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DEMOCRATICAMENTE CON BRIO

 

 

È il tempo del Vietatore,

tutti al guinzale, e in museruola!

Tutt’altro che un vil dittatore:

dappertutto un vietume

con divieto di adagi e motti

un tempo cortesi, ma oggi

politicamente scorretti.

Maschiotto impenitente,

quel batacchio nascondi

imbarazzante, il manganello

esilialo in cantina!

Son di moda gli spianatoi,

rassegnatevi al matterello,

tutto spiana, destra, sinistra,

l’osso parietale

e i lobi del cervello!

Ingiungono la museruola

per impedire il turpiloquio?

Col popolo a posto, garbato,

scherzosamente fallocratico

ma curialmente matriarcale,

e con la unione egualitaria,

sigla correttamente Lgbttì,

l’omocoppia è il più ch’al mondo apparve,

ma l’uomo è già lì lì per scomparire!

Duro è lor monito: “popol siffatto

non s’inveschi in volgarità!”

Tocca ai governi impecettare – e già,

il gir d’affari è sempre là –

coprir con cerotti le oscenità!

È l’ora del gran Tutorato

sul popolo bue, scoronato

dalla tuttasanta Democrazia!

Feccia omofoba, pussa via!

 

 

 

 

 

 

 

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Ahi serva Italia, di tal giungla ostello…

 

 

 

 

SAN VITALIANO, AIUTAMI TU!
SAN VITALIANO, AIUTAMI TU!

 

da SV&ITALIA a SDR&AGONIA

 

 TUTTA L’ITALIA D’OGGI SA DI BESTINO

 

 

Venga, ben venga con il nuovo anno, il pio Alchimista

e tanto stercume tramuti in un'aurea fiorita!

DI MELIORA PIIS

 

Sul finir dell'anno 2021, tra il giorno di Venere e il giorno di Saturno

kalendae Ianuarii MMDCCLXXV AU

 

 

 

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DECLINANTE OCCIDENTE

 

CHE OSTENTA IL SUO ONUNCOLO PENDAGLIO

Il Presidente della Papua Nuova Guinea ad una riunione ONU
Il Presidente della Papua Nuova Guinea ad una riunione ONU

UN SELVATICO UMANO TRA  ALIENATI, RINCHIUSI E ALIENI.

NON HA RINUNCIATO AI SUOI SIMBOLI AVITI:

IL CORNO ERETTO VERSO LA FRONTE ADORNA DI PARADISEA PIUMA

RITTA  AL CIELO.

VERO PATRIOTTO E BUON CONSERVATORE

ALTRIMENTI DALL'ORBA GIORGINA.

LA DALIA O GIORGINA
LA DALIA O GIORGINA

Il fiore che soffre le gelate

 

 

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nell’Era liquida dei lockdown
nell’Era liquida dei lockdown

 

 

dies saturni, 16 ottobre 2021

 

 

 

 

 

 

AL LETTORE

   

  

   La ragione per cui il racconto che sotto si legge, un testo recondito forse anche un po’ intimista, compare qui nella gran confusione della commedia covidiolesca, non riusciamo sul serio a spiegarcela. Sembra come se qualcheduno ci avesse spinto ad arrostire sullo spiedo una quaglia impagliata o alla brace un salmone intagliato nel legno. Eppure, a leggerlo qui, sembra d’esser nel dormiveglia o d’aver la fronte febbricitante … Oppure febbricosa è la nostra vista?

   Forse, quel che accade nel mondo oggidì, è naturale ch’accada; nulla di posticcio, un fenomeno del tutto naturale! E, i balletti politici? Anche questo un fenomeno naturale, infatti la pulce è un insetto saltatore e si nutre di sangue … certo tutto ciò è irritante, specie quando ti salta nell’orecchio, noioso come un pulice, il clamore tivvudico; oh, non ve ne accorgete? Vi abbiamo spesso esortati a spengere quel maledetto apparecchio. E allora? ci chiedete. Allora, dateci sotto e rifate l’apparato boccale alla pulce, a tutta questa giostra di pulci...

   Noi, per nostra parte, lasceremo lo scritto qui di sotto dove l’abbiamo trovato; e ce ne resteremo discretamente in disparte, distanti e indifferenti, senza parteggiare per l’uno o per l’altro battibeccante, con un benevolo sorriso sulle labbra; quel sorriso che ci fu trasmesso dal signor di Rabelais, il nostro venerando maestro François che ci apprese il modo per essere operosi e gentili e … sorridenti sempre.  E ai cari amici che ci seguono, ottobre regali il sorriso delle sue felici ottobrate! Noi, doniamo loro il sorriso del colchico autunnale che è fiorito nel nostro campicello.

 

 

LA DANZA DEGLI GNOMI, ANCHE DANZA DEL DRAGONE
LA DANZA DEGLI GNOMI, ANCHE DANZA DEL DRAGONE

   

 

Cera una volta un paese, nascosto in un angolo buio del mondo, che prendeva il nome dalla mandria muggente, o più preclaramente dalla mitica Vacca, la gran Madre Taura. Oltre che da grosse mandrie di mucche, Vitalia era abitata da una popolazione numerosa e frammista: la nazione dei Vaccinari. Un ceppo probabilmente risalente ad una colonizzazione minoica del primissimo periodo protostorico. E con il superstite toponimo anche la traccia residua delle taurocatapsie, cerimonie festive e pur religiose che avevano come protagonisti il toro (ὸ ταῦρος) e un acrobata saltatore (quei che si leva in alto). Da Creta questo culto si estendeva, oltre che nel Mediterraneo, all’Asia Minore e sino alla Valle dell’Indo.

   Quel popolo si dice sbavasse di rabbia, perché in un tempo, anteriore all’uso della scrittura, aveva subito ogni sorta di angherie da parte di una fazione aliena, detta dei Non-vaccinari, altrettanto analfabeti quanto lo erano i Vaccinari. Accadde che il popolo dei Vaccinari riuscì a conquistare il potere assoluto in tutto il paese e, instaurata una tirannide, vendicossi di quei mascalzoni dei Non-vaccinari, uno zoccolo duro a morire; ma infine quest’ultimi dovettero subire il supplizio del tampone antigenico che veniva loro sadicamente infilato nel cervello attraverso le nari. I Vaccinari erano una gente di media statura ma i tamponinari, scelti tra i più bassi, feroci e fanatici nani, sotto il metro e cinquanta.

   Era quello un paese favoloso? Un paese di gnocchi, di fere tribadi e di dracunculi; non vivevano in quel paese mascoli, né femine di stirpe umana. Femminielli alla riscossa, tanti! E isteriche begolarde montate in bigoncia. Vitalia! Vitalia!

   Si racconta che men di un secolo prima della catastrofe pandemica, provocata dagli 'opportunisti' Non-vaccinari, fu celebrato l’ultimo funerale d’un tal mortale ch’era solito girare con una lanterna in cerca dell’individuo uomo già da tempo scomparso dal pianeta; si dice che quel ricercatore solitario avesse muso canino in figura umana. Infatti al tempo del quale trattiamo, tra i Vaccinari l’uomo era sconosciuto, del tutto sparito dalla circolazione. Quel tale venuto da lontano, che essi chiamavano Pape Satàn, gran sacerdote e guru dei Vaccinari, si riteneva essere l’extraterrestre rappresentante in terra dell’alieno re d’un desertificato cielo, dove da tempo s’era scatenato il pandemonio, un inferno di missili, aeroplani d’ogni sorta e nazione, scie chimiche, astronavi, satelliti artificiali, tutto fuorché angeli, arcangeli e il famoso Trinità, come infatti lo chiamavano. In quel favoloso, rovescio paese si inventavano storie d’ogni genere, storie di pestilenze, di sciocche battaglie politiche, di spettacolari, ma false taumaturgie, di robot eccezionali, da paura, e altre cibernetiche creature; tutte invenzioni mostruose. Era un paese senza storia, un residuo dei tempi megalitici con gli ctonici culti taurini e relativa religione crepuscolare nel segno lunare, e tal cosa ci risparmia di continuarne il racconto. Era invero uno strambo paese di goffi gnomi e di draghi imbragati, di scimmie urlatrici e di scienziati folli … e vi operava un seminario posticcio di tivvudiche mucche vaccine, tauriformi divinità lattiere e mungitrici… A tanto s’era ridotto il fabuloso! Il mondo era dovunque tutto un pastrocchio ateo clericale. La politica globalista con il suo politichese un pastume per polli.

scimmia urlatrice pretivvudica
scimmia urlatrice pretivvudica

   E qui poniamo termine al pazzo racconto dello sbalordente paese di Vitalia … che forse nemmeno esiste, infatti sui mappamondi manca e pur nei libri di storia … nella fantasia degli urlatori pandemisti ce ne sono sparse e vaghe tracce e in quella dei negazionisti è tutto da immaginare.

 

*

   Santa Vitalia, protettrice dei launeddisti, aiutaci tu!  Che il tuo santo e martirizzato nome non sia stato invocato invano. E tu, San Vitaliano Papa, accompagna le nostre preghiere con le cornute note del tuo organo che bucano il cielo!

   Santa V&ITALIA e San V&ITALIANO = astuzie clericali: conglobare, incorporare nell’ente ecclesiale, etcetera etcetera etc. Vatica & C. – Aruspicina, Cabala, Paolottismo, Gnosticismo, Gnomologia apostolica, Zelanteria catechistica, Credo Mao-confuciano, Credo amazzonico, Teologia della Liberazione etc.

   L’antica santimonia associava il nome dei due santi, non per caso maschio e femmina, alla fermezza del ferro. Tal metallico pregio li innalza a protettori di cotesta nera stagione: l’Etade del ferro! In tanta nerezza e nereggiante romore, se non altro liberateci, o Santissimi, dall’inoculo radioattivo, dal pandemonio dei morbi pandemici e liberate il buon popolo, quello non ozioso, da tanta pedocchiarìa e dal pretesco malaffare.

   E a voi, amici, ricordiamo un segreto: il nero racchiude e compendia tutti i colori.

   L’epiteto di nero fu dato al mare da Omero, e a ragione perché, se si ha fiducia nella propria vista, di notte lo si vedrà di tinta bruna, ma di giorno scintillare tra il verde e l’azzurro, colori che il notturno mare in sé occulta e che poi mostra al giorno. A quei tempi, e ancor dopo, tori neri si sacrificavano a Poseidone, il dio del mare, ed egli regalmente assiso sul tritonio cocchio solcava le strepitanti onde. E così, temporibus illis, l’uomo trovava salvezza rigenerandosi nelle nere acque primordiali.

   E gli Orfici cantavano: la Notte, madre degli dei e degli uomini, la Notte origine degli elementi e dell’Orbe intero, Venere alma.

 

                         . . . “Amor generatore . . .

il più bello dei numi ed il più antico,

che forte in sua possanza alta infinita

pria del tempo e del mondo ebbe la vita.

Ei del Caosse sulla faccia oscura

le dorate spiegò purpuree penne,

e d’Amor l’aura genitrice e pura

scaldò l’Abisso, e fecondando il venne.

   Del viver suo la vergine natura

i fremiti primieri allor sostenne:

e da quell’ombre già pregnanti e rotte

l’Erebo nacque e la penosa Notte.

Poi la Notte d’amor l’almo desio,

sentì pur essa, e all’Erebo mischiosse

e dolce un tremor diede e concepío,

e doppia prole dal suo grembo scosse;

il Giorno, io dico, luminoso, un dio,

e l’Etere che lieve intorno mosse,

onde i semi si svolsero dell’acque,

della terra, del foco, e il mondo nacque.

Quindi la Terra all’Etere si giunse

mirabilmente, e partorinne il Cielo,

il Ciel che d’astri il manto si trapunse

per farne al volto della madre un velo.

Ed ella allor più bei sembianti assunse:

l’erbe, i fior si drizzaro in su lo stelo;

chiomarsi i boschi, scaturiro i fonti,

giaquer le valli e alzar la cima i monti.

Forte muggendo allor le sue profonde

Sacre correnti l’Ocean diffuse,

e maestose con le fervid’onde

circondò l’Orbe e in grembo lo si chiuse.

(V. Monti, La Musogonia - versi 302, 333)

 

   Ci s’approssima alla fine della ferrea Etade, alla limatura del ferro, a rifinire (?!rifinitura!) l’estremo bordo dell’oscuro ciclo? Già si dice in giro che questi anni travagliati trascorrono nel segno del cambiamento; dunque, l’uomo di buona volontà si è messo in cammino? Prendendo congedo da l’anno duro, infatti, salutavamo l’anno nuovo, quello tuttora corrente, augurando l’anno dell’Uomo che s’apre la strada alla buona ventura. E ben sia!

  Fornita l’Era oscura, dell’offuscamento, dell’ignoranza, dall’attristante tenebrore, dallo stato d’imperfezione, dal profondo Erebo congiunto alla tenebrosa Notte, balzerà fuori l’Atleta antico. Uno sbalzo nell’etere leve, nella luminosità del giorno nuovo e divino, il divino dì! Un salto elegante, ben misurato e quindi intelligente, coraggioso. Abbiam detto ben misurato, elegante, ossia una scelta intelligente e coraggiosa, luce e vita. Unione della mente con il cuore, per andare oltre l’ostacolo tauromorfo, superare il lunare adescamento, e adoprando la forza taurina, osare la spinta delle corna lunate per dominare l’attrazione terrestre e così, invigilando, sottrarsi all’incanto selenico.

taurocatapsia minoica - il salto elegante
taurocatapsia minoica - il salto elegante

  Tanto si rappresentava durante le cerimonie delle taurocatapsie ai tempi minoici, e non solo a Creta, ove si allevavano numerose mandrie di tori, ma in tutti i paesi del Mediterraneo ove il toro era allevato e oggetto di gran rispetto. A tutt’oggi in Europa, soprattutto in Spagna e nella Francia meridionale residuano tracce di questa antichissima costumanza nella dimensione folclorica e del mero acrobatismo.

   Or dunque, saltiamo molte, molte righe e da quella straordinaria Tarda età del bronzo, veniamo a tempi più prossimi a noi. Lasciamo da parte, ma in modo riguardoso, Santa V&ITALIA e San V&ITALIANO, voci molto fiocamente echeggianti i culti dei vitellai, ricchi di mandrie, sul finire di quella muggente età. E veniamo alla patria nostra; a quei tempi si chiamava Ausonia e il suo re, Ausone, che la leggenda faceva discendere dalla maga Circe, figlia del Sole, e suo figlio fu Liparo, dal cui nome le isole. E qui cediamo la parola al vate Romano, Virgilio, Eneide- III v.161/171:

 

… … Non haec tibi litora suasit

Delius aut Cretae iussit considere Apollo.

Est locus, Hesperiam Grai cognomine dicunt,

Terra antiqua, potens armis atque ubere glaebae;

Oenotri coluere viri, nunc fama minores

Italia dixisse ducis de nomine gentem:

Hae nobis propriae sedes, hinc Dardanus ortus

Iasiusque pater, genus a quo principe nostrum.

Surge age et haec laetus longaevo dicta parenti

Haud dubitanda refer, Corythum terrasque requirat

Ausonias: Dictaea negat tibi Iuppiter arva.

 

<<Non questi lidi t’indicava Apollo Delio, non ti disse di stabilirti a Creta. Vi è un luogo, i Greci la chiamano Esperia, terra antica, potente in armi e di zolle feconda; l’abitarono gli Enotri, ora è fama che i nipoti la dissero Italia dal nome del capo delle genti. Questa è la nostra vera sede, lì nacque Dardano e il padre Iasio, da tale autore la nostra stirpe. Sorgi, dunque, e riferisci all’annoso genitore queste indubbie parole: cerchi Corito e le terre d’Ausonia! A te Giove non concede i Dittei campi.>>

 

*

 

   Questo scritto angoloso, che ci è capitato di stendere alla rustica, ci auguriamo non finisca sotto il naso d’un occhialutissimo intellettuale stracarico d’erudizione in ogni scibile, e ancor meno sotto l’occhialino d’una parlamentarista in gonnella saccente e pettegolina, al pari d’un anchorman tivvudico. Uno scritto paradossale o ancor peggio, assurdo, irrazionale, che non rispetta il procedere puntuale, storico dei tempi – oh, la storia! – ma con agilità anguillesca anticipa, intreccia, posticipa, annoda e ingarbuglia secoli ed ere. Vallo a sapere! Persino il nostro gatto ha preso a divincolare la coda, e in questo preciso momento. Poffarbacco, che l’arte divinatoria ci assista!

   Volete venir fuori da questo balordo clima di scombussolamento generale? Da tanto frastornamento tivvudico? Da tanta invocata pestilenza senza fine? Ponetevi ritti, a piedi nudi, su una lastra di porfido, o se preferite su una roccia di granito, e con il viso rivolto al cielo e l’occhio vigile fate il giro dell’orizzonte. V’accorgerete che intorno a voi è silenzio e quiete, che siete fuori dal tumulto e inattaccabili da qualunque pestilenza. Ma dovete buttar via la museruola, uscir fuori all’aria aperta e respirare. Respirate l’aria pura! acciò, il luogo scelto sia arioso, felice e aprico.

   Il nostro gatto ha smesso di divincolare il setoso codinzolo e fa dolcemente le fusa al calore del sole che gli compenetra il pelo.

   Noi abbiamo tra le mani la nostra bussola, lo sguardo sul quadrante: nunc fama minores/Italia dixisse ducis de nomine gentem:/ hae nobis propriae sedes. Sono i surricordati versi di Virgilio, il Vate romano, il nostro Vate italico che ci narra che il popolo degli Enotri, popolo Ausonico, era guidato da un duce che si chiamava Italo e da esso, Italia si chiamarono quei luoghi, un tempo dette le terre d’ Ausonia.

   L’evento si verificò molto tempo prima della guerra di Troia, e fu la chiamata dell’Itala Gente in quella età protostorica; ma per la fondazione d’una Nazione italica dovrà prima sorgere Roma, la nuova Saturnia. Ad illam horam, fu un Capo – prescelto e designato – quindi un Reggitore saggio e lungimirante, a dare a quella terra protesa sul mare, tritonio umbone del pianeta, come fermamente stabilito, il suo nome. Dal re Italo, Italia.

   Son sempre gli uomini a determinare gli accadimenti e a far fronte ad essi, e anche a provvidamente predisporli; procede dall’assennato agire felice avvenimento, dall’imprudenza, dall’azzardo, cioè dall’imprevidenza, il subire la sfortuna, il patir le sciagure.

   Allor che la nuova Saturnia, Roma, s’addentrò nella storia per riportare nel mondo Giustizia e Verecondia e sottrarre le umane stirpi all’offuscamento, minacciante decadimento e barbarie, come accade quando gli uomini sprofondano nella superstizione, l’Itala Gente, tranne gli Albani e i Latini, erano in tal triste condizione. Liguri, Celti, Veneti, Campani, Umbri, Piceni, Marsi, Sanniti, Lucani, Bruzi, Dauni, Messapi, erano chiusi nel loro egoistico particolarismo e in un ottuso etnocentrismo, inoltre anche animosi guardiani di quei limiti. E i Romani dovettero durare grande fatica nell’affrontare così ostinata arretratezza e chiusura culturale e soprattutto cultuale, ché ormai la selvatichezza di quelle genti era tale che le loro cerimonie, le loro feste, tutto il loro calendario religioso era mera idolatria; un fanatismo vitalistico si combinava con un panteismo pervaso di misticismi ed estasi orientaleggianti; a Sud per il dissolvimento della cultura magnogreca decaduta nella leziosaggine e nell’artificiosità; nel Centro-nord per il preponderante influsso del fatalismo etrusco, ove prevaleva la cupa pratica del culto aruspicino, mentre un sotteso monoteismo, tipico della mentalità mercantesca mediorientale, spingeva verso una condotta di vita materialista e nichilista. Insomma, la superstizione dilagava e quelle genti ormai veneravano “dei falsi e bugiardi”. E quando sopraggiunse il giudeo-cristianesimo, distrutti i templi e perseguitata l’antica cultura e le genti che la praticavano, questo in sé assorbì, riplasmandole e adattandole al monoteismo, quelle superstizioni e costumanze pagane; gli idoli pagani divennero simulacri cristiani e superstizione s’aggiunse a superstizione. Superstizione oggi, ancor persiste e tutto travolge.

   Grande fu la fatica di Roma, e molto il sangue versato; ma risplendette la luce: la Aeternitas Romae si manifestò. L’angustia, l’offuscamento arretrarono, la minacciosa decadenza fu allontanata, il Marte Romano trionfò e Liber pater accolse i figli di quelle genti, i Liberi, tutti cittadini di Roma: la nuova chiamata dell’Itala gente. Italo, in quei lontani tempi, non aveva operato invano: dal nome del duce ausonico Italo, Italia!

   L’anno 760 di Roma (7 d. C.), nella Pax Augusta si realizzava l’unità dell’Italia. Ottaviano ordinava l’intero territorio italiano in undici Province. Per volontà dell’Augusto l’unità si realizzava nel rispetto delle culture etniche e nella leale osservanza dello Ius romano.

 

*

    “Siamo nati in questo tempo e dobbiamo percorrere coraggiosamente sino alla fine la via che ci è destinata. Non abbiamo alternative. Il nostro dovere è di tener fermo sulle posizioni perdute, anche se non c’è più speranza né salvezza. Tener fermo come quel soldato romano le cui ossa furono trovate a Pompei davanti ad una porta: egli morì perché, quando scoppiò l’eruzione del Vesuvio, si dimenticarono di scioglierlo dalla consegna. Questa è grandezza, questo significa aver razza. Questa onorevole fine è l’unica cosa che non si può togliere all’uomo”. (O.Splengler, Der Mensch und dieTechnik – trad. A. Treves)

   Pur non concordando con il pessimismo splengleriano, riteniamo che questo suo pensiero sia degno di attenta riflessione.

 

   I nostri Padri consigliavano di:

 

 

All'attenzione del gentile Lettore: Ad integrazione di quanto sopra scritto, si invita alla lettura del capitolo PELLEGRINAGGI nella pagina COERENZA è ARMONIA.

 

 

10 ottobre 2021, dies Solis 

 

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IMPOPOLARE: non gradito al popolo, che non ha l’approvazione

del popolo; quindi inviso al popolo.

 

ossia

 

ALLA FACCIA DEL POPOLO SOVRANO

 

 

 

E con questo gesto sinistro ma solenne (ohe, l’autorevolezza dei miei tiri mancini!) pongo una pesante pietra tombale sulla vetusta ideologia democratica illuminista professata nella sordo-cieca Repubblica vitaliota e sorretta dalle grucce yankees. Affido questa salma sdrucita al potere funerario aruspicino oggidì gestito dalla Milizia loyolista, affinché essa possa godere di catacombale sepoltura nel Reame di Vatica, onde provenne; quell’oscuro reame dei fatti, delle vicende, delle cose – r e s – malproprie, malriuscite.

 

In saecula saeculorum, amen!

 

 

 

VACCINOGENO e VACCINARO MI RALLEGRO PER IL SUCCESSO…

 

METTO FIFA, AH! AH! AH! AH!

  

IN FILA, COGLIONI! DAI, DAI, SPERANZA, PUNZONALI!

 

 

 

M5s: incontro Grillo e Conte a Marina di Bibbona.

 La pace è fatta: “ora pensiamo al 2050".

 

Venerdì, 16 luglio 2021

 

 

 

SENZA FACCIA!

    DISPETTO del COVID19, del POST- COVID et CETERA

 

    Beh! … Be (a) otissima incoscienza! … spaghettara incontinenza, purtroppo ostinata a volersi prolungare nel tempo; gustatoria lascivia cervellotico-ventrale, tesa a perpetuare, negli anni e nei decenni che son da venire, la propria voluminosa insignificanza; oggi, gabbando la contemporaneità e i propri conterranei (mai dire compatrioti!), oggi e domani infischiandosene delle generazioni future e pretendendo nel 2050 e oltre d’essere pur sempre loro, in vivente mortal carne ed ossa, i posteri. Uhi! vanità che s’illude d’una fama futura? ovvero ininterrotta, interminata, spaghettara fame?

   Maneggiano, e senza scrupoli, di “patria politica” come si trattasse di personalissimi affari, per l’esclusivo, proprio vantaggio e a svantaggio del popolo (il bis-cornuto sovrano) e soprattutto in barba alla democrazia, salvo quella diretta da loro stessi e orientata dai loro padroni, generosi plutocrati con poteri sovrannazionali. Ebbene, lice! È democraticamente corretto. Sta scritto sulla soglia d’ingresso di tutti i gabinetti e a grosse lettere uniformi: L I C E T .

   Davvero, è così! Le democrazie traggono vigore dai vizi, dalle vanità, dalle ambizioni e anche dalle debolezze degli uomini; e così le tirannidi, che da esse democrazie derivano e che eufemisticamente oggidì vengono chiamate dittature. Eppoi, i popoli si lasciano facilmente gabbare, condizionare e, imbelli, s’abbandonano a sconsiderate idolatrie.

   Notiamo il gesto di repulsa dei severi lettori e delle nostre gentili lettrici; repulsione motivata da un giusto sentimento d’avversione; ma tutto ciò contrasta con la nostra spontanea italianità! Ed infatti, tutto questo frastornio, tanta scemenza, è il vile attuamento d’un malcostume secolare e d’inveterate consuetudini tipicamente clericali. Le loro liti sono finte, simulate le loro controversie; ingannevoli persino le loro rappacificazioni. Questi “senza faccia” sono gli attuatori e i realizzatori del nulla; sconsiderati esecutori di uno strisciante, prostrante disordine per volontà aliena; stranio volere interessato al sottosopra delle nazioni, alla distruzione delle patrie.

   Non ci curiamo, amici, dei SENZA FACCIA! Non valgono nemmeno una razza di gallacci da combattimento.

 

 

*

 

 

BAGLIORI TRIASSICI NEL POSTMODERNO ITALIOTA

 

 

 

 

Quel drago che è in me!

La sua occhiata sbieca, di aristocratico intransigente,

sulla miseria politica del ministero,

sorprende persino la mia disciplina gesuitica,

ma non posso impedirglielo;

la sua saggezza che sconfina nei millenni mi è di monito.

In obbedienza assoluta al suo draconiano volere,

di costoro e lor partiti non mi curo; faccio tutto da me.

 

 

 

 

 

Un saluto romano finalmente non censurato

dalle stamperie democratiche.

Chi può mai permettersi di ostracizzare la possanza

d’un drago, perforarne la dura corazza triassica?

E un saluto romano, a mano aperta, spiegata,

è ben augurante.

Prosit!

 

 

*

                   

 

OCLOCRAZIA GLOBALISTA

 

OVVERO

 

DAPPERTUTTO GIUNGLA GLOBALE

 

 

 

Papa: "apriamo cuore ai rifugiati, siamo una sola famiglia.

Così faremo crescere una comunità più umana.

Apriamo il nostro cuore ai rifugiati, facciamo nostre le loro tristezze”.

Redazione ANSA CITTA DEL VATICANO

 20 giugno 2021

 

Giornata del rifugiato: Mattarella, "l'Italia non si è mai sottratta al salvataggio dei profughi.

Dovere al quale il Paese non si è mai sottratto anche in recenti tempi segnati dalla pandemia".

Redazione ANSA ROMA

 21 giugno 2021

"La protezione della vita umana, il salvataggio dei profughi, il sostegno ai sofferenti nelle crisi umanitarie, l'accoglienza dei più vulnerabili, sono impegni cui la Repubblica Italiana, in collaborazione con l'Unione Europea e le organizzazioni internazionali, non si è mai sottratta, anche nei tempi recenti segnati dalla pandemia". E' quanto afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato.

 

 

CON LO SGUARDO BRIEVE RIVOLTO ALL'AVVENIRE...
CON LO SGUARDO BRIEVE RIVOLTO ALL'AVVENIRE...

 

 

Rissa al mattino a Milano, arrestati sei ventenni.

Prima delle otto sfida a calci, pugni e bottigliate.

Redazione ANSA MILANO

20 giugno 2021

Sei ventenni che si sfidavano a calci, pugni e bottigliate poco prima delle otto sono stati arrestati a Milano dagli agenti del commissariato Greco Turro.
Si tratta di quattro ecuadoriani, un peruviano e un italiano di età che vanno dai 22 ai 25 anni, tutti ubriachi.

 

 

Armato di coltello alla stazione Termini, la polizia spara per fermarlo.

Redazione ANSA ROMA

20 giugno 2021

L'episodio è accaduto ieri sera intorno alle 19 nei pressi dell'uscita della stazione di via Giolitti.

E' stato avvistato da un addetto alla vigilanza della stazione Termini di Roma aggirarsi armato di coltello nei pressi di un'uscita della scalo.

Nel tentativo di bloccare l'uomo che brandiva il coltello, un agente della polfer ha esploso un colpo che lo ha ferito all'inguine.

Il Ghanese di 44 anni, con precedenti, è stato portato in ospedale in codice rosso, ma non sarebbe in pericolo di vita. 

 

Due ergastoli e due condanne per l'omicidio di Desireè. 

Redazione ANSA ROMA

20 giugno 2021

Resta in carcere anche l'imputato per il quale in un primo tempo era stata disposta la scarcerazione per la scadenza dei termini della custodia cautelare.

La madre: "Mi attendevo quattro ergastoli, non sono soddisfatta di questa sentenza".

Due ergastoli e due pesanti condanne: è la sentenza per l'omicidio di Desireè Mariottini, la 16 enne di Cisterna di Latina uccisa il 19 ottobre del 2018 a Roma in uno stabile abbandonato nel quartiere San Lorenzo.

In serata, dopo aver ascoltato le repliche delle parti e dopo oltre nove ore di camera di consiglio, i giudici della III Corte d'Assise hanno emesso il loro verdetto: Mamadou Gara e Yussef Salia sono stati condannati al carcere a vita; 27 anni di reclusione sono stati inflitti ad Alinno China e 24 anni e sei mesi a Brian Minthe, per il quale la Corte d'Assise aveva disposto la scarcerazione per l'accusa di droga ma che resterà in carcere. All'uomo è stata, infatti, notificata in queste ore una nuova ordinanza cautelare per l'accusa di omicidio della minorenne.

Nei confronti dei quattro cittadini africani le accuse vanno, a seconda delle posizioni, dall'omicidio volontario alla violenza sessuale aggravata, alla cessione di stupefacenti a minori.

 

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OCLOCRAZIA GLOBALISTA

 

TRA CABALISTICHE TRAME E SUPERSTIZIONI ARUSPICINE

 

 

non so cosa dire;

avvilisce molto però constatare

com'è degenerata da noi la politica in questi tempi

(Eupoli di Atene, 446-411 a.e.v.)  

 

   La democrazia – ci riferiamo alla insita in tali governi svantaggiosa ideologia, ispirata al sotteso intollerante credo settecentistico, dall’estate 1945 imposto con la minaccia atomica – non riuscirà mai ad evitare nel corso degli anni il logoramento delle sue cariche rappresentative, tantomeno a controllarne e correggerne gli sviamenti; le sue istituzioni sono fragili sul piano delle idealità e del reale; le sue elette rappresentanze facilmente s’abbandonano agli egoismi, al carrierismo, cedono all’adulazione,  ai ricatti di mafie e camorre, si disfrenano negli arrivismi. Circondata dal discredito, la democrazia per sopravvivere va giù e si dissolve    nell’oclocrazia (predominio delle moltitudini); la folla, invidiosa dei carrieristi divenuti sempre più sfrontati, s’allarma, diviene inquieta, alla fine s’arrabbia e allora compaiono i peggio ancora. Si fanno avanti arrampicatori sociali, guitti rabbiosi, artisti da nulla, finti incavolati; all’instabilità del diritto s’accompagna la corruzione, sulla residuale giustizia cala un velo funebre; il popolo infiacchito finisce con il depravarsi e accettare la sovversione dei suoi costumi ancestrali; intellettualoidi da strapazzo e clerici teste d’uovo occupano i massmedia, e appresso tutto il bagagliume del più becero egualitarismo discendente per via diretta dalle cogliarelle illuministe, più la sinistra scuola francofortese con il comagmatico sessantotto. Dietro tutto questo pupazzettare, sulla inattaccabile poltrona il sommo pokerista, il minaccioso bluffatore, il computista globale, che trasmise agli Yankees il gioco di “vantarsi di avere ciò che non si ha”: la democrazia universale esportabile con il bomber B-24 Liberator e con lo slogan, LIBERTY FRATERNITY EQUALITY!

 

*

 

   Il poeta comico-satirico Eupoli, della commedia greca antica, ateniese come i suoi contemporanei Aristofane e Cratino, tutti attivi critici e irrisori della demagogia e del populismo verso la fine dell’età periclea, fu testimone del tramonto dell’Atene gloriosa e del suo invilimento e decadenza in uno stato demo-mercantesco. Con le armate navali e abili strateghi a protezione dei traffici, cominciarono a diffondersi la viltà e l’ignoranza, l’ingiustizia e la inverecondia. Il buon commediografo invitava saggiamente gli spettatori a star desti e a non ascoltare l’oratoria ingannatrice, i vaniloqui, le promesse viete e sterili di quei tristi abbindolatori; ad essi dichiarava di molto soffrire a vedere com’era ridotta la politica ai suoi tempi e per l’intristimento della polis, nel rimpianto della semplicità antica. Deprecava caustico e sferzante la perversa condizione che obbligava tutti a seguire capi politici, demagoghi e capiparte, che erano, senza esagerazione, “laidi individui, scarti umani”.

   Ma forse siamo troppo andati indietro nel tempo, a lontane stagioni in cui venivano coniati quei neologismi e pressappoco nel senso da noi oggi conosciuto; fatto sta che quelli erano tempi somigliantissimi a questi d’oggi, i tempi del non sapiente che accede al governo della polis, degli uomini divenuti vili e insipienti, i tempi sgovernati dal predominio della crassa ignoranza. Dietro tanto sconsiderato maneggìo una anonima ignobile tirannia, una abnorme perversione, un patologico sadismo usurario.

   Soltanto alcuni decenni fa, nel secolo da poco trascorso, un grande scrittore conterraneo di Verga e Pirandello, Leonardo Sciascia nel suo romanzo “Il giorno della civetta”, faceva dividere da un personaggio del suo racconto l’umanità – “bella parola piena di vento”, scriveva – in cinque categorie: “Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù agli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliain . . . che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre”.  

   Concezioni, viltà, costumi, perversioni, che avvicinano gli uomini di tempi lontani, una volta ch’essi vengono travolti dalla decadenza. Decadenza di cui oggidì non ci s’accorge, ché l’homullus, l’ominicchio, può calare lì per lì dal cielo enormi funghi atomici, come si vanta di poter sfregiare il volto della luna (e a qual fine?), e proporre ai popoli la democrazia diretta digitale, una oclocrazia globale computerizzata. La barbarie non escludeva il possesso di armi micidiali e a tal punto penetranti e taglienti da poter compiere stragi immani e far scorrere a fiumi il sangue, né il barbaro era impedito dal condurre una vita tra costumi raffinati e fornita di comodi.

   Dietro tanto imbrutire, tecnologizzato alla moderna, nell’oblio dell’umano vivere – vivere? presto lo faranno i robot per l’insieme del genere umano – nell’incuranza delle avite culture, dominante su una sterile, artefatta intellettualità vigliaccamente asservita, e dietro la totale digitalizzazione planetaria, assiso sull’inattaccabile poltrona, lui, sempre lui, il sommo pokerista, l’ineguagliabile bluffatore, lui il digitalizzatore per eccellenza, il possessore di tutte le cifre, di tutti i nucleoni, di tutti i numeri, di tutti i disparati DNA, e simili e dissimili informazioni, i dati del mondo intero, lui contempla la Humanity tutta ridotta ad un unico puppet digitale. Alle sue spalle Vatica, il demone delle cavità sotterranee, con voce catacombale e cabalante gli suggerisce, per scopi mistificatori e in linguaggio commisto, aruspicini fati e bibliche profezie.

 

 

 

 

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI IN ADORANTE CONTEMPLAZIONE

MISTICAMENTE CONFUCIANO-MAOISTA, PRIMA DELLA SUA MISSIONE IN USA

 

 

 

 

ANNUNCIO 5STELLE

 

"Abbiamo deciso di porci un obiettivo molto ambizioso: istituire la Giornata nazionale della partecipazione e della cittadinanza digitale, da celebrare il 12 aprile di ogni anno. Data scelta non a caso dal momento che, nella storia contemporanea, c'è stato un uomo, che grazie alla rete, ha segnato insieme a Beppe Grillo, una svolta storica per la politica italiana. Un uomo che aveva un sogno: restituire ad ogni cittadino centralità nelle scelte che riguardano la vita di tutti. Un sogno chiamato democrazia diretta, da realizzare attraverso il web e l'innovazione tecnologica. Il 12 aprile è la data in cui è scomparso Gianroberto Casaleggio e noi vogliamo, in questa stessa data, far rivivere ogni anno la sua visione innovativa e unica perché possa essere fonte d'ispirazione per ognuno di noi".

 

 

 

 

 DISCRASIA DIGITALE

 

   In tal goffo clima di mistica ansia celebrativa si esprime il carattere clericale proprio di questa primitiva setta dei Pentastellati. Setta che, non bisogna trascurarlo, ha adottato a simbolo confuciano le cinque stelle della bandiera rossa di Cina; una ispirazione che deriva dalla attuale gesuitica Teologia della liberazione e s’avvia risoluta verso una mistica digitale, confuciana e gesuitica a un tempo; una digitalizzazione che tende a smaterializzare la specie umana, sfruttando la stessa energia delle masse, che pur debbono permanere in una invariata materiale grossolanità. L’uomo, l’intera specie UOMO, così sarà svuotata totalmente della sua anima e quindi della sua volontà e persino delle sue voluttuosità democratiche.  L’uomo digitale forse non soffrirà più ma nemmeno godrà di una sua centralità, di una sua autonomia, di una partecipazione libera alla vita sociale, perché avrà una cittadinanza digitale e una libertà meramente astratta dal suo essere, ormai anch’esso una sciatta identità digitale. Realizzato l’uomo digitale sopraffino, con la confessione comunitaria digitale, la specie umana avrà le sue teorie di Santi digitali da celebrare nei giorni comandati, dopo un digiuno oberato da edeniche penitenze, il tutto digitalizzato secondo le norme dettate dal soprastante Clero digitale.

   Clero che continuerà a sopravvivere nella sua abituale secolare forma vampiresca di stipendiato nullafacente.

   Tale il sogno, vissuto attraverso il web, scongiurato il cortocircuito! Il mistico sogno dei pentastellati durante la notte che ha preceduto il dodicesimo giorno di aprile di quest’anno 2021; anno afflitto dalla pestilenza insorta nelle terre gialle della bandiera rossa a 5stelle e da quei pentastellati diffusa anche costà con eccedente humour virale digitale. Alla malora il digitale buffonesco! Evviva il grillo saltarello, quello vero, il grillo campestre!

   Un obiettivo molto ambizioso? Ma no! un obiettivo semplicemente, e pur misticamente, clericale, anzi clero-digitale!

   E un vaffa. . . al posto di un amen.

   . . .   . . .   . . .

   In serata. Il professor Terenzio ha letto da poco l’annuncio dei 5stelle, il suo volto non lascia trapelare nulla, ma d’improvviso sbotta: “Miseria ladra! Riuscite voi a capire qualcosa; ma, come fecero costoro a farsi largo e ad avanzare nella carriera politica? Ministri! Sottosegretari! Governanti!? Incredibile, bah! E adesso pretendono di essere anche beatificati…? E vogliono comparire memorabili…eh! Il giorno celebrativo nel calendario? Per il popolo è una disfatta…da parte mia nessuna commiserazione. È tutta da ridere questa politica democratica…son le comiche alla Ridolini; si, buffe comiche, forse anche spregevoli comiche.”

   Il buon Vecchione qui scoppiò in una risata che possedeva tutta la sapienza e il vigore dei suoi cent’anni, oltre al giovanile ardore di chi ha appena iniziato, e son cinque mesi circa, il suo secondo secolo.  

   “A tempi migliori, professor Terenzio! E che vengan giorni sani, uomini seri e alteri siano governanti saggi; belle fioriscano e sapienti primavere!”

   Il professor Terenzio non scordò il fiasco del Sangiovese; empì sereni i bicchieri; insieme brindammo all’Italia antica e nuova e a un lor prossimo incontro; poi, in coro scandito un vibrante – euhoe – a Bacco immortale, il sole calò paterno dietro ai monti e con felice augurio si concluse la serata del 12 d’aprile 2021.  

 

 

 

 

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SCENA I

 

(fondale vuoto; al Nazzareno, in un locale venturo, da immaginare)

 

                                                                      

TALARE NERA

Oh Geppy, ciao!

TALARE ROSSA

Ciao, ciao Harry!

IN DUE

Sì, sì! Oh bella, ciao! bella ciao! bella ciao, ciao, ciao!

TALARE NERA

Oooh qual nostalgia dei tempi passati! I tempi dei nostri papà, Geppy. Tempi sinistri, anonimi, grigi!

TALARE ROSSA

Anonima la bella . . .

TALARE NERA

Anonimo il partigiano . . .

TALARE ROSSA

Anonimo il luogo del seppellimento . . .

TALARE NERA

Su una montagna anonima . . .

TALARE ROSSA – Già!  Anonimo persino il fiore, all’ombra del quale chiede d’esser sepolto . . .

IN DUE

Esser seppelliti da un’anonima beccamorti, dopo aver fatto con lei il cascamorto?

TALARE NERA

Meglio che da un anonimo fossore di cui non conosci l’appartenenza ideologica; dovesse...la vanga finir nelle mani d’un leghista!?

TALARE ROSSA

Già, la vanga è sempre anonima, ma il fossore potrebbe essere . . . 

TALARE NERA

Quel trucido Sal Saal  sal . . . Saal . . . Salviette! No, no! . . . sal . . .

TALARE ROSSA

Stanne sereno, Harry, non ti curar! Dunque, veniamo a noi!

TALARE NERA

Stiamo attenti! Quel motto: A noi! . . . Inopportuno grido, cameratesco urlo . . .  Ben venga la nostalgia partigiana, ma l’altra . . . mai e poi  mai!

TALARE ROSSA

Hai ragione, occorre attenersi al politicamente corretto . . . correttissimamente! Tutta qui è la ragione della nostra esistenza. Anzi,  pronunciamo bene, nel linguaggio sacramentale statunitense: politically correct!

TALARE NERA

Oh delizia d’un mistico gergo nato in seno alla più perfetta democrazia del mondo! Somma potenza del mondo! Nucleare potenza  protetta e guidata dal lume infinito e sapiente del vero, e sempre sia lodato il gesuitico Iddio! Genuflettiamoci! (si genuflettono)

TALARE ROSSA

Sempre sia lodato! Il Dio di Nazareth, il celeste Nazzareno...

TALARE NERA

Al quale, qui, oggi consacro il cuore e tutto il mio pensiero!

TALARE ROSSA

Ed io lo feci al Nazareth! Da lì, l’alta intensa ispirazione che ha dato vigore a tutto il mio discorso politico ai cinquestelle . . .Da Nazareth  soffia il buon vento. (declama a voce piena): Ho accettato questa sfida complessa ed affascinante: rifondare il movimento 5stelle. (con  foga oratoria amplifica la retorica) Non è un’operazione di restyling o marketing politico ma un’opera coraggiosa di rigenerazione, senza  rinnegare il passato.

TALARE NERA

Ed io qui, da questo Nazzareno loco, mi terrò stretto al tuo fianco! E insieme...marceremo verso il futuro.

TALARE ROSSA

E insieme divulgheremo ai quattro venti il gesuitico bando: (riprende il discorso con accresciuta enfasi oratoria) Rispetto della persona,  ecologia integrale [pasta, spaghetti, maccheroni, riso integrale], secondo cui occorre affidarsi a modelli di sviluppo aperti a misurare le  condizioni effettive [metri e bilance da distribuire a tutti] di benessere equo e sostenibile [non faremo mancare le grucce], la giustizia  sociale [col binocolo! tal strumento fornito a spese del Governo], l’etica pubblica [che???????], il rafforzamento della democrazia diretta  [vaccini a tutta forza], la democrazia diretta digitale [un miracolo Yankee? o da bandiera rossa cinese a 5stelle?]che resterà un punto  fermo del neo Movimento [dopo il decesso, poscia?].

TALARE NERA

Bene! Uno schietto avvenirismo irrompe nella politica: il fantastico futuribile! Vi ci ritroveremo insieme, Geppy! Ho avuto l’incontro con le  Sardine, ho parlato con loro. Eccezionali! Favolose, creative! Immaginifica, inesauribile versatilità marina, ne sono rapito, Geppy!  Arriveranno a banchi e banchi, con il profumo della fresca brezza del mare, irromperanno con l’impeto della demagogia giovanilistica!  Svecchieremo, metteremo a nuovo tutto! Oh Geppy, saremo in grado di controllare le alte e basse maree della politica, daremo il voto ai  sedicenni, il mio sogno parigino! Voilà mon rêve parisien! Il est près d’ici, très bien!

TALARE ROSSA

Bien! À toi les sardines, à moi les cri-cri. Nous serons comme le poisson dans l’eau, comme un sautillant insecte sur la Terre . . . Au  revoir, mon compagnon!

TALARE NERA

Senza fretta, Geppy! Ancora qualche istante, aiutami a risolvere questo dannato caso; trattasi d’un problema, un po’ imbarazzante, di  parità dei sessi. Ho ereditato da Zinga un Piddì eccessivamente maschilista; pensa te, capo e vice-capogruppo dei Dem alla Camera  sono entrambi maschiacci! Ma io intendo far valere la parità di genere, le quote rosa, e dar soddisfazione alle femministe. I due  dovranno dimettersi, e saranno sostituiti da due orrevoli femminucce. Queste orrevoli per rispetto del genere le chiameremo la  presidente e la vice-presidente oppure presidentessa e vice-presidentessa? La presidente è errato, perché il termine presidente è di  genere maschile e rigetta l’articolo al femminile; presidentessa, poi, mi dicono sia un termine prevalentemente scherzoso. Un bel  dilemma! Sono, quindi, ricorso a un francesismo che mi pare un buon accorgimento. Giudica tu! In francese la presidentessa si dice la  présidente e non è scherzoso, al maschile è le président; perciò si potrebbe, evitando l’errore e lo scherzevole, usare il francesismo che  passerebbe persino inosservato: la onorevole présidente.  E così, con buona pace del dizionario a stampa delle Boldriniane Edizioni  s.r.l.

TALARE ROSSA

Bravo, Harry! Con un trucchetto grafico, con un parvolo accento ‘improprio’, hai dissipato le femminesche rancure. Io, invece, non sono  riuscito a domare ancora del tutto the donkey-cricktets, l’asineria dei politici pentastellati, quello stupido risentimento che manifestano  contro chi gli propone the neo-Movement; sono attaccati all’oggidì, addirittura affezionati al Covid e alla pandemia, che impedisce le  elezioni. Noi la pandemia la lasciamo negli artigli di Big Dragon, alle sue cure. Ed è bene che i popoli peccatori, razzisti, omofobi e  maschilisti impenitenti, attraversino un periodo di tempo penitenziale. Noi dobbiamo spalancare le porte del futuro ai nostri due Big  Parties che dovranno marciare insieme oltre, sì, oltre il futuro.

TALARE NERA (lo interrompe)

E non dobbiamo mai dimenticare il voto ai sedicenni . . . sedi cenni. . . verranno a noi nugoli e nugoli, un mare di Sardine, briose, sapide  sardine...

VOCE FUORI CAMPO (grossa e decisa)

Ccà se so’ ammusciate tutte ’e fronne e ’e frunnelle, pure chelle d’’a lattuga; ’e cardille, ’e frungille nu’ cantano cchiù; che scucciantarìa,  se songo scuncecate ciele e terra! Nuje ce simme sfasteriate, sfasteriate assaie. Ma mò basta! Avite arrennegato ’o Munno. Jatevenne, jatevenne! Fernimmola cu chesta fintarìa, cu chisto parlettià! Io so’ Pulecenella e, quant’è vera ‘a morte, saccio c’aggia fa’.

 

 

 

 

 

 

 

SCENA II

 

(Pulcinella irrompe sulla scena stringendo con gesto esortativo il suo folklorico manganiello; le due dotte talari fuggono via in gran fretta)

 

 

  PULCINELLA – Mò sì, si respira aria pulita! Io so’ una vera maschera della commedia dell’arte, la secolare commedia che discende dalle fabule atellane, l’erede di Maccus, Buccus e tante altre antiche maschere; ed oggi, io qui voglio rappresentarle tutte, le mie sorelle d’Italia, la mia voce è anche la loro voce. Invece, questi rompiscatole imbelli sono soltanto burattini al guinzaglio, mammuocciole, lacchè e leccapiedi! Questa turba di emuli scorretti ed importuni io la disdegno; questi museruolati, sfruttatori di pandemie, spediteli all’inferno! ’A gente vo alleria e no sti musse stuorte, sti ncenzaiuòle, e tante ammuinature. Sciò...sciò, baciapile! Pussa via! (scuote il randello, dà uno sguardo in giro ed esce)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SCENA III

 

(la sala del teatro; gli spettatori rispettosi del distanziamento sociale)

 

 

  IL SINDACATO DEGLI SPETTATORI – Il discorso di Pulcinella calza a puntino e a noi spettatori tocca applaudire; l’approvazione e il battimano, s’intende, sono tributati alla moretta, arcigna bautta dal naso adunco; mai ci sorprenderete plauditori e plauditrici di chierchi e lor talari. Non siamo neppure, come tutti sanno, spettatori/trici che insultano o imprecano, ma osservatori e descrittori veristici. Affrontiamo, però, a muso duro la confusione, il servilismo, le viziosità, le smodatezze, l‘apatia dell’homo democraticus cosmopolita, sottomesso al modello statunitense. Respingiamo l’inconsistenza ideale, la vacuità del vivere democratico. Riteniamo che l’uomo sia tutto nella coscienza del presente. Guardiamo con sospetto all’uomo futuribile, alle società avveniristiche, alle utopie dei riformatori millenaristi. Vagheggiamenti dell’uomo di ieri e di oggi da oltre un millennio in balia dell’ammaestramento clericale.

 Ma accade, all’uomo di oggi, come accadde all’uomo dell’altrieri, che mentre pensa e sogna il futuro, ripensando e risognando di continuo quel mondo futuribile inesistente, dimentico del tutto del presente, si perde nell’inesistente che non è...e immaginate un po’ cosa gli può succedere ...Oh, cosa!...Ve’?

 

 

 

 

 

 

 

SCENA IV

 

(Palazzo del Collegio Nazareno, ingresso e cortile; in scena due chierichetti: I chierichetto in sottanino nero, II chierichetto in sottanino rosso)

 

 

I CHIERICHETTO (sorpreso)

Ciao; oh, oh Geppy!

 II CHIERICHETTO (dapprima a bocca aperta, si riprende subito)

Ci... aaa o ... Ciao Harry! Come stai?

I CHIERICHETTO (con ansia gioiosa)

Fra quindici mesi compio i favolosi sedici . . .

II CHIERICHETTO (con un sospiro)

Io, i miei sedici l’ho compiuti che già son nove mesi . . .

I CHIERICHETTO (saltella dalla gioia)

Costruiremo insieme il futuro Geppy, hurrah, hurrah!

II CHIERICHETTO (risoluto)

Sardine e Grillini vogliono il voto ai quindicenni . . . Rimane solo qualche mesetto, Harry! Qualche mesetto e attueremo la nostra missione di politici che progettano seriamente il futuro.

I CHIERICHETTO (con urla di gioia)

Un fenomenale balzo della nostra politica nel futuro! Saremo un Tutto Unico nel futuro, e tutti, quindicenni e sedicenni, saremo i tuttologi del futuro in marcia, i tuttologi dell’inafferrabile futuro, dove non ci sono grattacapi, ronzii, covid, draghi . . .

 

 

 

 

 

 

 

SCENA V

 

(fa irruzione su la scena il famoso Lawrenzin d’Arabia, avvolto in uno stuolo di bombi ronzanti; i chierichetti sconcertati s’allontanano)

 

 

 LAWRENZIN D’ARABIA – Costoro non riusciranno a mettere insieme un bel nulla. I miei pensieri soltanto costruiranno la politica del futuro e del post-futuro. Mirate come volteggiano tranquilli e sicuri intorno alla mia zucca ardita. I miei pensieri soltanto si leveranno in vigoroso volo. E questo detto in soldoni, senza retorica. A presto!  (con pomposo incedere esce di scena)

 

 

 

 

 

 

 

 

SCENA VI

 

(entra Pulcinella, impugnando bonario l’animoso bastone)

 

 

 PULCINELLA – Uffà, Uórco ’nturtiera! Che d’è chillu arabbisco tupputo, cu uocchie a bozzule, c’assimiglia nu trunàro e cammenava a tiémpo ’e tammurriata? E chille ’e primma? E’ duie prevetarielle mbriache ’e suonno? Che talúorno! Peggio, che schierchiarìa! Sciò . . . sciò, baciapile! Pussa via! (esce lasciando il bastone, che animatosi, simbolico ammonitore, s’aggira da solo sulla scena tra gli applausi degli spettatori)

 

 

 

 

 

 

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 La comparsa del Calvoletta sulla scena politica italiana è nunzia e portatrice d’una nuova forma mentis, cioè di una struttura mentale adolescenziale – molto ricercati les adolescents – più idonea a soddisfare l’opinione demo-clericale in questo momento storico; periodo caratterizzato da grillini politicanti e dal più scemo dei pesci, la sardina politicizzata, e che trae, per di più, origine da considerazioni strettamente aderenti alla disastrosa realtà italiana e mondiale. Queste congenialità del politico più attuale ed eminente della sinistra, illustra bene la penosa pagina covidiolesca della vecchiarda democrazia all’inizio del terzo millennio; questa indole ristrutturata, su basi ultra-giovanilistiche e ampiamente femministe, si può definire, stante l’intesa con il più fico dei penta-stellati, l’ALLETTAFFICAMENTO: un affiatamento LETTA-FICO. Un respiro da neonati nel pieno del covìdd! A meno che non si tratti, e nel caso pardon, del nome illustre d’uno statista sconosciuto.

Quando si stabiliscono certi feeling, certe intese, gatta ci cova! Si tratta solo di uno scambievole gatteggiamento tra due gattemorte, oppure si cela la convenienza di mettersi in affari per farsi gli affari propri, ma sempre nel pubblico interesse?

L’appetito vien mangiando! Or dunque, l’invogliante Calvoletta guarirà l’inappetenza della Casta, dei parlamentari, dei governativi, dei ministeriali etc.? Di certo invoglierà o più blandamente ingolosirà tutte queste rappresentanze popolari già di per sé inclini a grosse, solenni strippate.

 E al Sovrano, al popolo? Al Sovrano, in premio il suono sordo della nerigna crosta d’una cozzeca, oppure un fico secco! Sempre, e in assoluto, un’

alle origini del mondo

nel nostro orto

ortaggio priapeo marzolino

 

 

 

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alle origini del mondo

nel nostro orto

carota itifallica marzolina

 

 

 

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L’elevato antropologo, come lui si definisce, annuncia una Rivoluzione mite. Il ‘principio capitale’ di tal rivoluzione, sempre a suo dire, recita: Chi non capisce, ha sempre ragione. Chi ha sempre ragione, non capisce.

L’altro iersera, nell’accomiatarci dal professor Terenzio, dopo un lieto brindisi, il terribile vecchio sulla soglia del suo secondo centennale ammoniva, riprendendo la millanteria e la buffonaggine degli attuali politici: Quando la spina dorsale è franta, le parole che vengono fuori dai gargarozzi sono solamente flatus vocis, chiacchiere, concioni senza sostanza.

Noi riteniamo che non ci sia altro da aggiungere, se non un vibrante Evoè evoè ad Evio e al longevo amico.

 

 

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Un nostro vecchio conoscente, che chiameremo il professor Terenzio, ormai centenario da oltre tre mesi e che lo scorso anno ha superato brillantemente il covid senza aiuto alcuno, curandosi con una tazzina di caffè di cicoria al mattino, un bicchierotto di Sangiovese a mezzodì, la sera con una tisana di propoli e melissa, poi a mezzanotte in punto tre cucchiaioni di miele di castagno, inforcati gli occhiali e letta la strabiliante notizia, ansa politica, così esclama:” Papae euge! papae euge! Signori miei, sarà l’età o la mia convalescenza, ma non riesco più a distinguere tra gli insetti e i politicanti, quaggiù su questa terra e in questo mio ultimo scorcio di secolo. E se poi questo 2021 è l’inizio d’un secolo nuovo, povera Italia mia con cotal popolo sei bella e fritta!”

Poi, il professor Terenzio saltando come un grillo dalla poltrona e afferrato il fiasco del Sangiovese, empì sereni i calici agli astanti non trascurando il suo e improvvisò un brindisi al 2050, scandendo con solennità: A Bacco trionfatore!

E noi: Euhoe! Euhoe! Euhoe! e ancor evoè risuoni nell’anno 2050 con la voce del professor Terenzio e dei suoi e nostri nipoti. Euhoe!

 

 

 

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L’Ora della Sesta Estella

 

 

Io son la sesta Estella,

Quella dell’indomani

E del dopodomani,

Quando tra sforzi inani,

Falliti gli italiani,

Faremo gl’indiani.

Allor sarem gli anziani

Cultor dei tulipani,

           Il cuor nei marzapani!           

Devoti sacrestani,

Da paciosi cristiani

Schiavi dei mussulmani

Esperti tosacani,

Campiam da nigeriani

Ridotti a scalzacani;

Vecchiotti partigiani

In preda ai vermocani!

 

Io son la sesta Estella,

Una Star da Cappella

E al suon di campanella

Statista in passerella.

Avete udito il trillo?

Sono il Conte del Grillo!

Io son la sesta Estella,

Non scordo la parcella . . .

 

Salve le competenze,

   Solviam le penitenze!   

 

 

 

Tulipani (il fiore dei Paesi Bassi)

Marzapane (il dolce preferito nei paesi di lingua germanica)

 

 

 

 

 

 

U SUGGHIUZZU

 

DELLA EGRA E AFFLITTA SPERANZA

 

CON L’ORECCHIO SINISTRO IN ASCOLTO

 

DEL DRACULESCO INVITO.

 

OHI! OHI, INSPERATA SPEME!

 

GALEOTTO L’INVITO E CHI LO FECE . . .

 

AHI, FENERATIZIO ALLETTAMENTO!

 

O LUSINGATA SPERANZA!

 

O PERSA SPEME,

 

TU VAMPIREGGI ORMAI!

 

BANKSECRET

 

Siamo i gran compagnacci,

Comici e buontemponi!

Spiritacci estroversi,

Ma interamente immersi

Nel singultìo sinistrese,

Edotti in pio pio politichese

Con qualche sbirciatina al pechinese,

Ma con volto contrito newyorkese.

Birboneggiamo contro guerci e sbirci,

Viva la frateria dei fratacchioni!

Viva il tivvudico frastorno,

Viva il politicismo clericale!

Siamo gli allievi di tanto bailamme,

Ma i gran maestri della sarabanda.

Fra Vito, Fra Grillo, Fra Luigino,

Frate Fico e Fra Ficarozzo

Hanno sciolto il governo del bis-Conte

E dettato il governo del Dragone;

Se interviene il cervello d’un grillo

Immediato è il trait d’union,

Attraverso il ponte grillino,

Col mistero della Transizione,

Ecologicamente si passa

Dal Petit Chapeau al Gros Dracon!

 

Addio, addio! Ohi, Fra Dibba, addio!

 

 

 

SCENA I

(la strada)

 

UN PASSANTE (dal volto antico, severo) – Perché tutta questa confusione? Chi sono questi buffi selvaggi? Questi menagramo? Ohé, qui occorre tirar fuori il manganello! Il man ga ne llo . . .

 

UN POLIZIOTTO (con voce bonaria) – Signore, ma cosa dice, cosa di ce . . .

 

UN PASSANTE (si guarda intorno, ancora stupito . . . poi riprendendosi della sua antichità e rivolto al poliziotto) – Pardon! Signore, pardon! Intendevo dire il mattarello, il mattarello . . . (saluta con una sberrettata)

 

UN POLIZIOTTO (compiaciuto, s’allontana con un cenno militaresco di saluto).

 

UN PASSANTE (tra sé) – Già, questi sono i tempi dei covid e del mattarello . . . O dei matterelli?  - (poi, affrettando il passo) Son tempi pazzi, tempi pazzi . . . (un grillo, lui riteneva fosse un grillo, gli si posò sulla spalla destra e all’orecchio gli sussurrò qualcosa . . . Era il grillo parlante, il grillo di Collodi?)

 

IL GRILLO PARLANTE (con dolente sussurro) – Povera Italia nostra! Povera patria mia e del mio generoso Autore!

 

 

SCENA II

(un salotto lussuoso a soffitto basso, al centro un tronetto)

 

IL GRILLOTALPA (si asside sul tronetto, è vestito da giullare, in capo una corona di cartapesta dorata, tiene in pugno nella destra un zucchetto a mo’ di scettro) – Sono la rufola, un grillo ortottero della sottospecie grillina e godo a grufolarmi nella confusione, in intrichi melmosi, in pastoie, intralci, intrugli, pasticci, impiastricci, pastrocchi…macchinazioni, cospirazioni, congiure… soprattutto del silenzio (un frastuono assordante e crolla tutta la scena. Il giullare precipita nell’iposcenio).

 

 

IL GRILLOTALPA (se ne ode l’urlo) – Ritoorneeròòò …e … presto!

 

 

 

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Pazzariello covidiolesco

 

in

 

mossarola

 

 

Cacchio! Ma, addò so’ capitato? Ohé, chi songh’io?

Io nun saccio, overamente nun ’o saccio si mo sto’ sunnanno o sto’ scetato . . .

Ohi suonne, vattenne! Ma è overo o nun è overo? Io cca’, me paro n’urzo barsamato!

Chisto è nu jurno speciale, o è na pazzia? Io voglio turnà a Napule! Che ce faccio cca’?

Addò so’ capitato? Chist’è nu palazzo ’e ciento papa e tanta re . . . e io so’ repubbrecàno, so’ micciéro

e sottencoppa populà . . .

Che scucciamiento! Che traffeco!

Preferisco ’o bus, il traf…FICO in BUS…

 

 

 

 

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da destra a sinistra

 

Grande Capo Muso di Volpe - Bombice Sinense (alias Cimex Ubique) - Coccia di Sauro - Riso Desperato

 

*

 

Inaudito! Com’è possibile che un tal fattaccio accada?

 

C’è la pestilenza? Tutti i giorni si contano morti, la gente soffre e cominciano a manifestarsi le spinte al suicidio . . . e costoro se la ridono! È clamoroso! Inaudito, sì! queste petecchie, se la ridono spassosamente . . .che sozzeria! Della poltroncina invaghiti, assestatamente sollevandosi sul sinistro fianco, si scambiano i loro peti e questa ventosità sublimano in squilli di tromba. Un assettarsi democratico, falsamente signorile, un acconciarsi in pose spudoratamente padronali, bigottamente gesuitiche.

 

SAN CLAMOROSO, il protettore dei Covvidianti, è il Santo del giorno!

 

 

 

San CLAMOROSO

 

 

si dedica agli improvvisatori,

sinceramente si dedica!

 

       Va, pensiero, sulle tue ali d’oro,

    Va, ti posa sull’auree segge

    Ove deponiamo le scoregge,

    Solerte insonne ventosità,

    Del nostro no stop Governissimo.

    Ch’ esso sia sempre lunghissimo!

     E così tra pasticci, pesticci

     E una infinità di chiacchiericci,

     Lievi, idillici e pastorali,

     Stilo decreti; uh, celerissimi!

     Sono il campion dei campionissimi.

     Sono impensabile,

     Sono incredibile,

     Son clamoroso: ohi, san Clamoroso!

 

     Caga bava, caga bava,

     Fatti indietro, maga mala!

 

     Sarò il Tris-Conte delle Alte Mura,

     Ché sott’esse il mio governo dura.

     Volpeggio sornione,

     Ma redolente

     Sgoverno a pennello,

     Bubbon pestoso,

     Tuttor festoso

     E clamoroso!

     E se in giro c’è chi fura fura,

     La seggia è mia, niun me la fura.

 

     Caga bava, caga bava,

     Fatti indietro, maga mala!

 

     Sapremo! Vedrem chi più la dura!

     Ohi, san Clamoroso! Ohi, san Clamoroso!

(squilli di tromba)

 

 

UNUS AC SI TRINUS

uno, quasi trino

COVIDIOLESCAMENTE PROCEDENDO IN TRIPLICE INTESA

 

 

 

 

 

 

. . . era un triste giorno di novembre 2019 e ricorreva

il centenario del

Eh eh! quando si incoraggia il diavolo, eh si, qui COVID ci cova!

 iih! il centenario del diavolo si celebra ogni cent'anni!

 

 

 

NOTICINA SUL DIAVOLO

 

   Questa nota, che sarà più o meno o forse per niente chiarificatrice, ci è sollecitata da un lettore amico. Ci si chiede qual è il senso d’un centenario, sia pur del diavolo, che si celebra ogni cento anni. Non trattasi forse d’un’ovvietà, d’un diallele sfuggito alla penna? Eh, no!

   Comprendiamo bene che al cospetto d’una frase talmente sibillina, ‘il centenario del diavolo si celebra ogni cento anni’, ci s’abbuia il cervello, come ci si trovasse all’improvviso sul fondo nero d’un cieco pozzo. Cerchiamo di non annegarvi. Diciamo subito che una frase del genere non può che unicamente attagliarsi a un discorrere sul diavolo. E sfidiamo chiunque a smentirci se sosteniamo che un qualunque discorso sul diavolo non finisca per incorrere in ambiguità. Quel bicornuto soggetto è di per sé stesso ambiguo, fin dalla sua comparsa, da quando i preti lo infilarono nella cornice della loro dogmatica, e i poeti bigotti ne fecero un lezio, un’attrattiva, per le loro rime. Ora è anche legittimo ritenere quella frase un’espressione tautologica, ma errato è pensare che essa non fosse, proprio perché tale, interamente riferentesi al diavolo. E il diavolo è truffaldino, anche nel suo filosofeggiare; la difficoltà per i comuni mortali sta nello scovare e nel disvelare il truffardo. L’accadimento grave, infine, sta nel fattaccio che, i suoi inventori, ne hanno tratto fuori e abbozzato un essere soprannaturale e di conseguenza anche immortalato, assegnandogli il regno d’una infernale eternità. E, cosa ancora più grave, se lo sono frequentemente incorporato, ovvero ne hanno fatto un carattere, una forma, uno stampo personalizzato, e se lo sono introiettato nelle viscere e nella mente; tal cosa già accadde ai decadenti Etruschi che nella vita terrena si ritenevano accompagnati e gravati da un’infera fatalità, il carco del secolo etrusco; né l’oggi è da meno, guardatevi un po' attentamente intorno, è tutto un diavolio. Il diavolo è uno dei tanti aspetti dell’immondezza umana, di ciò che nell’uomo è immondo: ingiustizia, inverecondia, discordia, egoismi, decadenza et cetera. Comunque non vogliamo dire che non abbia una sua nefasta presenza, son circa mille e settecento anni che gira qua e là per il mondo, ma immortale non è.

   C’è un verbo del greco antico – διαβάλλω – dia-ballo, che ha il significato del nostro tragittare, condurre al di là ma anche di mettersi di traverso, disunire e simili; il clero catto-cristiano ha tratto da questa paroletta, accentuandone il senso d’un ostacolare e d’un inimicare nel mettersi di traverso, il nome del calunniatore dell’iddio cristiano, il diavolo. Questo tal diavolo prima non esisteva, nel senso che non ve n’era tra le genti credenza alcuna. Rappresenta, tra le umane fallaci credenze, una tardiva, dissociante superstizione.

   Chiarito che questo tenebroso immortale, dedito in perpetuo alla calunnia, è una falsa convinzione, non possiamo però negarne la presenza tra e nella gente mortale, cioè tra l’umane decadute generazioni; il comandante diavolo or spunta di qua, or spunta di là, ma è sempre un d’essi ed a volte diventa sì influente da sottomettere e da aggregare a sé grosse turbe diavolesche, eccitate e addirittura scanagliate. Non trascurando che la durata di vita dei più longevi tra gli uomini tocca il secolo, s’intravede il motivo per cui ‘il centenario del diavolo si celebra ogni cento anni’; quotidianamente gli uomini sperimentano che qualcosa si mette di sguancio sulla loro strada, e così ogni giorno son costretti a celebrare il centenario del diavolo, infatti in ogni giorno che avanza, da quando ne hanno evocato la presenza e il suo adocchiare di sguincio, fatalmente si compie quel centenario.

    Ih ih, il centenario del diavolo! Ih, l’homo con il codinzolo nelle brache . . . ué, il diavolo in persona!

 

 

 

 

 

 

 

 

Dall’ENCICLOPEDIA DEL FUTURO – Anno 2320 –

 Renziana Editori

 

SEZIONE: TOMI E SAGOME INCREDIBILI

 

 

CONTE della VIOLACIOCCA – nato a Pollastriere della Pollaia (anno incognito vertente/post Covid19 subito ignotus, prorsus ac ubique). Si contraddistinse, meritando il nobiliare titolo della Violaciocca, per il suo illimitato attaccamento, morbosa affezione, ma fedeltà sincera alla fucsia Poltrona. Erano gli anni della pestilenza, dell’universo contagio, ed una tale passione era davvero ammirabile e sommamente eroica, perché quella Lecticula poteva, e in un momento, tramutarsi in una bara. Con quel tempaccio, in tanti si tenevano lontani da quell’ambita meretrice. – Verrà il buon tempone, quello tutto nostro! – Si consolavano. – Il Signor della Violaciocca, defedato, si ritirerà sfinito nell’ombra a tessere le fiscelle, e noi ci goderemo quel nido ove ogni cova è d’oro. – Era quello il secolo del grande meretricio, ma lui, il Signor conte, si distingueva per un curiale, elevato disinteresse e per quell’ alta nobile passione.  Una regale didonea passione! Mancò però un Virgilio a definirlo entusiasticamente, come avrebbe meritato: il Didon della poltrona… Solo dal freddo sudore del popolaccio gemicò un monco ritornello:

                                                                             

Sor Didon de la poltrona

Tutti i giorni s’incorona,

S’incorona di Covid

Sor Didon su la poltrona!

 

Ma il popolo affamato

pranza covi-d’ogni dì,

col tampon poi si consola

e s’accuccia in museruola.

 

È il popolo sovrano

uno schermo e un talismano

a chi vanto ha di poltrona

e pungiglio di Covid!

 

Sor Didon de la poltrona

 ha di bronzo il pungiglion.

 

  Correva anche voce che il conte si ritenesse uno dei grandi architetti dell’universalismo covidiolesco, il Gran Costruttore, e che si esercitasse quotidianamente nel pubblico culto di tal mistica epidemia:

 

 

 

 

SANTOCCHIERIE

 

 

DAL RITROVO SEGRETO Covid free, COVO DEI MISTICI CONCERTI GESUITICI

 

ALLA RIVELAZIONE DEL TRITEISMO COVIDIOLESCO

 

ovvero

 

DELLE SCONCERTANTI ‘SINFONIE’ DEI COVIDIANTI PADRI-ni TRINITARI

 

GLI STRATEGHI DELL’APPESTAMENTO

 

PREPARANO LA GIORNATA COVIDIOLESCA

 

 

 

 

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Il falso miracolo MINI-MONA-STERIALE

 della madonnina mascherata

 detta

 DALLE  STELLE

 

 

 

 

. . . azzo, linaio, quanto corame pescato!

. . . azzo, linaio, nella rete quanto cuoiame!

Ma pensa, c’è solo una suola! Anzi, una sola!

. . . azzo, linaio!

 

LA SCUOLA?

LA SCUOLA È GRAN COSA, PIÙ DI TUTTO UN PROBLEMA SERIO.

Non un ballo in maschera.

 

 

 C O V I D I O L A N D 

 

 

 

GOVERNO DOPPIO SOMARO

 

 

E

 

POPOLO BUE

 

 

 

C O V I D I O L A N D O

 

tra

 

RAGLI e RAGLI

 

E

 

 

SPENTI MUGGITI

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 Che sfiga! Che iella, o amici lettori!

 

 

    Questa pezzenteria covidiolesca, questi spregevoli inesperti d’un governaccio in museruola, si esibiscono, da mane a sera, più che altro in veste di evocatori ed evocatrici della malasorte. Si ritengono l’infallibile clero-corbaccio della Santa Scarogna. I patroni di tutte le pesti, i campioni delle carestie. Contro questo pretume di sfigati encefalici il buon Compaesano levi lo scudo dello stellone e lanci la sfida della buona Stella; l’anno duro sta per finire e dovrebbe iniziare l’anno dell’Uomo che s’apre la strada alla buona ventura. Che venga! sarà bene accolto, è atteso. Frattanto il buon Compaesano non si limiti al solo deprecare, ma per la salute cittadina o borghigiana, dei propri cari e dell’ambiente naturale, cerchi di tener lontana la malaventura e il cupo ammorbamento e scacci da sé e dai luoghi ove dimora le esalazioni malsane e inquinanti. Non si lasci assolutamente contagiare.

    Innanzi tutto, si butti via l’apparecchio dello scandalo e si dimentichi quel malefico, alieno chiericato tivvudico. E dopo aver proceduto a questa imprescindibile opera salvifica per le orecchie, il cervello e la salute fisica e mentale, si faccia tutti insieme una sana scaramanzia, cioè un atto di purificazione e quindi di destante incantamento, dei cuori e della natura tutt’intorno. Una cosina semplice, una cerimonia di decontaminazione della mente per risanare ogni cosa intorno e far sì che il giorno brilli gioioso. E suggeriamo quindi qualcosa di appropriato, alcuni atti estremamente sobri, essenziali; un gesto purificante da ogni covidiolesco ammorbamento.

    Lustrate la soglia dell’uscio di casa, di ogni entrata alla vostra dimora, con cenere del focolare o spruzzatela con acqua in cui avete sciolto un pugno di sale, poi diffondete profumo di lavanda e, agitando un campanellino dal suono acuto, pronunciate:

 

Si dissolva, si dissolva, si dissolva

il fantasma mentale del morbo

e ammutolisca ovunque la voce dei suoi banditori!

Sulla terra brilli la lustrante stella

del solstizio che annuncia il Sole nuovo!

E Liber pater, auctor primus, rinnovi il trionfo!

 

    Quinci prendete la scopa di saggina dello Gnomo delle Ghiande e, come udiste da lui fare a la fine del video ch’è più in alto, via dalla soglia dell’uscio e fuori, ramazzate le secce; e non s’intende soltanto le stoppie, le foglie morte, i detriti vari, ma altresì scorie spurcide, pensieri infausti, influssi nocivi, le secce del governaccio e quant’altro riteniate insano. E, spazzando, cantate una qualche allegra canzoncina con i vostri bambini; eh! le voci dei fanciulli, son le voci dei genietti del focolare . . . o dite con loro questa filastrocca del nostro Gnomo:

 

Eccoli, in fila! E in sette!

 

Son sette nani

E sette ochette;

Colgon coccole,

Mangiano bacche

E di nocciole

Riempion le sacche.

Saltan, ballano

L’acheuleano

In fila in sette,

Sette più sette!

Son sette nani

Biondi e castani;

Sette le ochette,

Sorori strette.

Che fila stramba,

Ma gente in gamba!

E il Governaccio?

È roba straccia.

 

Ohi, caramba! Ohi, caramba!

 

P R O S I T

 

 

ANNOTAZIONE – Quanto si è sopra esposto e suggerito, potrebbe esser preso in seria considerazione, ma dai diffidenti ritenuto al pari d’una trovata scherzosa, nel qual caso non c’è da rammaricarsene. Il che vale a dire: il lettor gentile è libero di aderirvi o scartar senza indugi la cosa; accettare il proposito o rifiutarlo. Legittimissimo! E in linea con la nostra professione di anticlericalismo e di contrasto alla bigotteria democratica. Mai c’è saltarellato per la testa il “grillo” di imporre alcunché a qualcheduno, e manco a noi stessi. Disciplinati figli del padre Libero, schiviamo i tiranni e ci siam sempre tenuti discosti dalla scuola di Robespierre. Messa in tal maniera, il lettore che riterrà la serietà degl’intenti e di far bene a procedere, perché proficuo e salutare il proposto, sarà, e in modo esclusivo, il protagonista dell’intrapresa ramazzata delle secce, e altresì colui che all’esito ne accoglie in sé il buon frutto, avendo spazzato via dalla propria dimora e da quella del suo prossimo gl’influssi e i pensieri nocivi. Da parte nostra, poi, saremmo autorizzati a ritenerci assolti dal sospetto d’esser reputati unicamente dei giocherelloni, pur se già ben sappiamo che il giuoco ha la sua parte nelle universali cose. Né con l’accusa di diffondere superstizioni ci faranno desistere, perché tale accusa verrebbe dall’altoparlante di tutte le superstizioni strette in unica coalizione, dal suono faucale di coloro che si nutrono del quotidiano pasto tivvudico. La ramazzata delle secce è un atto libero, spontaneo, boschereccio, fuor dai vincoli, un atto ribelle al dogmatismo gesuitico dominante che vuole a tutti imporre la penitenza quotidiana della peste; dalle penitenze per santificare le feste, alla pianificazione della peste penitenziale con abolizione delle feste. Un guasto nel dogma? o forse il dogma adattato agli uomini e per fini storici in temporali obbligate bibliche scadenze? Embè, cos’è questo ormai diffuso gesuitismo? Questo laico-clericalismo?  Una superstizione aggiunta? La PACHAMAMA, forse, il demone delle grasse fertilità finanziarie cui si sacrifica attraverso la “peste”? L’artiglio dell’usura che disanima l’uomo e tenta di desertificare la natura tutta? Il crasso Mammona, il demone ermafrodito nutrito dal contaminato, grossolano animismo delle democrazie globaliste, che spersonalizzano, uniformano e massificano, precipitando i popoli e le loro culture nel disfacimento? Ma sulla PACHAMAMA, deità dell’amazzonica ‘Teologia della liberazione’ professata dal Papa gesuita e suoi seguaci, sarà opportuno, se spinti, preparare una nota a parte. Ora poniamo mano a una corposa scopa di saggina, quella per intenderci che un tempo adopravano le streghe ribelli e ramazziamo via le secce.

   Pronti i calici, versiamo un tantino di vino vecchio mescolato al nuovo e brindiamo alla salute del mondo. Siamo fortunatamente tra gente allegra e riscontriamo anche tanta letizia nella natura, ultimamente si è pur divertita a sbigottire i cammellieri e a sconcertare i raffinati, ricchi automobilisti della Mezzaluna inondando quei deserti con piogge torrenziali.

 

 

T R I U M P H A T   L U X

 

C O N C O R D I A,  T R I U M P H A!

 

T R I U M P H A T   A M O R

 

T R I U M P H A T E!

 

 

 

saturdì, V di dicembre dell’anno duro

 

 

 

 

 

 

 

La man cornuta della speranza...

 

La speranza che s'invola

 

sulle ali della nottola

 

sotto l'occhio vigile

 

del bubo sapiente.

 

 

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  (DIMISSIONI AMARE)

 

un petrarchesco gemito:

ve’, mirate quale Amor di me fa strazio!