S I N T E S I  D I  U N A  C R E D E N Z A

 

 

al tramonto di una usurpazione

 

 

 

 

 

 

Dalla Sedia Gestatoria e il Triregno . . .

 

 

 

. . . all'adorazione delle scarpe

 

 

pronte per il Bacio del Feticista.

 

Ovvero

 

l’ottavo sacramento,

 

 

dismessa la Corona di Sacerdote,

 

Profeta-Maestro, Re

 

 

 

 

 

 

 

IN OSSEQUIO E IN OBBEDIENZA

 

 

 

 

SERVO VOSTRO, ELETTISSIMI DEL SIGNORE!

 

 

 

 

 

L'ADORAZIONE DELL'OSTENSORIO È PRATICA ABBANDONATA,

 

NON DA' PIU' PIACERE.

 

 

 

 

L'ADORAZIONE DEI PIEDI

 

 

 

 

CHE PIACERE!  E' CARNE VIVA! 

 

(INTRODUCIAMO NEI SEMINARI LA PODOLOGIA

 PER COMBATTERE LA PEDOFILIA,

  ORMAI COSA DA MEDIOEVO).

 

 

 

 

LASCIATE CHE I PIEDI, TUTTI I PIEDI, VENGANO A ME!

 

 

 

APRITE I PORTI, APRITE LE PORTE, ABBATTETE I MURI,

ELIMINATE TUTTI GLI OFFENDICULA, FATELI ARRIVARE A MILLE

E A MILLE!

VENGA A ME LA MOLTITUDINE DEI PIEDI!

 

ODORAMUR PROFUNDE

 

 

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   COSÌ, PER VOLONTÀ DEL PAPA, VICARIO DEL CRISTO, A PARTIRE DA QUEL LUNEDÌ 30 NOVEMBRE 2015, ROMA NON È PIÙ LA CAPITALE SPIRITUALE DEL MONDO CATTOLICO, LA CUI SEDE VENNE QUEL DÌ PER INEVITABILE CONSEGUENZA TRASFERITA NEL CUORE DELL’AFRICA NERA. TRANNE CHE, PER RIGUARDO AL CLERICALESE, SI VOGLIA FAR FINTA DI NULLA, SI È TRATTATO DI UNA PRONUNCIA PAPALE SOLENNE. IL VICARIO IN QUEL MOMENTO SPALANCAVA SUL MONDO LA PORTA SANTA. PRONUNCIA EX CATHEDRA, CIOÈ NELLA PIENEZZA DELLA FUNZIONE E DEL MAGISTERO ECCLESIALE, QUINDI INDEFETTIBILE. QUESTA LA REALTÀ DEI FATTI. E NON CI PROPONGANO BIZANTINI RAGIONAMENTI E SOFISTICI DISTINGUO.

  LA PROCLAMAZIONE DI UNA NUOVA CAPITALE SPIRITUALE DELLA CATTOLICITÀ CRISTIANA È AVVENUTA, COME DEL TUTTO EVIDENTE, E NESSUN CATTOLICO L’HA CONTESTATA, PERCHÉ LE RISOLUZIONI PRESE NELLA FUNZIONE VICARIA, ISPIRATE SEMPRE DALLO SPIRITO SANTO, ABBRACCIANO E VINCOLANO L’INTERA COMUNITÀ ECCLESIALE. NULLA VUOL DIRE CHE L’EVENTO STORICO SIA PASSATO INOSSERVATO, CERTO È CHE LA MASSA DEI FEDELI HA CRISTIANAMENTE ACCETTATO BANGUI QUALE NUOVA CAPITALE. IL FATTO ECLATANTE CHE DA TAL MOMENTO È INIZIATA A MANIFESTARSI UNA BADIALE DEVOZIONALITÀ ANCOR PIÙ DEGRADATA E DEGRADENTE PER LA PALESE   MATRICE FETICISTA, QUALE L’ADORAZIONE DEI PIEDI CHE SI VA LARGAMENTE DIFFONDENDO, È INDICATIVO DELL’AVVENUTA SOSTITUZIONE.

  SI VA, INOLTRE, SEMPRE PIÙ EVIDENZIANDO CHE L’ENTE CATTOLICO-GIUDAICO TENDE OGGIGIORNO A PRIMITIVIZZARE E, IN ODIO ALL’ANTICA CIVILTÀ CLASSICA OCCIDENTALE, CHE HA PRECEDUTO DI SECOLI E SECOLI LA COMPARSA DEL CRISTIANESIMO, SLEALMENTE SI PROPONE D’IMBASTARDIRE E IMBARBARIRE L’ITALIA CON L’EUROPA TUTTA. L’ASSIDUA PROPAGANDA “PONTIFICIA” SULL’IMMIGRAZIONE ILLIMITATA È UN TUTTO DIRE. UN ASSALTO ALLA CIVILTÀ EUROPEA E ALLE SUE ORIGINI AVENTI LE FONDAMENTA NELL’ASSOLUTA, TRASCENDENTE SPIRITUALITÀ CAPITOLIA, ROMANO-QUIRITE, PER LA QUALE ROMA È CAPUT MUNDI.

  ORDUNQUE, SI PUÒ LEGITTIMAMENTE OBIETTARE, PERCHÉ NON HAN LASCIATO CON UN GESTO COERENTE, CONSEQUENZIALE, LA CITTÀ DI ROMA E IL VATICANO? RINUNCIANDO SÌ ALLA SPIRITUALE PERENNE RICCHEZZA DELL’URBE ETERNA, MA NON ALLE CADUCHE MATERIALI RICCHEZZE ACCUMULATE DA SECOLI NELLA SEDE VATICANA? CERTO, SI RESPINGE LO SPIRITO DELLA CULTURA CLASSICA, NEL SEGNO DELL’UGUAGLIAMENTO MONDIALISTICO CRISTIANO NON DISSIMILE DAL COSMOPOLITISMO DEMO-MASSONICO, TUTTAVIA CON PERFIDIOSO GIUDAIZZARE CI SI PREOCCUPA DI MANTENERE ED ACCRESCERE I CONCUPITI BENI MATERIALI. NON È UNA NOVITÀ, MA L’ASPETTO ESTREMO DI UNA CONSORTERIA IN DISFACIMENTO.

    L’USURPATRICE SI È TOLTA LA MASCHERA, NON LE RESTA ALTRA RISORSA CHE LA SUA SECOLARE IPOCRISIA, LA SUA CONFESSIONALITÀ INTOLLERANTE E DOGMATISTA. GLI ENTI, COSÌ COME GL’INDIVIDUI, TENDONO A RIPIEGARSI IN SÉ, ASSECONDANDO LA LORO PARTICOLARE INCLINAZIONE, PER INTERAMENTE RECUPERARLA E TORNARE QUINDI ALLA LORO ORIGINARIA CONDIZIONE.

 

 

Dürer
Dürer

 

Dimenticate la lunga sfilata dei piedi . . .

Congiungete le mani e invocate il Cielo!

 

 

    Il fatto avvenuto a Bangui, capitale del Centrafrica, nel 2015, è un episodio significativo nella storia ultima di questa Chiesa Cattolica, un tempo detta “Romana”, perché insediatasi nel cuore d’una antica civiltà per avvantaggiarsi del ricco retaggio e approfittarsi d’una millenaria cultura, utilizzandone anche i valori etici e giuridici, e riprendendone nella sua istituzione l’ordine gerarchico e la stessa lingua, il latino. Come comunità, cioè nella sua reale entità, è continuata a sussistere nei secoli tal quale era in origine, un’adunanza cristiano-giudaica, una conventicola ecclesiale. È palese che in questi tempi di disfacimento la spinta istintiva a riallacciarsi ai suoi inizi si fa sempre più pressante, irreparabilmente incombe; e gl’inizi del cristianesimo giudaico furono quelli d’un violento movimento rivoluzionario comunistico con venature messianiche, tracce gnostiche e una nervatura leninista ante litteram ben strutturata dalla mente levantina di Paolo di Tarso, famoso epistolografo ebreo- cristiano-gnostico.

  L’epistolografo era stato dapprima un feroce persecutore dei cristiani, lui, ebreo fuoruscito, nell’incontro in quel di Damasco con gli esponenti ebraici d’una setta cristiano-gnostica, si convinse di quella novissima dottrina e abbracciò la fede nell’aspettazione messianica ovvero nei tempi delle speranze messianiche; la favola, cioè, del “campa cavallo che l’erba cresce…” Un’attesa senza fine! Non un apologo, un’allegoria, un mito, badate bene, ma una frottola vera e propria; una frottola maligna, ma così bene infarcita di suasive promesse, addirittura soprannaturali, da far diventare credibile (I gonzi sono una infinità! fu la sua scoperta) quel suo incredibile cerebro. Con un linguaggio mellifluo, la parola a volte aspra e sdegnosa, con la sua visionaria raffigurazione di manierati inferni e paradisi, riuscì a fondare un sistema di fede cieca, a impiantare una dottrina fanatica. Il tutto sintetizzò in una parola: misericordia! E su questa parola fondò la religione messianica del Cristo “salvatore del genere umano”. Si sentì investito di onnipotenza, tratto tipico nei primitivi e nei nevrotici, ed esportò il messianismo nei mondi pagani, recandosi persino nel cuore dell’Impero, a Roma. Fatto è, che di pari passo con il “misericordevole”(il cuore dell’uomo toccato dalla sofferenza del suo simile!) il progresso storico della cristianità è stato contrassegnato da stragi tremende, da spietate guerre mondiali e ancor oggi dalla minaccia d’una distruzione nucleare. E, sempre in attesa di un’apocalissi!

  Si racconta che il giovane Saulo di Tarso, detto san Paolo, non andasse tanto d’accordo, avendo spesso manifestato il proprio disparere, con Simone di Betsaida, un vecchio pescatore detto Pietro, leggendario discepolo del Messia paolotto, il qual Simone riteneva che la buona novella, l’evangelo, riguardasse il solo popolo eletto, gli ebrei e non altri. Raccontano anche che quel disparere si esaurì e definitivamente si spense per la comune esecuzione capitale di entrambi in Roma. Di certo si sa che l’ebreo di Tarso, il fomentatore della rivoluzione messianica, venne a Roma; si suppone, invece, sia leggendario il viaggio del mite, presunto apostolo, pescatore di Betsaida, cittadina a nord del lago di Tiberiade il cui nome ha il significato di “casa della pesca” perché popolata appunto da tranquilli pescatori.

  Nonostante le scabrosità che la vicenda presenta, la Chiesa Cattolica ha unito in una indissolubile coppia fraterna di santi protettori il cosmopolita, esagitato Saulo e il sedentario e mite Simone, imponendo alla comunità dei cattolici la festività dei santi Apostoli Pietro e Paolo il giorno 29 giugno, eleggendoli anche Patroni della città di Roma.

    Nell’anno 1538, Paolo III Farnese, il Papa della Controriforma, incaricò il Buonarroti della sistemazione del Campidoglio.

 

 

  

  

   Sulla piazza del Campidoglio ai due lati della cordonata campeggiano le statue dei Dioscuri affiancate da bianchi cavalli. Castore e Polluce, nudi e manifesti in un’eroica immobilità e lucentezza, e nella classica misura del marmo greco. I Castori divini, i mitici cavalieri che annunciarono la vittoria di Roma contro l’insidia del Tosco nell’epica battaglia vinta dalla cavalleria romana al lago Regillo.

  L’irrinunciabile combattimento dell’Uomo di stirpe olimpica contro le genti egoarchiche e superbe asservite al senzapatria e prossime al declino, nei tempi in cui sovrasta la furia sconvolgente del disordine e dell’informe.

 

 

 

 

 

 

Il Sole sorge e tramonta, risorge, tramonta, invitto risorge. . .

 

 

 

 

 

Alme Sol, curru nitido diem qui

Promis et celas aliusque et idem

Nasceris, possis nihil urbe Roma

Visere maius.

. . .   . . .   . . .

Iam Fides et Pax et Honor Pudorque

Priscus et neglecta redire Virtus

Audet apparetque beata pleno

Copia cornu.

 

ORAZIO

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 QUELLA CHE UN TEMPO SI CHIAMAVA . . .

 

 

   Quella che un tempo si chiamava Chiesa Cattolica Apostolica Romana, dopo l’avvento sul “Soglio Pietrino” di Bergoglio proclamatosi Papa Francesco dal prete Basco Francesco Saverio, santo Gesuita, e non dal santo di Assisi come erroneamente creduto, ha cessato definitivamente d’esser tale. Oggi la si può definire una Ecclesia, cioè una congregazione o associazione comunistoide di fedeli, con a capo popi e pretacchioni svincolati dalla dottrina della santificazione un tempo professata e tutti praticanti il social-cristianismo, che è soprattutto impegno politico, sotto  l’usbergo della cosiddetta Teologia della Liberazione propagandata dalle conferenze episcopali latino-americane sulla scorta del Concilio Vaticano II, 1962/1965, il cui ecumenismo aprì le porte della Chiesa alla modernità, cioè al progressismo materialista. Il simbolo della Liberation Theology, fondata nel ’68, è un contrassegno davvero orrendo, lo troverete alla fine di queste note e potrete liberamente esaminarlo e valutarlo. E tutto questo travaglio, rappezzato a mo’ di ecclesiastico, democratico e tollerante buonismo, va pervadendo sempre più le coscienze. Tolleranza? Sì, purché si proceda nel senso voluto dagli ecumenisti, in obbedienza ai dogmi rovesciati ch’essi professano. Come a dire, sempre vangelo è! Arrovesciare, stravolgere, sovvertire, a patto che resti fermo quell’articolo di fede, prezioso più dell’oro colato, ché tutto ha inizio purtroppo da lì, dalla coglionatura abramitica.

   Dalla dottrina santificante al dottrinarismo sociale condito di gesù gesù!, gesummio!, gesummaria!, che rimane una figura retorica, una mera esclamazione e toglie dalle spalle dei devoti il sovraccarico della sacralità, della religiosità, d’ogni deità e la faticosissima pretesa d’indiarsi. Superiamo il medioevo, procediamo alla buona, al passo con i tempi! Il Figlio di Dio? Il Figlio   dell’Uomo, con la “U” maiuscola? Ma no, lasciate perdere! Tutti figli, tutti rampolli ammodo, d’un povero diavolo. E, la “Vergine Madre. . . termine fisso d’etterno consiglio”? Può Dante sognarsela quanto vuole, eh questi sogni dei poeti! Qui son tutti peccatori e peccatrici e praticano un diffusissimo commercio mignottesco, maschi e femmine. E poi, la omofilia ludica dei chierici e l’educazione pedofila nei collegi seminarili. . .  E i paradisi gay e le anime transgender. . . Chi può giudicare, chi? Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti. State tranquilli, costui al momento fa lo scemo, fa lo scemo, come dice il suo attuale Vicario in terra. . . La bocca schiusa dei devoti attoniti fa ben sperare. . . fossero divenuti tutti maccabei! Cioè, maccheroni? Oddìo! Per non sbagliare scriviamolo anche con la emme maiuscola, così: Maccabei! Ricominciamo? Bah! soltanto per accennare ch’è sempre la solita storia. . . I biblici Libri dei Maccabei in cui si narra la lotta scorretta e proditoria che quella rozza gente guidata dalla famiglia dei Maccabei condusse contro Antioco IV Epifane, che aveva la buona intenzione di ellenizzare quel popolo incolto e primitivo. Quelle narrazioni sono infarcite d’inesattezze, contraddizioni e falsi storici, perché intese a calunniare i Seleucidi e Antioco IV, che lo storico Polibio ci ha tramandato come un colto e degnissimo re oltre che abile condottiero. Leggete quei Libri, leggete il Libro di Ester, il Libro di Giuditta. . . è sempre la solita solfa. . . loro gli angariati, i perseguitati, e i persecutori immancabilmente puniti da quel tale Iddio, che tanto ama i suoi eletti da avallare atti vili, proditori o efferati.  

   Ma, diamine, è la torre di Babele! Peggio, peggio. . . Dunque lasciate perdere il linguaggio biblico e non vi curate di quel Libro cosiddetto veterotestamentario, fonte sempre d’equivoci e che si presta ad ogni sorta di manipolazione. A miriadi ci han messo mano le sette cristiane d’ogni tempo e latitudine, e ancora cattolici, luterani, calvinisti, occultisti, eccetera; oggigiorno da quelle pagine ci han tirato fuori perfino i viaggi interplanetari, le astronavi, gli alieni, gli esperimenti genetici, la clonazione, insomma tanta fantascienza. Di quella successione testamentaria, così vetusta, partecipano soltanto loro, e ne sono gelosi, i legittimi eredi di quella antiquità israelita; a noi proprio non riguarda.  Lasciamo, quindi, quel vetusto cifrario nelle mani dei Cabalisti esperti che certamente sapranno darne una esegesi corretta e farne un uso congruo, per i loro fini com’è giusto.

   In breve e per meglio mettere in rilievo le differenze, tentiamo tutti noi invece una semplificazione. La semplicità, a chi la pratica, dà frutti eccellenti; essa provvede l’uomo del giusto e del più vantaggioso consiglio. Di certo, arduo è per i più operare con semplicità, prevalgono sempre vanteria vanità permalosità superbia; accidempoli, oh quanto l’individuo umano di tali debolezze e mende è fatto mancipio! La semplicità invece è    generosissima di conoscenza e di scienza e anche di memorie antiche, quelle che riconducono alle oneste, feconde e creative tradizioni degli antenati.

   Ad esser schietti, torniamo alla nostra famiglia antica, alle tradizioni della stirpe per ritrovare la tempra avita, la nostra ingenita qualità d’essere; riscopriamo le native sorgenti! Ed il vivo ricordo evochi gli avi siderei, la loro stirpe è la più antica di tutte le stirpi. Stirpe remota, ma non vetusta; stirpe saturnia, romana, cui fu garantito l’avvicendarsi delle generazioni nell’annuncio sicuro, pegno, d’una eterna giovinezza, Juventas, la dea che con il dio Terminus era insediata sul Campidoglio allora retto dalla Triade arcaica, Juppiter Mars Pater Quirinus. Quando gli Etruschi procedettero alla exauguratio dell’antico luogo templare per inaugurare la nuova Triade, Giove O. M- Giunone- Minerva, nel nuovo tempio furono conservate le cappelle di Juventas e di Terminus. Una leggenda popolare riferisce che le due divinità non vollero lasciare il luogo sacro e che quella volontà divina così auguratamente si espresse, l’eterna giovinezza promettendo e un universale primato, illimitato nei tempi, alla spiritualità, allo ius e alla civiltà romana. Sempre, di là da ogni storico sovvertimento, mutazione o declino. Un solare destino. Dius Fidius cui era sacro il giuramento, nella sua potestà la folgore diurna, il tetto del suo tempio aperto al Cielo.

   Non vogliamo certo disconoscere che, all’incirca son 1700 anni, la comparizione e l’entrata in scena della Chiesa Cattolica ha attraversato ogni vicenda storica non solo d’Italia ma di tutto l’Occidente e dei paesi che affacciano sul bacino del Mediterraneo ove un tempo s’estese l’Imperium di Roma. E le vicende dell’una non hanno soltanto sfiorato le vicende dell’altra, ma di frequente si sono incontrate e congiunte, reciprocamente influenzandosi. È sufficiente richiamare alla mente le Crociate, le guerre cruente tra guelfi e ghibellini, la lotta al Catarismo, l’Inquisizione, ma anche il mecenatismo dei Papi, il monachesimo e la sua influenza politico-culturale oltre che religiosa sulla società. Tutto questo noi tralasceremo, staccando per adesso la vista dai fatti su l‘orizzontale, per concentrarci e dirigere in su l’occhio della mente.

   Dapprima v’è un causante e un avvio, dappoi un ingenerarsi di fatti, circostanze o altro. Questo concretarsi d’un inizio con l’insieme dei susseguenti eventi, i fatti cosiddetti storici, è in genere determinato da un modello “ideato” (ideologia politica, sociale, dottrina religiosa, dogma teologico, ecc.) da individui, gruppi umani, entità primamente agenti e da esse posto a fondamento dei loro proponimenti; la volontà ivi insita si preciserà in un’azione decisiva, condizionante la serie innumerevole degli eventi e perciò essa stessa, in un con il modello, radice, essenza e sostanza facente da filo conduttore degli avvenimenti che ne discendono; periodicamente, infatti, quel modello si ripeterà, qual perdurante proposito, in vari tentativi rivolti al voluto fine, quello di fatto ambito.

  La Chiesa Cattolica “Romana” trasse la sua origine dalla predicazione di Paolo di Tarso, un ebreo della tribù di Beniamino che probabilmente godeva della cittadinanza romana ed era in dissidio con il Tempio. La sua biografia è scarsa di notizie, anch’esse sparute; non una riga su di lui dagli autori e storici dell’epoca, dalla patristica, quella tarda, rare e spicce informazioni sia sulla sua vita che sul suo operato. Le “fonti storiche” si riducono agli Atti degli Apostoli e alle sue tredici lettere scritte in greco, non tutte ritenute autentiche, e che ne contengono la dottrina e il suo messaggio teologico esposto con il peculiare metodo rabbinico, infatti la sua visione religiosa è prettamente ebraica; rigoroso osservante del fariseismo, non ammetteva intrusioni straniere, però si sentiva vicino e aperto ai bisogni e alle necessità del popolo. Con riferimento, poi, alle scritture apocrife che parlano di lui nulla se ne ricava, perché trattasi di invenzioni e fantasie. Resta indeterminato l’anno della sua morte, dal 64 al 67 e.v., di conseguenza del tutto sconosciute ne sono le cause e inattendibili le circostanze tramandate dai cristiani di un suo perimento nelle stragi neroniane; di stragi di cristiani ordinate da Nerone non c’è traccia storica, non ne parlano né Svetonio né Tacito.  Scriveva, nella seconda metà del ’500, Girolamo Cardano nel suo Elogio di Nerone: “Se Nerone decise di eliminare i cristiani, santi, onesti e utili allo Stato, non mi rifiuto di biasimare fortemente l’azione di Nerone, insieme a quelle degli altri; ma se quelli erano invece arroganti, sediziosi ed empi, Nerone non ha commesso alcuna colpa. Infatti è dovere del principe saggio quello di salvaguardare la religione presente e di antica tradizione. Così fecero gli Antonini, gli altri ottimi principi e gli uomini onesti. Paolo all’inizio perseguitò i cristiani, ma poi lui stesso divenne ‘vaso d’elezione’. Se un errore deve essere considerato un delitto, allora Nerone, in tale questione, non fu meno colpevole. Ma neppure Tacito e Svetonio accusano di ciò Nerone, piuttosto del fatto che avesse denunciato come autori dell’incendio degli innocenti”. La diceria clericale su Nerone flagellum Dei non regge. D’altronde è inverosimile che a solo trentaquattro anni circa dalla morte del Nazzareno possano esserci stati a Roma tanti cristiani da render credibile la storiaccia di quattro anni di persecuzioni e stragi; forse solo da pochi anni Paolo era giunto a Roma per promuovere la sua dottrina e un po’ di seguaci dovette certo incontrarvi, soprattutto fra gli ebrei presenti nell’urbe e rari di sicuro fra il popolo Romano che a quel tempo amava moltissimo il suo Imperatore, come la storia tramanda. Ma la storia è anche piena di leggende nere.

   A Tarso si parlava greco e la città infatti era notevolmente ellenizzata per l’impegno culturale che vi aveva profuso la dinastia Seleucide succeduta ad Alessandro il Grande; il giovane fariseo si avvarrà di quella cultura e di quanto vi avevano aggiunto successivamente i Romani, segnatamente richiamò la sua attenzione l’idea di universale propria di Roma ed egli meditò di questa un concetto astratto. Quella città era anche un crocevia di comunicazioni e di traffici tra occidente ed oriente, occasione d’incontri tra culture e popoli, era quindi il luogo dove una mente predisposta a dottrineggiare, estranea alle primigenie specificità del vivente e anzi di esse intollerante, finisce con il concepire in astratto culture e popoli, a non tener conto delle ingenite differenziazioni, giusta osservanza della varietà, e quindi degli elementi costitutivi originari. Ed ecco l’innaturale fondamento di ciò che ne discende, dal COSMOPOLITISMO allEFFICIENTISMO SOCIAL-DEMOCRATICO e alla TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, dal COMUNISMO MARX-LENINISTA al NEO-LIBERALISMO e alla GLOBALIZZAZIONE. E la lunga serie dei velleitarismi utopistici e delle sterili ideologie.

   A quei tempi non era ancora sceso in campo l’umanitarismo illuministico con vocaboli e concetti in codice dal significato onnicomprensivo seppure astruso, come quelli due righe sopra enunciati, allora la parola d’ordine, oggi si dice lo slogan, fu “apostolato tra le genti” e lui, Paolo, divenne l’Apostolo delle genti. Apostolato è proselitismo, propaganda, cioè attività di convincimento, di condizionamento, e Paolo s’addossò la missione di condurre i popoli fuor da definiti confini, come un solo gregge, sotto l’influenza della cultura biblica e l’autorità del “Dio d’Israele”. Né più né meno, da allora in poi si svolge un tentativo costante di ridurre le genti ad una massa informe e i saullisti di oggi credono che l’età d’oro del “fraternalismo” paolotto sia sul punto di compiersi per sempre. E a voler ben riflettere, che pensata quella dei gentili di farne un santo cattolico su uno scranno d’oro, per tenerlo buono buono in paradiso! Lui un rigoroso osservante, un ebreo di grosso calibro.

  E quel Saulle, il Lenin livido e torvo di quei tempi, non dissimile dal Lenin bolscevico, entrambi individui dalla mente arida, perciò dotati di virtù astrattiva, d’una configurazione del tutto avversa alla solare natura e tenebrosi monoteisti, devoti al demone d’un minaccioso dottrinarismo; capziosi didatti d’una gnosi disanimante. Eh, quei Saulle! Mica sono scomparsi. Anzi, proprio là nel Vaticano, deprivato d’ogni romano vestigio, la trista ombra s’aggira con la esiziale dottrina aggiornata ai tempi, con la farisaica Teologia della liberazione. Nikolaj, che tanto somigliava a Saul con l’asiatica calvizie, la fronte ebraica e le sopracciglia sempre aggrottate, puntava a Roma, bramoso di conquistare tutta l’Europa, ma Roma gli s’oppose e fu un fiasco.

   Eppure lui, Saulo, in Roma si era impadronito, infiltrandosi nei quartieri bassi, della mente e dell’impegno di quella componente popolare orientaleggiante e ribelle alla romanità, quali suoi connazionali ed elementi asiano-etruschi; nei prossimi decenni l’urbe proprio di quella gente si sarebbe sovraffollata e la dottrina da lui disseminata avrebbe fatto sempre più seguaci; con biblica intransigenza e con il rigorismo profetico tipico dei giudei, inculcava in quelle menti la convinzione che, di lì a qualche secolo o poco più, quella dottrina avrebbe mietuto moltitudini di proseliti, una volta installatasi proprio lì, nel cuore dell’Occidente, a Roma. Questo sarebbe accaduto, la sua idolatria giudeo-cristiana si sarebbe diffusa profittando della decadenza e della insufficienza dell’uomo, della latenza di luce saturnia e della disparizione del popolo dei Quiriti nel crollo dell’edificio imperiale. Con la sua dottrina sarebbe riuscito dipoi a far sì che per secoli s’inverminisse tutto l’Occidente.

   E quelle pecore matte, d’un gregge fedifrago e fellone, secolo dopo secolo, scorderanno le loro nobili origini e gli antiquissimi antenati; pinzochere viscerali osanneranno il dio del popolo eletto e affermeranno convinti che le loro origini sono quelle cristiano-giudaiche; cioè tutti abramitici, ebrei, musulmani e cristiani!

   Che gran bordello, Signori! Volgetevi indietro e scrutate nei secoli trascorsi. . . polemiche, liti, zuffe. . . guerre sanguinose, massacri, roghi, lapidazioni, scomuniche, e potreste continuare ancor per righe e righe, tra questi figlioli di Abramo!

Uomini siate e non pecore matte. . .

 

   Tarso in Cilicia non distava molto dalla strada che da Sardi raggiungeva Susa, città prossima al Golfo Persico a quei tempi interessato dal commercio marittimo. Su quella strada andavano poi a confluire i traffici delle carovane che seguivano il corso dell’Eufrate, quindi tutta quella zona era intensamente frequentata dalle popolazioni nomadi che     attraversavano l’altipiano iranico e da quelle che provenivano da sud-est, Siria e Arabia. Ottima posizione per impiantarvi una industria manifatturiera di tende; ci si guadagnava moltissimo e i nomadi, tanti a quei tempi, avevano bisogno di tende e poi le provviste militari, eccetera; insomma un business per niente disprezzabile. La famiglia di Saulo fabbricava tende, lui continuò il fruttuoso mestiere; non avrebbe potuto compiere i suoi lunghi e costosissimi viaggi senza il possesso d’un cospicuo capitale. E magari ce n’era a sufficienza per sovvenzioni e finanziamenti a cellule e nuclei di seguaci ch’andava incontrando nei suo itinerari di preannunciatore e diffusore delle speranze messianiche. Denaro, finanze, averi e filantropismo? Sorosismo, bergogesuitismo, paolottismo d’oggidì   così come di ieri.

    Nei secoli trascorsi era stata coltivata una lunga, segreta concordia, nonostante l’accusa di deicidio da quei preti rivolta contro i suoi connazionali e la ghettizzazione, che però aveva il vantaggio di tenerli uniti, evitando la dispersione. Quel che proprio non sopportava era il paludamento romanizzante in cui lo avevano ingessato e posto dappertutto con una spada nella destra mano e un librone nella sinistra. E quell’accoppiata, san Pietro e Paolo, davvero un rimpiazzo mistificatorio dei mitici Dioscuri! Ma lui aveva lasciato fare; anche quei snaturamenti servivano a rielaborare le tradizioni dei popoli, a riplasmarne, penetrando in dentro la loro mente, persino l’indole. Tutte quelle usanze, quelle anticaglie superstiziose, i rituali latineggianti, quel rifarsi allo ius, all’ordine, all’auctoritas pontificale, per lui tracce d’un odioso tempo, tutto si sarebbe in pochi secoli esaurito; si sarebbero quelle genti scordate dei loro avi, dei loro padri, e per l’orrore del vuoto li avrebbero sostituiti con i patriarchi biblici, Adamo, Abramo,  Giacobbe, Noè, Beniamino e gli altri; avrebbero vantato, una buffa stravaganza, le loro radici ebraico-cristiane e  così affrettandosi i tempi, sarebbero comparsi i nuovi epistolografi, i teologi della Liberazione, i novelli Saulle, distruttori dell’iconolatria cattolico-romana, gl’innovatori dal piglio leninista. In quel tramonto lo zoccolo duro del giudaismo avrebbe definitivamente vinto, avverandosi la promessa messianica. Quella originaria, autenticamente paolotta, marcatamente giudaica.

   Anche Damasco, in Siria, era una città da tempo ellenizzata che andò poi a convergere nell’Impero romano.  C’era a Damasco un discepolo di nome Anania, capo 9 degli Atti degli Apostoli. Anania era un ebreo, anch’egli un fariseo convinto come Saulo che il popolo eletto dovesse uscire dai suoi ristretti confini e aprirsi a nuovi spazi e per questo anch’egli avversava la circoncisione da entrambi ritenuta un impedimento a sodalizzare con i non ebrei e una pratica non necessaria per la conversione al giudaismo, che ha la biblica neo-veterotestamentaria missione di promuovere l’universale fraternalismo. Era, dunque, un ebreo ellenizzato, la mente imbevuta di neoplatonismo e di suggestioni orfiche e di sicuro era a capo di un raggruppamento gnostico di giudeo-cristiani. Sulla via di Damasco s’era incamminato Saulo, anch’egli un ebreo ellenizzato e molto acculturato e, a differenza di Anania, anche ben addentro negli accadimenti di Roma; Saulo, dunque, l’ostinato persecutore della nascente confessione messianica era sulla via di Damasco. E i due s’incontrarono. Dovettero conversare a lungo, ed infine ebbero a convergere; Saulo fu colpito da un’improvvisa illuminazione, un lampo furbesco, come si suol dire: da che era una città di pastori, Roma sfidando i secoli  s’era così allargata con l’ armi  da diventare un impero; con i predicozzi e la figura divinizzata del Rabbi Nazzareno, con l’aggiunta di quei rudimenti ellenistici, gnostici e neo-platoneggianti, prefigurandosi anche un “universalismo fraternalistico” con la lusinga della conquista dei cieli, si poteva mettere a punto una dottrina celante l’aggressivo intento di sovvertire l’ordine romano, un’arma corrosiva per spianare la strada all’ebreo  universalista, l’eletto del dio d’Israele. Questa volta a sfidare i secoli sarebbe stato lui, Saulo; o meglio, per cancellare il compromettente passato, ma sempre lui, il trasfigurato, Paolo di Tarso.

  L’incontro fu per lui molto proficuo; occorreva prepararsi, stavano per sopravvenire tempi torbidi, l’occasione propizia, ma in cui si richiedeva la massima lestezza e spregiudicatezza per volgerla a proprio favore. La lestezza e la spregiudicatezza di Mardocheo, il cugino di Ester, anch’egli discendente dalla tribù di Beniamino. E a Damasco fu allestita una memorabile, spettacolare scenografia.

   Mentre procede sulla strada diretto a Damasco un insostenibile bagliore lo acceca e cade al suolo; ode una voce che lo rimprovera: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Lui vuol sapere chi lo chiama e la voce gli risponde in tono affettuoso: “Sono Joshua, che tu perseguiti; orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”. Poi la voce va a casa di Anania e gli dice di andare incontro a Saulo di Tarso per portargli soccorso. Ad Anania che disapprova non ritenendo quello degno di soccorso, perché individuo spregevole e malfido e per di più un efferato persecutore, la voce ordina: “Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele”.

   Spettacolare scenografia, di successo, celebrata anche dal pennello di eccellenti pittori, fra tanti il Caravaggio che s’immaginò il possente cavallo. Ma che dire di quel dio d’Israele, la voce affettuosa e soccorrevole? Non un accenno a Stefano del quale proprio Saulo aveva ordinato il supplizio; Saulo il grande persecutore. . . “Egli è lo strumento che ho scelto per me. . .”  In questa frase sotto chiave tutto il senso impudico della ormai monotona, ripetitiva, secolare narrazione ebraica.

 

 
PAOLOTTISMO        LENINISMO
PAOLOTTISMO LENINISMO

 

 

 

A  D  D  E  N  D  A

 

Unicità di Roma

 

 

   Intendiamo con queste considerazioni aggiuntive prevenire spiacevoli fraintendimenti che possano, come che sia, discendere dalla lettura degli scritti in questa pagina pubblicati; e ciò non perché ambiamo ad affermare l’irreprensibilità delle nostre argomentazioni, che sarebbe vil presunzione, ma per una questione di misura, e onde evitare innanzitutto di far sorgere equivoci e dare adito a dubbiosità sulla nostra esposizione e i suoi intenti, che vogliono essere immuni da ogni acriticità o meglio dogmaticità, tantomeno ammantarsi di cripticità. Ugualmente, è bene chiarirlo, rifuggiamo da ogni fondamentalismo e integralismo, come anche da ogni sincretismo.

   Da tal chiarimento ne consegue pure che non intendiamo fomentare alcuna guerra religiosa, né disprezzare le istituzioni, i precetti e le cerimonie religiose, e di tutte le religioni; ma avvertiamo anche, e precipuamente, il dovere di opporci all’ intollerante, oscuro dottrinarismo dogmatico, che contrasta o pone limiti all’evoluzione spirituale dell’uomo e di segnalare la crescente involuzione di simile sistema dottrinario verso configurazioni sempre più materialistiche e primitive, tendenti a sovvertire definitivamente ogni umano, salutare ordinamento sociale e a sconvolgere lo stesso ordine armonioso della natura.

   Questi tempi ultimi stanno mettendo sempre più in evidenza da dove e dal che procede tale sciagura; le menti più sveglie possono conseguirne piena cognizione. Squarciando i pesanti velami e mettendo a nudo la secolare dissimulazione, sembra che i fatti, cioè gli accadimenti stessi si apprestino a smascherare quello che invece di   complotto sarebbe più conforme al vero definire oggi un cumulo di complicità, ovvero una macchinosa insidia che travolge intere generazioni e popoli, un processo subdolo avviato da una peculiare psiche criminale e che ormai si svolge automaticamente, perché messianicamente costretto a favorire una provvidenzialità aliena; aliena all’uomo, aliena al pianeta Terra. Tutto in un affastellamento di profezie, visioni, scritture, attese, speranze messianiche. . . e la lunga, spossante aspettazione dei tempi messianici. . .

   E il popolo dei credenti, la gente devota? Cosa rappresenta oggi la massa immensa dei “fedeli”?  Un business, un lucrosissimo business per lui. . . Molek, il divoratore di energia. Il Disgregatore, il desertificante! E non ci scordiamo dei suoi preziosi accoliti, i chierici e i turiferari d’un tempo più umile, oggi pingui caudatari dei maggiori loro, dei fratelloni; oh, sì! il grande fratello eletto da quel Dio del Libro, un astratto idolo, privo d’ogni gloria divina, geloso della monolatria di cui l’han fatto oggetto gli adamitici, per i quali lui molto si sprecò a impastarli nella creta; il buon, ma non tanto, vecchio vasaio! E noi vorremmo pur esser riguardosi verso questa credulità primitiva, se in essa riscontrassimo genuinità e una fede sinceramente ripostavi. Una veridicità. Ma la monolatria biblica è risultata essere un vero inganno per tutti, anche per gli stessi adamitici, una minaccia alla sacertà del Cielo e della generosa Terra; e la moltitudine dei suoi chierici da quelli mosaici fino ai paolottisti, questi ultimi i più fanatici, sono stati e sono, consapevolmente o inconsapevolmente, i diffusori ostinati del messianismo ateo e materialista. Come, proprio loro, i monoteisti? Sembra un controsenso, addirittura un paradosso; ma, riflettendo bene, un senso c’è e punto nascosto. Infatti anche l’ateismo è una credenza, anch’esso è dogmatico e tutti i dogmatismi possono essere rovesciati. Il superamento del dogmatismo, per esempio della vincolante accettazione per fede – fideismo – di una Rivelazione ch’è una proiezione in astratto su individui e masse, prepara l’uomo alla comprensione spirituale dell’ESSERE, vera assoluta REALTA’ vivente, e dell’INTELLIGENZA trascendente che è intangibile. L’UNO TUTTO, l’universa divina armonia.

   Il dogmatismo di qualunque genere, religioso o ideologico, è comunque sempre inattendibile, può capovolgersi in ogni genere di traviamento e può anche accadere che un Papa, persino nella più totale inconsapevolezza, si trasformi in uno stregone tribale o che una deputata della Repubblica grottescamente diventi una invasata Mambo vuduista.

   L’indulgente lettore potrà, a questo punto, meglio comprendere perché tra le nostre idiosincrasie vi sia una netta avversione per lo storicismo, cioè per la storia intesa come scienza. Infatti c’è da notare che la cosiddetta storia mostra sovente una vista artefatta e limitante.  Spesso, poi, s’addensa sulle sue narrazioni una penombra catacombale e non di rado si genera un greve senso d’insofferenza per il tedioso susseguirsi di cimiteri di fatti su fatti, e poi di fattacci. Eh! eh! andate a scavare tra le ceneri dei reperti! Ma anche oggigiorno, in questi nostri tempi, con gli archivi stracolmi di documenti a tonnellate, ravvisate voi veridicità in tante mostruose fiabe, autenticità in tante agiografie e . . . nelle “documentate” invenzioni e nelle menzogne regolarizzate? Già, già! la Storia vera, la sola legittima, quella regolarizzata da una mente (dogmatica!) politicamente corretta.  Eh, via, la storia! . . .  Che storiaccia è mai questa?  

   Gentili lettori, non vi sottoponete a queste lucubri fascinazioni. Quando noi proviamo ad interessarcene, tra le nere pieghe cariche di polvere secolare, tra gl’intrecci e i garbugli, cerchiamo accortamente di scorgere quei fatti minuti, quei gesti ordinari, apparentemente insignificanti, gli episodi trascurati, gli aneddoti ignorati – illuminanti spie! –  al fine di rappresentarci i personaggi che le narrazioni ci tramandano quanto più è possibile nella loro naturalezza, onde recuperarne verosimiglianza; l’intento è soprattutto di sottrarre personalità e fatti all’annosa sedimentazione di opinioni contrastanti, di plausi o calunnie, di apprezzamenti o censure, di glorificazioni o viceversa dei furores damnatorii, che le lunghe teorie dei posteri vi han deposto e vanno a deporvi. Abbiam spesso scoperto in tali indagini che il “personaggio storico” non è mai il personaggio che realmente fu in vita e, insieme, che il raschiargli di dosso tutta quella stratificata oltraggiosa fanghiglia o converso lo svuotarlo delle ridondanze retoriche o d’auriferi carichi non è compito facile; ma è meglio provarci che star lì a bersele grosse, come beoti.

   Le false convinzioni storiche generano e inducono alla superstizione non diversamente dalle credenze religiose a fondamento fideistico. I contemporanei di Hollywood e della tivvù vivono, tutto supinamente accettando, nel pieno d’una esperienza del genere; culmine di credulità trogloditica!

   Uno dei tanti esempi è il personaggio da noi già ampiamente trattato di Costantino Magno, costruito negli anni ad uso e consumo del paolottismo e a misura della nascente chiesa cristiano-cattolica e senza indugio santificato dalle chiese greco-ortodosse; in oriente è addirittura considerato il tredicesimo apostolo in concorrenza con Paolo di Tarso. Tutto sommato, un ibrido personaggio storico, indefinibile tra vertigini criminali, assassinii ingiustificati persino di congiunti, e vertigini santificanti, la visione cristica prima della battaglia di ponte Milvio; indeterminata la sua conversione: conseguente a quella vittoria oppure avvenuta in limine mortis, perché pare ei ci tenesse a conservare le sue prerogative e funzioni di pontefice pagano?

   Il cristianesimo, che andava affermandosi, gli attribuì l’appellativo di Magno, il Grande, per la sua instancabile opera distruttiva dell’Impero Romano. Pertanto trattasi davvero di una dismisura nel delineamento del personaggio storico, d’un’anormale grossezza, mentre in realtà non sussisteva in lui severa misura, spirituale valore, umana, significante magnanimità. Indubbio è che costui ignorasse il giusto equilibrio e quindi la pratica della divina clemenza. Dovette possedere una personalità ambigua e sfuggente e fu un politico subdolo; non si conosce il suo vero orientamento religioso, se mai ne ebbe uno; favorì il cristianesimo quale instrumentum regni e il cristianesimo si giovò della sua opera avversa alla spiritualità romana, al Mos romano e alla cultura romana. Avversò l’Urbs e si ritrasse dal Senato di Roma, portandosi in un angolo d’Oriente, dove sul sito della distrutta Bisanzio rifondò una nuova città, la città di Costantino, Costantinopoli. Questa città in seguito fu anche chiamata Nuova Roma, dando così adito alle storielle della seconda e anche della terza Roma. Confusionismo palesemente provocato e provocatorio e leggendarietà elusiva. E così il cristianesimo andava sempre di più affermandosi e tale era lo spessore spirituale del cristianesimo paolotto; il paolottismo, leninismo ante litteram! Vale a dire lo stesso apparato radicale, ieri e oggi.  Insomma, i monoteismi neo-vetero, creduli o increduli, devoti o miscredenti, testamentari o marxisti, son delle religioni o pseudo-religioni costituite da formidabili apparati burocratici con al seguito un gregge di osservanti, i cosiddetti “fedeli”. Questi ultimi assoggettati a ogni sorta di mortificazione dei corpi, dai cilici ai supplizi più atroci, dai roghi ai gulag; segnatamente, poi, assuefatti all’afflizione e alla prostrazione della cultura delle menti e delle anime, all’involuzione dello spirito degl’individui umani, delle nazioni e dei loro popoli.

   In definitiva conviene qui precisare quanto segue. Costantino I, rifondò sulla distrutta città di Bisanzio una nuova città che prese il nome di Costantinopoli intendendo trasferire in Oriente la capitale dell’Impero, e ciò fece in oltraggio a Roma ed esponendo intenzionalmente a rischio l’Unità dell’Impero, che di lì a poco si sarebbe diviso in Impero d’Oriente ed Impero d’Occidente. Costantino non era un romano, non condivise i fondamenti della cultura greco-romana né fu all’altezza di quella nobile Tradizione né di attingere alla luminosa trascendenza della Spiritualità Romana. L’enigma forse s’annida nelle origini oscure della madre, nella sua altrettanto oscura e non lodevole adolescenza. Anche nella sua elezione ad Augusto d’Occidente, alla morte di suo padre Costanzo Cloro nel 306, s’insinuò un che d’inquietante. L’elezione avvenne a York in Britannia, non regolarmente, da parte dell’esercito al comando di un generale imperiale, il generale Croco, ch’era stato in passato un capo alemanno rivoltoso contro l’autorità romana.

   Quando Costantino abbandonò Roma di certo lo seguirono un gruppo o una fazione d’Etruschi, gli ostinati nemici di Roma; gli aruspici dovettero mettergli insieme una sorta di cerimoniale fondatore e di quelli, che oracolando gli pronunciarono i loro responsi, dovette preminentemente servirsi per la fondazione (anno 326) di quella città, Costantinopoli, ch’egli voleva nuova capitale dell’Impero; dal 324 al 337, anno della morte, Costantino era rimasto infatti unico Imperatore.

   In conclusione, Costantino non fondò mai una Nuova Roma, non poteva farlo, perché non era in possesso della qualificazione romulea, né degli arcaici rituali indoeuropei, né dell’Augurato.

   Quando ci si è riferiti da parte di storiografi a Costantinopoli come Nuova Roma ciò avveniva solo nominalmente, come anche avviene per Mosca, la capitale russa, a tutt’oggi spesso appellata terza Roma. In linea di massima trattasi o ci si riferisce a retaggi di cultura classica greco-romana, soprattutto attinenti al campo della civiltà e del diritto; lo ius romanum rese fecondo tutto l’impero di virtù, di equità e di giustizia. Ancor più, può darsi, vi si avverte la fama e l’eco sempre risonanti della summa pietas, dell’empirica luminosa religio e della trascendente Virtus Romana risalente alla Saturnia Divina Traditio. Trovò indebito sostegno in quell’eco anche l’affermantesi superstizione giudeo-cristiana, cattolica in Occidente e ortodossa in Oriente; reliquie, memorie del “romanesimo” s’intende, giacché la Romanitas sui Romulei colles dura intangibile.

 

*   *   *

 

   Nel 1953, cinquecentesimo anniversario dalla caduta in mano dei Turchi ottomani di Costantinopoli, il poeta e cantautore irlandese Jimmy Kennedy scrisse una canzone divenuta famosa, di essa diamo la traduzione di alcuni versi:

 

Istanbul era Costantinopoli

Ora è Istanbul, non più Costantinopoli;

Così era molto tempo fa, Costantinopoli

Ora è una delizia turca in una notte di luna.

 

Ogni ragazza a Costantinopoli

Vive a Istanbul, non a Costantinopoli,

Perciò se hai un appuntamento a Costantinopoli

Lei ti aspetterà a Istanbul.

 

Quindi riportami a Costantinopoli.

No, non si può tornare a Costantinopoli,

È passato molto, molto tempo .  .  .

 

 

 

LA SCIMITARRA OTTOMANA
LA SCIMITARRA OTTOMANA

 

 

.  .  . DEVOTUM   CONSTANTINI   CAPUT . . . DEVOTUM CONSTANTINI CAPUT

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                        e il . . .

 

È così, Santità! È stato sempre così. Jesus Christ Superstar è tatuato dalla testa ai piedi;

a non dire del Padre suo che lo è interamente dall’eternità  e… all’infinito!

 

  (tatuanda fides)