face

 

 

NOVO VERE

 

Qui sul poggio declive

Ove nello splendore

Del variegato chitone,

Annunciatrice di solari auspici,

L’omerica Iride dalle ali d’oro

Posò il piede rugiadoso,

Al soffio del favonio

Tra le foglie vibranti come spade

Non piega il suo fusto sagace

La magica iris, florale pupilla

Dischiusa in ascolto del cielo.

Aulente, calda, fervente attenzione,

Del novo vere germoglio d'amor!

 

 

 

 

NEL SOLSTIZIO D’ESTATE

 

Dal pino la tortora

Lamenta senza tregua

I suoi affanni coniugali.

Grosse nuvole, bianche

Come le orse polari,

Scorrono il cielo mattutino

Rincorse dai dardi lucenti

Del Sole giovanetto

Ch’ a gran fasci li trafugò

Dalla faretra immensa della

                                  notte.

Han messo la sordina le cicale,

E un frinir lento e lene

Celebra oggi l’estate.

Stormi d’alati tripudiano,

Svolii su l’almo ciliegio

Che derubano dei tondi rubini!

Rinverdiscono i prati

Dopo la prima falce

E le ginestre in fiore,

La folla delle campanule

E della malva gli sbocci rosati

Fanno più belli i poggi.

 

E’ la mite estate italica

Che coi campi fioriti ed il suo

                                      sole

S’immerge nell’azzurro

Del cielo e dei suoi mari.

 

 

 

A U T U N N O

 

Nel cielo vesperale

Una falce lucente...

 

S’è data un’affilata

Quell’etereo sembiante

Con la gobba a ponente...

 

Falce di luna,

Luna ottobrina!

 

Un vermiglio tramonto

Lambe il dosso dei monti,

Coglie il muro di cinta

Ove vistoso spicca

Lo scarlatto dei tralci

Della vite vergine;

Il colchico d’autunno

I petali dorati,

Qual lucenti lamelle,

Dischiusi ancora ostenta.

Avventurosi incontri

Di colori ottobrini

Nei fuochi del tramonto!

 

Lassù l’argentea falce, e...

Delizioso s’espande

Il profumo del pomo

Cidonio, come un dono,

Nella limpida sera.

 

 

I N V E R N O

 

Nel cielo, lucentezze d’opale!

Lungo la dorsale dei monti

Un tramonto algido, vernale.

Al soffio del rovaio, sparse

Fra i poggi si scorgono

Insolite sembianze,

Iridescenti figure.

Brumali segni, simboleggiature?

Al tratto la grande elce

Di ruggine si copre,

Nell’estremo barbaglio dell’occaso

Sfavilla di ramato

E rispunta all'istante

Sulle sue foglie il verde;

Ora sanguineo è il poggio,

Sbianca in un soffio ed è rugoso sasso!

Dell'elce intanto s'oscura il fogliame.

 

L’inverno alterna erranze

Di metafisiche immagini

E in nude lontananze le raggela.

Ora di stelle splende il firmamento:

Un tranquillo adocchiare da lassù

Questo terrestre arcano,

Questo fervente palpito nel gelo,

Questo fuoco ch’ardendo  volge al cielo.