Tèmp de Can... tèmp de GaT...

 

 

INDICE

 

INCIPIT A MO’ D’INCITAMENTO – PER UN SONNO SENZA INCUBI E TERRORI – GLI STORMI STURNIDI E IL TERRORE MICETICO 

 

 

 

 

INCIPIT  A  MO’  D’INCITAMENTO

 

   Siamo stati sollecitati da anonimi amici, visitatori del nostro sito, a continuare la trattazione sul “tema del terrore”. A loro dire, la maniera nostra di trattar l’orrido argomento è ben concepita e va coltivata perché, sempre a loro dire, possano derivarne effetti benefici. Or dunque, cominciamo col sopprimere l’aggettivo orrido e diciamo che l’argomento alla fin fine tratta di fatti che accadono e, come abbiamo visto, sono sempre accaduti nella storia. Noi abbiamo sostenuto che tutto l’orrore dell’umana vicenda dipende dalla insensatezza e che questa insensatezza è un prodotto del cervello umano. Nessuno può venirci a negare che, ai tempi dei Lumi e della tanto esaltata Ragione, questo esagitato culto non abbia prodotto terrore (il Terrore!). Nessuno può negare che i dogmi e i fideismi “religiosi” non abbiano prodotto e producano terrore, che i fanatismi ideologici scatenino terrore. Se l’uomo e le società umane coltivassero con continuità la coscienza di sé e il sentimento del bene operare, il terrore non dovrebbe manifestarsi  in nessuna delle sue gradazioni.  Ma, ormai, è appurato che la saggezza nell’agire non è un continuum nella storia dell’uomo.  Esprimendoci così ci riferiamo all’uomo come specie. Possiamo dunque affermare che nell’uomo, come generalità, non è da escludere la ferinità. Non è da escludere che la così detta “ragione”, pur se scritta con l’iniziale maiuscola (fu addirittura posta sugli altari quale Dea Ragione!), non sia immune dalla ferocia; è dimostrato dall’uso di strumenti terrifici particolarmente elaborati e tutti prodotti dalla scienza moderna; la scienza celebrata dai più, perché da essi ritenuta cerebralmente all’avanguardia! Il cervello della specie umana, come organo biologico, non garantisce la presenza dell’Uomo! Le masse moderne, come oggi organizzate dalla dominante ideologia, non rappresentano l’Età dell’Uomo.

   Nella Grecia di molti secoli fa, si racconta girovagasse un tal Diogene cinico (cinico viene dalla voce greca kyon, cane) con una lanterna e a chi gli chiedeva perché se ne andasse in giro con quel lume in pieno giorno, rispondeva: “Cerco l’Uomo!”, e proseguiva. Quindi il problema è l’assenza: assenza dell’Uomo! Ed è lui la chiave per disserrare lo scrigno; molti filosofi, e non solo, hanno cercato la risoluzione, ma da secoli Diogene ancora cerca... Perché questo non è un problema che si può risolvere con le Enciclopedie, con le ideologie e nemmeno con le aberrazioni della profana scienza moderna o, peggio ancora, con la sua aberrantissima ingegneria genetica.

   La soluzione s’impone.

   E’ nell’Uomo, e soltanto in lui. Consiste in una chiarificazione (avvenimento) in cui l’Uomo affronti sé stesso e primieramente si conosca. Conosca la sua UNICITA'. Si denudi di tutte le credenze, delle  illusioni, delle  abitudini, del tumulto dei “suoi” io. Deve presentarsi nudo a se stesso, non sotto specie di pensiero astratto, di artefatto cerebralismo, combinato d’istinti ed impulsi estranei alla sua integrità ancestrale; deve giungere a comprendere di che tempra è fatto, e se da vile metallo ha da mutarsi in più nobile tempra. Così acquisirà sapere, il vero sapere che è la conoscenza di sé. Per questa opera l’uomo deve osare. Osare, significa sacrificare gran parte di sé; di quel sé transeunte, egotista… partecipe delle umane affezioni ed afflizioni, delle febbri esaltanti… delle struggenti passionalità… che tutti i vizi generano e le debolezze … finanche il timore paralizzante… finanche  l’annichilente terrore.

   Qui, su questi fogli, siamo costretti al silenzio, perché il discorso si fa arduo e, per portarlo avanti, le parole, le frasi diverrebbero inadeguate… Meglio farebbe allo scopo la vanga dell’agricola… la vanga per colere il campo… perché l’uomo deve salvarsi, solo a lui tocca farlo… non c’è dio che lo aiuti… coltivi dunque il suo campo!

   E torniamo al terrore. Abbiam detto che la levatrice di ogni terrore è l’insensatezza. Se consultate un vocabolario troverete che “insensato” è definito colui che opera senza senno, incapace di valutare le cose nella loro gravità e quindi agente in modo non razionale così da poter danneggiare sé e gli altri. In questi tempi ultimi gli insensati (agenti-invasati-invasori) sono moltitudine… l’invasamento è un contagio amplificato dal terrore e che si amplifica nel terrore.

   Come già trattato nella nostra pagina dedicata a “Contro il Terrore”, l’Esparver, pur vivendo immerso nel terrore fino alla gola, tanto da procurarsi una gorgiera a protezione, riuscì a guarire dal male escogitando un metodo semplicissimo, l’uso del Nonsense… dosi minime, con il contagocce, per guarire dall’insensatezza generata dalla paura e dall’angoscia provocate dal terrore! Il terrore è oggi una patologia abbastanza diffusa, causata dall’infinità delle turpitudini fermentanti nella dissennatezza d’un uomo degenerato. Disonestà che investe tutti i campi dell’attività sociale, politica, economica, scientifica, militare etc.; e non sono da escludere nemmeno i fanatismi religiosi, compreso il fanatismo laicista, figlio del materialismo scientista: il più totalitario dei fanatismi! Allora? Insisteremo col Nonsense? Certamente! Non ci tiriamo indietro. Frattanto mentre il buon Diogene, con la sua lanterna diurna, va in cerca dell’Uomo, noi, esenti dal Terrore, senza indossar gorgiere e corazze, ci dedicheremo a distribuire ai nostri dilettissimi amici, sconosciuti e non, gocce di Nonsense e lo faremo con buone dosi di discernimento, e con amore.

   Però vogliamo ammonire e sollecitare, quanti più esemplari di bipedi è in grado di raggiungere la nostra voce, a maturare come Uomini, cioè a formarsi quali esseri dotati di Mente e di Cuore (intendiamoci: non mero viscere cervello e mero viscere cardiaco), sublimi organi degl’Avi primordiali che reggevano con la Mente il cielo, che con il Cuore governavano la Società umana e la Natura intera e con l’Orma del piede nobilitavano la terra. In tale stato rappresentavano salute e salvezza per la società degli uomini, quella che i Padri latini chiamarono la Res Publica Universa, ovvero ciò che è nel qui e ora, e nel qui e ora sacralmente deve prosperare. Non trascurate, amici, le leggi, ma mirate alla Somma Giustizia che dovrà rifondare il cosmo, i cieli e risanare la natura, auspicando che essa torni anche a premiare, sulla terra, l’umana rettitudine e la probità. Tendete alla vostra salute e con tutto il vostro essere a quel “ Amor che move il sole e l’altre stelle ”.

   Noi, in queste pagine, ci adattiamo a trattare dell’uomo Nonsense, cioè dell’uomo nella sua dimensione meramente terrestre, come oggi lo osserviamo, nell’impaccio delle sue esigenze e dei suoi bisogni, nelle sue urgenze materiali, nella boria della sua greve quotidianità, nella gravità della “sua” materia, adorata e venerata al pari d’un feticcio.

   L’asino di Apuleio riuscì a mangiare la Rosa… ma dopo tante bastonate.

   Per tanta fatica invochiamo il genio di Lucilio, di Orazio, di Giovenale, il sano e sublime riso di Rabelais e proseguiamo, rabelesianamente, con il raccomandato dai più costumati moralisti, castigat ridendo mores.

   Ma, e buon per noi, non presumiamo di essere all’altezza degl’invocati Geni. 

 

hac stat

 

   Gli antichi spesso nelle loro case avevano sul pavimento dell’atrio raffigurata a mosaico l’immagine di un cane alla catena. Era una immagine allegorica che li ammoniva continuamente a guardarsi dall’uomo volgare. Certamente questo rappresenta il segno che quei tempi già volgevano al peggio. Il cane, eccetto i casi di rabbia, non morde mai il padrone. Il termine morso, che i provenzali pronunciavano semplicemente mors dal latino mors-us come il nostro mors-o, contiene quindi la sillaba ferale mors. Ferale è il morso del lupo quando azzanna alla gola la preda per nutrirsi di quella vita; ferale anche il morso dell’uomo quando spicca coi denti il cibo come nutrimento. Tutte le creature terrestri, compreso l’uomo, mordono per nutrirsi.

   Il gatto, felino, oltre a mordere, graffia. Il graffio non è una necessità di vita, nel latino non se ne trova l’etimologia né tantomeno il corrispondente. L’etimo è da trovarsi nel germanico krapf, nel senso di chi afferra, artiglia; nella stessa radice c’è “rap” che è la radice del termine rapire e dunque sottrarre. Il termine è anche nella voce "rapace" e comprende il nome della mostruosa Arpia, anche un demone della morte, e nel nome Arpagone il famigerato sordido avaro di Molière. Il graffio non ha nulla di grazioso ma contiene, nella sua simbologia, un che di insidioso e di gratuitamente insidioso, quasi un ferire per cattiveria e per gioco, il palesarsi di una provocatoria subdola incoscienza. Ecco perché il passaggio dal tèmp de Can al tèmp de GaT … non lo riteniamo un passaggio felice; i defunti Egizi e le loro mummie di gatti a parte.

Chi ben comincia è a metà dell'opera!
Chi ben comincia è a metà dell'opera!

 

tèmp de Can

                           tèmp de Gat

 

   Un gatto ruba l’osso al cane,

poi, con mossa rapida,

il fregarolo scappa…

L’insegue il cane, il gatto

in fretta se la svigna

e fila, fila lesto…

L’inseguitore è vinto,

ansante il cane sosta

con un nodo alla gola,

l’occhio umiliato, pensa:

Una volta, diceva 'l mè padrun,

tèmp de can! Da quest’oggi, ahimé,

tocca dir, tèmp de gat!...

in merkel sprache… katze!

 

 

   Torniamo a noi e tentiamo di mettere sulle righe giuste il nostro Nonsense da buoni epigoni dell’Esparver, senza presumere di esserne alla pari.

   Anzitutto, cari amici, vi invitiamo a non gridare più al lupo! al lupo! Il lupo vero, noi, lo teniamo per nostro parente e alleato; quell’altro, il licantropo, ha ormai dissanguato intere greggi e tiene con stretta morsa tra le sue mascelle fameliche tutte le rimanenti pecore e pecoroni… Per liberarvi di costui, e non credete che sia cosa facile, dovete dapprima raffinare la vostra arguzia e, acuita la vostra attenzione, riuscire a capire finalmente che siete stati ingannati. Sentirete, nel vostro cervello, come un’esplosione e, senza manco accorgervene, esclamerete: CACCHIO! Vi accorgerete in tal mirifico istante che il mostro ve lo siete creato voi e ve lo portate dentro. Lo avete insensatamente suscitato con il vostro fideismo, credendo e adeguandovi alle sue promesse, ai suoi allettamenti, alla sua perversa seduzione; prestando persino cieca obbedienza ai suoi dogmi nefasti. Liberté! Égalité! Fraternité! Siete saliti troppo in alto su questa mongolfiera e le ghigliottine, gli sgozza-gole, il licantropo insomma l’ha avuta vinta. Adesso, si salvi chi può! Ma, aggiungiamo noi, soprattutto chi vuole e diligentemente si mette all’opera.

   Osserviamo tuttavia il cave canem per quel che riguarda il senso allegorico, ma da oggi teniamo anche conto del cave cattum, cioè dei graffi felini; c’è qualcuno che non si senta, per esempio, continuamente sgraffignare il portafoglio? Carovita, tassazioni, furti, rapine, addirittura sui risparmi, speculazioni di ogni sorta etc. etc. etc.; e, mi cita un conoscente che da pochi mesi ha sepolto l’amata consorte, il caro-funerale con misera sepoltura! Che volete di più? Se non ambite a danneggiare i vostri diletti eredi, date disposizioni acciocché vi espongano ai corvidi come facevano un tempo i sumero-babilonesi… Che? – mi dite – Il licantropo non lo permette, richiede le nostre spoglie per suo uso e consumo! È così. Ma voi, coraggio, iniziate a reagire!

   Cominciate a vedere questi strangola-gole, questi scippa-portafogli per quel che realmente sono: ciucantropi, mulantropi, alopexandropi, selachiosantropi… ma licantropi soprattutto e, voi, a non considerarvi più scolari di ciucci, di muli, di volpi, di squali, o agnellini da sacrificare a tanta macroscopica global-licantropia.

   Vi ricordate di Esopo, di Fedro, di Plinio il Vecchio, di Jean de La Fontaine, dei Bestiari medioevali, di Trilussa? Ebbene facciamo alla maniera loro, cominciamo a vedere questi  “omettocrati” per quel che sono, non animali innocenti, ma viziosi quadrupedi, squamosi serpenti, vituperevoli caudati… esecrabili, maleodoranti multiplobestiantropi.

 

Forza, coraggio! Non retrocedete.

 

“Il terrore aumenta, la gente (i poveri?) vede diminuire i propri risparmi! In tempo di crisi famiglie (quelle ricche?) stanno paradossalmente arricchendo perché hanno preoccupazione e paura. Anziani perdono il proprio posto di lavoro, sgomento nelle famiglie! Disoccupazione giovanile in aumento, espatrio di cervelli, fallimenti, suicidi…”

   Il terrore! Si, il terrore! Perché tutto questo è terrore; ma voi, di grazia, evitate di soccombere al terrore…

 

 

R I C E T T A  BALSAMICA

 PER VINCERE IL TERRORE

 

  Preparatevi un toccasana

Ma… prolisso! Tisana di melissa,

Passiflora alla rucola commista

E a creste di viverra tangalunga;

Di porcospino aculei sminuzzate

In vin santo, cervogia e olio d’oliva; 

Tritate un etto d’agli e cipolline,

Bollite per mezzora e tre secondi

E ingerite cocente il buon decotto.

Stendetevi sul letto

E attendete il decorso…

Al mattino appena desti

Con spumeggiante zampillino

Pisciate allegramente via il Terrore!

 

   Poi, per l’intera giornata, in specie se siete tele-dipendenti, osservate questo saggio proverbio siculo:

 

Quannu a iurpi prierrica, vadditi i jaddini.

Quando la volpe fa la predica, guardati le galline.

 

 

*   *   *

rroonf rroonf rooo rooo rroonf rroonf...
rroonf rroonf rooo rooo rroonf rroonf...

agli occhi dei GaT  t u t t o  appartiene ai GaT

 

 

 

Er Gatto e er Cane

 

Un Gatto soriano

diceva a un Barbone:
- Nun porto rispetto
nemmanco ar padrone,
perché a l’occasione
je sgraffio la mano;
ma tu che lo lecchi
te becchi le bòtte:
te mena, te sfotte,
te mette in catena
cor muso rinchiuso
e un cerchio cor bollo
sull’osso der collo.
Sicconno la moda
te taja li ricci,
te spunta la coda...
Che belli capricci!
Io, guarda, so’ un Gatto,
so’ un ladro, lo dico:
ma a me nun s’azzarda
de famme ‘ste cose...
Er Cane rispose:
- Ma io... je so’ amico!

                                      Trilussa

il nostro GNOMO, soprannominato Tartuffolo
il nostro GNOMO, soprannominato Tartuffolo

 

 *

 

    Sì! Dappertutto occhi felini, pupille fisse e irrequiete, avide, insatanassate, come in un film dell’orrore…

 

   Cortesi e colti amici, non lasciatevi prendere però dalla felino-fobia. Curate, senza eccessiva ambascia, e vogliate bene ai vostri gatti di casa, non dovete temerli. Guardatevi invece dai Gatti del Fòro (i luoghi monumentali, cioè, dove opera il politically correct) e dai gattacci del fóro (la famigerata, cioè, Banda del Buco). È davvero così, è tèmp de GaT… e dappertutto! Ai loro occhi biechi e fosforescenti, capaci d’arraffare anche nella più fitta tenebra, anzi, soprattutto nella e a cagione della cieca oscurità, alle loro ingegnose pupille ogni cosa appartiene, tutto! ed esclusivamente alla loro genia. Questo non lo diciamo noi, ma è evidente nelle immagini, nell’ espressione del loro rappresentarsi, del loro recitare e portare in scena una lubrica vanità con i propri esclusivismi ed il proprio tornaconto: nel loro furtivo uncinare…

   Curate le buone bestiole, manifestazione dell’innocente natura, quelle che confidano in voi, ma aprite gli occhi sul Grande Bestiario di questi tempi oscuri e della massiccia ignoranza mass-mediale; favorite il vostro risveglio, non lasciatevi sopraffare dai katzen-menschen e dalle katzen-frauen; in italiano cattantropi/e oppur, se v’aggrada, sostituite la doppia tt con una doppia zz… e poi dormite pur sonni quieti!

   Ma a coloro che non hanno voglia di risvegliarsi, e non ce ne importa un fico, vogliamo comunque dedicare affabilmente la canzoncina che segue.

 

 

PER UN SONNO SENZA INCUBI E TERRORI

   Ninna narra in sette re… con buona notte in bèe…

 

   Andiamo a nanna come ai tempi belli,

quando d’estate

si passeggiava senza ombrello

e d’inverno

si ballava al sol del tamburello!

do dò   do dò   do dò…

Erano i tempi in cui i nonni saltavano

a piedi pari i fiumi e i ruscelli!

do dò   do dò   do dò…

E i lor nipoti cosa fan di bello?

Prole tarda e pigra non fa,

sappiate, un bel niente!

La nanna si gode in sette re?

È, forse, un grosso abbaglio!

Al posto di due enne

qui voglionci due erre:

“Vogliamo noi narrar quei tempi belli...

in re… in re… in re…”

Ninna narra in re per sette volte,

per sette e più volte sette

re re   re re   re re   re!

Bene, così!... e via di seguito…noi…

il buon sonno a contar dei tempi belli!

E voi?... Continuate ... bèe bèe

a ninnarvi bèhèhe quanti volete! …

bèe bèe pigramente a ninnar

Buona notte a voi,

buona notte in bèe! 


*

 

 

GLI STORMI STURNIDI E IL TERRORE MICETICO

 

  

   Nelle scorse settimane abbiamo avuto notizia che in alcune città, ma soprattutto nella nostra Capitale, i cieli si presentano superaffollati di volatili. Non aviogetti o scie chimiche. Uccelli!... Ci dicono che la volatile moltitudine disturbi i bei tramonti romani e le godevoli passeggiate lungo il Tevere con una pioggia intollerabile di escrementi. Ciò, ci ripetono, è causa di grande apprensione per le eventuali malattie micetiche e protozoarie che tal “calamità” rischia di diffondere. Quali armi usare per arrestare questo volgar scacazzare? Per impedire all’impertinente storno d’oltraggiare gli Auguste che in distinto abito da sera se la passeggiano sul lungo Tevere? Qui ci sovviene, e non per puro caso, dei marciapiedi capitolini, maleodoranti per la sparsa, frequente dissenteria canina. La folla dei padroni, che mal si curano delle loro bestiole durante i lunghi passeggi, non teme, qui, la diffusione della micosi? Nel primo caso trattasi di una trasmigrazione della durata di alcune settimane; nel secondo di una sconcia abitudine quotidiana che si protrae negli anni! Entrambi i casi, comunque, dovrebbero interessare gli uffici addetti all’igiene pubblica. Così non ne deriverebbe allarme  e apprensione per i cittadini. Sono i mass-media, i cronisti e i loro padroni che traggono profitto nell’amplificare tanta angoscia. E siamo daccapo al tema del terrorismo, sempre più capillarmente diffuso. Mah!...

   Le stagioni si succedono, così anche le migrazioni degli uccelli. Ciò non ha mai suscitato angoscia e apprensione. L’occhio umano è sempre rimasto ammirato davanti ai grandiosi spettacoli della natura, pur temendo l’uomo le grandi catastrofi.

“…Sturnorum generi proprium catervatim volare et quodam pilae orbe circumagi, omnibus in medium agmen tendentibus…” E’ caratteristico degli storni volare in schiere, compiendo giri come in un corpo a forma di sfera e insieme tutti tendere verso il centro della schiera. Così Plinio il Vecchio, uomo di scienza, descrive le evoluzioni nell’aria degli stormi sturnidi. Dante, grande poeta e anche lui uomo di conoscenza, così nel V canto dell’inferno ai v.40/44

   E come li stornei ne portan l’ali

nel freddo tempo, a schiera larga e piena,

così quel fiato…

di qua, di là, di giù, di sù…

   Il poeta paragona la moltitudine delle anime dei lussuriosi, travolte dalla corrente infernale, alla moltitudine degli storni nelle loro trasmigrazioni invernali, preso dalla visione di quelle evoluzioni a schiera larga e piena… di qua, di là, di giù, di sù…

   Guido da Pisa, nel suo Commento all’Inferno di Dante: “…sturnus est avis modica mira pennarum varietate depicta. Haec avis societatem diligit… gregatim incedit, et in tanta moltitudine tempore hyemis volat quod aerem et solem obnubilare videtur.”

   Ciò che colpisce l’attenzione dei sopraddetti è “il meraviglioso esempio di abile coordinazione e di controllo perfetto che si costata nel volo delle schiere sturnidi”, come si esprime la prestigiosa opera ornitologica Birdes of Britain and Europe della Dorling Kindersley di Londra. Ma anche, e forse di più, la tanta moltitudinequod aerem et solem obnubilare videtur.

   Plinio il Vecchio, Dante, Guido da Pisa videro davvero uno spettacolo sorprendente, oscurante l’aere ed il sole, e, senza timore alcuno, lo ammirarono e con brevi icastiche frasi lo descrissero. Abbiamo detto, non a caso, che ai loro tempi era davvero uno spettacolo impressionante. Infatti, oggi leggiamo: “a causa di un declino diffusissimo si è molto ridotto il numero degli sturnidi”. Questo declino è avvenuto negli ultimi cento anni e non riguarda certamente solo gli uccelli; non vogliamo dilungarci, conoscete bene il responsabile di tal declino.

   Un tempo le città erano circondate da agresti, vasti spazi, oggi da campi desertificati; ai  bordi dei fiumi allora foltissimi canneti, arbusti, alberi, alte rupi tufacee, e poi lussureggianti selve. Miriadi di insetti si diffondevano dappertutto nei campi, nei pascoli, nelle praterie e moltitudini di uccelli potevano cibarsene, liberandone i campi a vantaggio dell’uomo. Dalle mura, dalle torri, dai terrazzi delle loro città, Plinio, Dante, Guido, osservarono in lontananza sui campi, lungo le ripe fluviali, su, nell’aria, ai tramonti, quelle esemplari evoluzioni degli stormi sturnidi in medium agmen (la schiera larga e piena) tendentibus. La notte incombeva ed anche gli storni tendevano al riposo e si appressavano alla ricerca dei loro “dormitori”, senza recar fastidio  agli umani né stercorarie piogge ai loro centri urbani, ma allietando (laetamen da laetare) i campi. A quei tempi era così perché vigeva un equilibrio: equilibrio nell’Uomo, equilibrio nella Natura. Gli esseri della natura non hanno mai minacciato l’uomo; “gli uccelli” di Hitchcock esistono solamente nella mente turbata (artatamente alterata) dell’uomo d’oggi.

   Noi vogliamo pur dare una spiegazione al lamentato “imbrattamento” dei parchi cittadini da parte degli storni nelle settimane del loro trasmigrare. Vogliamo scrutare tal variegato segno. Conosciamo, ce lo insegnano gli esperti, che gli sturnidi con quelle straordinarie evoluzioni a schiere tendono a difendersi, disorientandolo, dal predace falco pellegrino. Ciò avviene nell’aria, come nelle acque marine per certi banchi di pesci che con ugual strategia si difendono dai predatori del mare. Curiosissima analogia tra creature dell’aria e creature delle acque marine. Un tempo, come abbiamo visto, ciò non riguardava l’uomo, perché l’uomo era sano, la sua mente equilibrata, limpida la sua anima, puro il suo spirito; non aveva ancora provocato grossi e gravi danni. Ancora non lo aveva ghermito il rapace forestiero - ehilà l'egotista! -, l’errante pellegrino, quel che avido, rapinoso persiste fuori - foras -, l'estraneo, il sovrappiù che ammalia, assorbe e svia. Allontana l’uomo da sé stesso; separa l’uomo dall'uomo e ne sgretola la società, che non più coltivata, imbarbarisce e sempre più s'assoggetta al forastico. Haec avis (lo storno invece) societatem diligit (la sua società ha cara!)...Il popolo degli storni! oggi a torto privato dei suoi "dormitori" naturali...

   Abbiamo letto sopra, in Plinio, “omnibus in medium agmen tendentibus, tutti tendono (gli storni) al centro della schiera. E, più recente, il Segneri (1624/94): "Così fanno gli storni, volando sempre a schiere numerosissime, e procurando in quelle il posto di mezzo per maggior cura di sé". L’uomo d’oggi ha perso, in sé, il senso della centralità, non raccoglie in sé, nel centro,  i ritmi naturali; si è discentrata  la sua operatività. Tutto è cerebrale nell’uomo d’ oggi, manca il cuore,  il centro focale, cioè virilità unificante. Concordia! È il centro, fuoco generatore, che il tutto unifica nell’etere, nel respiro cosmico,  allorché acque limpide e fluide ridanno, umidificandola, fertilità alla terra.  

   A ciò, giunge dal cielo tal richiamo. In medium agmen tendere!

   Sei tu, uomo, smarrito in un deserto! Inaridita è la tua anima, torbide impure le acque, greve scura l’aria. È tempo di restituire levità e purità alla mente, ad impavido cuore saldamente unita; risanare nel profondo la psiche, illimpidite e purificate le acque; rinnovata l’aria, innalzare il soffio vitale al puro, luminoso etere.

   Laetamen, per allietare la terra degli Uomini! Per gli Uomini prosperità, dal cielo! Concordia, nell'animo degli Uomini ridesti!

 

A U G U R A M U S